Solida, resiliente e sostenibile. Sono gli aggettivi usati dal governo tedesco per descrivere la Strategia di sicurezza annunciata mercoledì dal cancelliere Olaf Scholz.

Per la prima volta nella storia la Germania si dota di una strategia integrata nazionale, un documento la cui uscita è stata posticipata per mesi a causa delle differenti vedute dei tre partiti al governo, ma che alla fine ha visto la luce.

Obiettivo: rendere chiari gli interessi nazionali di Berlino, spiegare come mantenere al sicuro i propri cittadini e come contribuire alla difesa dell’Europa. Tuttavia, la Sicherheitsstrategie fa rientrare – pratica ormai comune – nel concetto di sicurezza molti campi (dall’esercito alla cybersecurity, dalla lotta al terrorismo alla difesa delle catene di valore) con il rischio di peccare di superficialità.

Inoltre, certezze sugli impegni economici a supporto della strategia non ce ne sono nel testo, tanto che non si riescono a capire le vere priorità di Berlino.

Occhi su Russia e Cina

Nel documento viene condannata l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, vista come «la principale minaccia alla sicurezza dell’Europa atlantica». Berlino si dice pronta in qualsiasi momento a difendere la propria sovranità, così come quella dei suoi alleati. 

«Vivendo in un’era che sta diventando sempre più multipolare e segnata da una crescente rivalità sistemica», nella strategia vengono evidenziati i tentativi di alcuni stati di minare con aspirazioni revisioniste l’ordine basato sul diritto internazionale. Il pensiero, oltre a Mosca, vola verso Pechino.

Sulla Cina l’atteggiamento tedesco che emerge continua a essere ambiguo, sulla falsariga dell’approccio europeo: il Dragone è infatti visto come «un partner, un competitor e un rivale sistemico». Del resto Pechino è il primo partner commerciale di Berlino da diversi anni.

Pur sottolineando le azioni assertive della Cina a livello regionale e l’utilizzo della sua potenza economica per raggiungere obiettivi politici (a discapito dei diritti umani e internazionali), il governo tedesco ricorda che senza Pechino molte crisi globali non possono essere risolte.

Tra le 76 pagine del testo si legge anche del «significato speciale» dell’Indo Pacifico per la Germania, ma in compenso non si fa mai accenno alla questione Taiwan. Un’anomalia, considerando l’alto valore dell’isola di Formosa.

L’impegno nella difesa e la Nato

Il 27 febbraio del 2022, tre giorni dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, Scholz aveva annunciato una svolta epocale (anzi, una Zeitenwende), promettendo 100 miliardi di euro alla difesa e l’aumento della spesa militare fin sopra al 2 per cento del Pil, in linea con le richieste Nato. Una vera ristrutturazione della Bundeswehr, l’esercito tedesco per anni lasciato alla deriva. In realtà il cambio di passo ancora non si è visto.

Nel documento strategico, oltre a ribadire il proposito di rendere la Bundeswehr «una pietra miliare della difesa convenzionale europea», Berlino parla di raggiungere la soglia del 2 per cento, calcolata «su una media pluriennale». Un’espressione che pone più di qualche dubbio sulla capacità di arrivare all’obiettivo prefissato all’inizio.

A precisa domanda sulle tempistiche, il ministro delle Finanze Christian Lindner, ha risposto – in maniera tutt’altro che rassicurante – che «l’intenzione politica» è farlo entro il prossimo anno.

Per via delle discussioni interne, è poi saltata la creazione di un Consiglio di sicurezza nazionale, secondo il modello statunitense. Invece, a essere di particolare rilevanza è il passaggio sull’allargamento dell’Europa: il governo tedesco, infatti, è pronto a sostenere l’integrazione nell’Ue dei Balcani, dell’Ucraina, della Moldavia e sul lungo periodo anche della Georgia.

Indipendenza e sostenibilità

La Germania, inoltre, punta a ridurre le dipendenze critiche in settori strategici, soprattutto sulle materie prime. Berlino è stata scossa dal conflitto in Ucraina (e ancor prima dalla pandemia) e dalla necessità di sganciarsi dagli stretti rapporti energetici con Mosca.

Da qui, l’attenzione a una diversificazione delle fonti e delle supply chains, confermata nelle premesse da Scholz e dalla ministra degli Esteri Annalena Baerbock.

Tanto spazio anche alla sostenibilità e ai rischi per la sicurezza causati della crisi climatica, un tema caro alla stessa Baerbock, leader dei Verdi. Economia circolare, riduzione delle emissioni, protezione della natura, sono tra gli obiettivi posti nel testo.

«La Strategia di sicurezza nazionale, per essere chiari, non è la fine ma un punto di partenza», ha ribadito Scholz durante la conferenza stampa. Per adesso sembra più un atto simbolico che effettivo, viste anche le molte difficoltà emerse. Solo che, per dirla alla Agatha Christie, un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova. E a Berlino, dopo l’annuncio del riarmo, la decisione di dare sostegno militare a Kiev e ora la pubblicazione del documento strategico, che ci sia la volontà di dare una svolta sul fronte della sicurezza ormai è evidente. Resta da capire se ci riuscirà.

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