Urla e spintoni, folle di uomini armati e mascherati che premono sui veicoli della Croce rossa. Israele: «Immagini insopportabili». Il premier reagisce bloccando per ore il trasferimento dei detenuti nella Striscia. Confermato: il 4 febbraio Bibi incontrerà Trump
La calca di migliaia di persone intorno ai veicoli della Croce Rossa. La folla di uomini armati e mascherati che ondeggia fra urla e spintoni. I civili appollaiati sui tetti delle case in rovina per assistere al trasferimento degli ostaggi israeliani, non lontano dalla casa di Khan Younis che fu del leader di Hamas Yahya Sinwar.
La caotica liberazione Arbel Yehoud e Gadi Moses, civili di 29 e 80 anni del kibbutz Nir Oz al confine con Gaza, ha fatto rimpiangere agli israeliani le più ordinate messinscene di Hamas nel nord della Striscia, con i loro palchetti, i coriandoli gettati sui miliziani, e gli striscioni con le scritte contro i “criminali sionisti”.
«Queste immagini insopportabili ci ricordano con chi abbiamo a che fare», hanno commentato i giornalisti di Canale 12, la più seguita fra le emittenti dello stato ebraico. «Ci ricordano come non esistano innocenti a Gaza», ha detto un commentatore osservando l’assembramento di civili ghazawi. E ancora: «Siamo di fronte ad animali umani».
Fasi insidiose
Il trasferimento è la fase che gli israeliani considerano in assoluto la più insidiosa, temendo che, nel caso in cui la situazione precipiti nell’anarchia, possa verificarsi un linciaggio degli ostaggi nei momenti immediatamente precedenti la liberazione.
Lo sguardo terrorizzato della donna israeliana mentre fendeva la folla circondata dai rapitori, divenuti per paradosso garanti della sua sicurezza in questi istanti concitati, ha infine provocato anche la reazione di Netanyahu. «Chiedo ai negoziatori di garantire che scene così orribili non si ripetano», ha detto. In tutta risposta, ha congelato il rilascio dei prigionieri palestinesi previsti come contropartita salvo poi dichiarare in un comunicato di aver ricevuto maggiori garanzie sul rilascio dei rapiti da parte dei mediatori. In effetti, il convoglio di detenuti palestinesi ha lasciato poco dopo le 16 la prigione israeliana di Ofer.
È stato proprio Netanyahu a puntare i piedi nei giorni scorsi affinché il rilascio di Arbel Yehoud avvenisse prima della scadenza del fine settimana concordata nell’ambito dell’accordo per le liberazioni. Ottenendo infine questa tornata extra nella quale, in mattinata, è stata rilasciata anche la soldatessa Agam Berger (in condizioni più tranquille) oltre a 5 ostaggi thailandesi che erano stati rapiti dalle comunità frontaliere il 7 ottobre.
La polemica su Yehoud era nata perché il gruppo Jihad Islamica, che la teneva prigioniera, insisteva affinché venisse considerata una soldatessa, non una civile. Ciò avrebbe determinato un conto più “salato” per gli israeliani in termini di prigionieri palestinesi da rilasciare, come si evince consultando l’agghiacciante tariffario delle categorie umane stilato nell’accordo.
Il testo non è pubblico ma ne sono trapelati alcuni dettagli in un verbale di una decisione di gabinetto israeliano. Vi si legge «per israeliani vivi di sesso femminile o minori israeliani vivi di età inferiore ai 19 anni […], rilascio di 30 prigionieri di sicurezza fra minori o donne per ogni ostaggio israeliano». E poi, oltre a tutte le altre fattispecie: «Ostaggio israeliano donna vivente che è un soldato - rilascio di 50 prigionieri di sicurezza per ciascun ostaggio israeliano».
Il “malinteso” sulla categoria di appartenenza di Yehoud e il conseguente ritardo nella sua liberazione aveva mandato su tutte le furie il premier. Al punto che il premier aveva ritardato l’apertura del corridoio di Netzarim, la strada edificata dall’esercito israeliano dopo l’invasione che taglia a metà la striscia da est a ovest, bloccando il ritorno degli sfollati verso nord come previsto dall’accordo. Solo quando il gruppo Jihad Islamica si è rassegnato a considerare Yehoud una civile l’empasse è stata superata.
Punto d’approdo
Nel frattempo un altro piano della trattativa riguarda i prigionieri palestinesi che Israele considera troppo pericolosi per essere liberati in Cisgiordania o a Gaza. L'Egitto ha accettato di fungere da punto di approdo temporaneo per questi detenuti, 70 dei quali secondo i media locali sono stati rilasciati la scorsa settimana e ora risiedono al Cairo. Qatar e Turchia si sono resi disponibili ad ospitarne una quota. Non è la prima volta che Israele ricorre a espulsioni di questo tipo, praticate per esempio all’epoca della prima Intifada dall’allora Ministro della Difesa Yitzhak Rabin.
L'inviato Usa in Medio Oriente, Steve Witkoff - a cui viene attribuito un ruolo centrale nei negoziati per raggiungere la tregua - mercoledì ha visitato il corridoio di Netzarim a Gaza. Secondo la tabella di marcia dell’intesa a inizio settimana prossima dovrebbero partire le trattative per le delicate fasi 2 e 3, con sullo sfondo anche l’ambizione di Trump di estendere i suoi Accordi di Abramo anche all’Arabia Saudita.
Non a caso l’ufficio del primo ministro israeliano ha confermato che martedì 4 febbraio Netanyahu dovrebbe diventare il primo leader straniero ad incontrare Donald Trump alla Casa Bianca. Sul fronte nord invece il ministro della Difesa Katz ha dichiarato che l’Idf rimarrà nella zona cuscinetto al confine con la Siria, occupata dopo la caduta del regime di Assad, «a tempo indeterminato».
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