In Guatemala la rimozione del procuratore anticorruzione sta scuotendo il paese. Molte manifestazioni di piazza sono in corso per protestare contro tale decisione. Con uno scarno comunicato ufficiale del 23 luglio scorso, la nuova procuratrice generale Consuelo Porras ha destituito il procuratore Juan Francisco Sandoval, titolare della Procura speciale contro l’impunità (Feci) che si occupava principalmente dei delitti contro la corruzione.

Sandoval tra il 2015 e il 2019 era stato uno dei principali attori della lotta anticorruzione, assieme alla ex procuratrice generale Thelma Aldana e al direttore della Commissione internazionale contro l’impunità (la ben nota Cicig), il colombiano Ivan Velasquez. Sotto la loro gestione erano state realizzate centinaia di indagini rivelando numerose trame di corruzione e di collusione tra funzionari statali, giudici, politici e imprenditori.

Si tratta di una vera e propria “mani pulite” alla guatemalteca, che ha visto coinvolti ben due ex presidenti della repubblica Perez Molina e Colom, l’ex vicepresidente Baldetti, numerosi ex ministri, politici e imprenditori. Molti fra costoro sono oggi sotto processo con l’accusa di corruzione e malversazione di fondi pubblici. Tali indagini erano stati una vera scossa per il paese: la lotta contro la corruzione aveva avuto un grande sostegno popolare.

Nondimeno i tre giudici sono stati eliminati uno dopo l’altro e la cacciata dell’ultimo rimasto, Sandoval, sta ora provocando proteste in tutto il paese. La società civile è schierata da tempo in favore di questi magistrati coraggiosi. Tale impegno è stato riconosciuto anche in Italia: nel 2017 Thelma Aldana era stata ricevuta con tutti gli onori dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho mentre Sandoval era stato invitato nello stesso anno a intervenire al forum sull’America Latina organizzato dalla Farnesina e dall’Istituto italo-latinoamericano (Iila).

Reazioni dell’élite

Come già avvenuto altrove tale tipo di operazioni generano sempre reazioni contrarie e provocano numerose avversità nella parte reazionaria dell’élite: negli ultimi anni, sotto il governo Morales ma anche con l’attuale amministrazione Giammattei, è avvenuta una progressiva retromarcia sostenuta da un patto non scritto tra settori molto conservatori del mondo economico, politico, giudiziario e militare che si sentono seriamente minacciati. Era infatti la prima volta nella storia recente del paese che veniva fatta piena luce su importanti casi di corruzione.

Secondo molti osservatori locali la nomina della nuova procuratrice Porras è stata una delle decisioni chiave di tale involuzione: dal suo arrivo i principali responsabili della lotta anticorruzione sono stati messi nel mirino per essere eliminati. L’ex procuratrice generale Thelma Aldana (che si voleva anche candidare alle elezioni presidenziali) si trova oggi negli Stati Uniti dove le è stato concesso nel febbraio 2020 asilo politico, dopo che nel suo paese era stata accusata senza prove di malversazione amministrativa. Aldana si è era trovata al centro di una campagna diffamatoria che l’ha costretta a fuggire dal paese, dopo aver ricevuto anche varie minacce di morte. All’ultimo responsabile della Cicig, il procuratore Velasquez, era già stato impedito di rientrare in Guatemala nel 2018 mentre alla Commissione contro l’impunità non veniva rinnovato il mandato. Dopo anni di lavoro la Cicig è stata messa in condizioni di non operare e ha dovuto concludere forzatamente i suoi lavori l’anno successivo, senza che la comunità internazionale facesse le dovute pressioni per mantenerla.

Di conseguenza il procuratore Sandoval e la sua procura speciale contro l’impunità (Feci), rappresentavano ciò che restava dell’eredità della Cicig dentro il sistema giudiziario guatemalteco. Per quasi tre anni la procura speciale ha continuato a svolgere le sue indagini in maniera indipendente su casi altamente sensibili. Il più noto è stato quello dell’ex ministro dei Trasporti Sinibaldi (che ha avuto anche l’onore della cronaca in Italia dove si era rifugiato da latitante prima di consegnarsi) il quale ha confessato di ricevere mazzette dalla nota impresa brasiliana di costruzioni Odebrecht, l’azienda al centro del più grande scandalo latinoamericano che ha coinvolto numerosi paesi del subcontinente. Poi c’è stato il caso dell’ex candidato presidenziale Mario Estrada, condannato a 15 anni negli Stati Uniti per narcotraffico e accusato di complotto per assassinare l’ex procuratrice Aldana.

Anche l’ex ministro dell’Economia Valladares è stato inquisito per aver riciclato 10 milioni di dollari del narcotraffico mentre il faccendiere Gustavo Alejos veniva incriminato per traffico di influenze e per aver manipolato le commissioni per eleggere i magistrati delle corte suprema.

Quest’ultimo si è pentito e ha iniziato a collaborare con la giustizia. Come si vede un vero groviglio opaco che riflette l’immagine oscura del potere in Guatemala.

In un’intervista rilasciata alla Cnn Sandoval ha chiaramente legato la sua destituzione a una serie di indagini che stava realizzando su settori e gruppi di potere economico-politici, dei quali alcuni vicini all’attuale governo. Ha anche criticato l’opposizione della neo-procuratrice Porras nel far avanzare le azioni investigative. Considerando il gran numero di nemici potenti che si sono accumulati negli anni e i rischi per la sua sicurezza, Sandoval ha dovuto lasciare immediatamente il Guatemala, accompagnato e protetto fino alla frontiera salvadoregna dal procuratore dei diritti umani Jordan Rodas e dall’ambasciatore svedese. Davanti a tali involuzioni l’amministrazione Biden è stata la prima a reagire con fermezza.

Il segretario di stato Antony Blinken ha espresso pubblicamente la sua contrarietà: «Stiamo con il popolo guatemalteco e con il procuratore Sandoval. La sua rimozione indebolisce lo stato di diritto e rafforza i gruppi dell’impunità».

La sua portavoce Jalina Porter ha dichiarato che il dipartimento di Stato americano «ha perso la fiducia nei confronti della procuratrice Porras: come conseguenza delle sue azioni il governo americano ha sospeso temporaneamente la cooperazione già programmata».

La reazione dell’amministrazione americana mostra tutta la sua delusione: negli ultimi mesi aveva puntato molto sulle relazioni con il Guatemala inviando anche la vicepresidente Kamala Harris in una missione per provare a contenere i flussi migratori irregolari proveniente dalla regione centroamericana.

La delusione di Washington

Uno degli impegni richiesti al governo guatemalteco era proprio quello di mantenere e rafforzare la lotta contro la povertà in parallelo a quella contro la corruzione e l’impunità. Anche il segretario generale dell’Onu António Guterres riferendosi alla rimozione di Sandoval ha espresso motivi di grande preoccupazione rammentando «che dalla chiusura della Cicig a oggi un numero sempre crescente di importanti ex procuratori ha dovuto abbandonare il paese, a causa del loro lavoro in materia di controllo finanziario e di giustizia».

In Guatemala la comunità internazionale è raccolta nel G-13, il gruppo degli ambasciatori e delle cooperazioni dei principali paesi, con una presidenza semestrale a rotazione. In questo momento la presidenza pro-tempore spetta all’Italia ma a oggi il gruppo G-13 ancora non ha emesso nessun comunicato o dichiarazione sulla vicenda della rimozione del procuratore, né l’ha fatto l’Italia. C’è una responsabilità che il nostro paese si sta prendendo con tale silenzio, tanto che altri eminenti membri del G-13 (Usa, Germania, Regno Unito, Francia, Canada, Svizzera e Svezia) hanno dovuto firmare una condanna comune al di fuori del gruppo.

In tale situazione complessa e delicata, pur mantenendo un rapporto equilibrato a livello diplomatico, l’Italia dovrebbe far sentire la sua voce e non impedire un pronunciamento del G-13 in quanto tale, come sembra stia avvenendo.

La Farnesina si deve muovere per non avallare le scelte di smantellamento delle strutture dello stato di diritto in Centroamerica e segnatamente in Guatemala. È nella tradizione diplomatica italiana sostenere i protagonisti della lotta alla corruzione in America Latina, soprattutto a favore di coloro che sono considerati a livello multilaterale baluardi contro il processo di infiltrazione di settori illegali o di gruppi della criminalità organizzata dentro le istituzioni pubbliche.

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