Caso Epstein, Trump tenta il contrattacco: «È una truffa dem, ora indagare su Clinton»

Donald Trump è sempre più nervoso per le notizie che sgocciolano dal Congresso sui suoi rapporti con Jeffrey Epstein, rapporti che il presidente prima ha negato, poi ha minimizzato e infine ha tentato di neutralizzare inserendoli nella grande nube di contraddizioni e segnali ambigui in cui Trump prolifera. Ora la Casa Bianca è passata dal “caso Epstein” alla “bufala Epstein”, e il presidente sembra pronto a fare più o meno qualunque cosa per cambiare argomento. Incluse operazioni militari, se necessario. L’ira del tycoon Trump ha annunciato ieri su Truth che chiederà «alla procuratrice generale Pam Bondi e al Dipartimento di Giustizia, insieme ai nostri grandi patrioti dell’Fbi, di indagare sul coinvolgimento e la relazione di Jeffrey Epstein con Bill Clinton, Larry Summers, Reid Hoffman, J.P. Morgan Chase e molte altre persone e istituzioni, per determinare cosa stesse succedendo a loro e a lui». Ha aggiunto: «Questa è un’altra truffa in stile Russia, Russia, Russia, con tutte le frecce che puntano verso i democratici. I documenti mostrano che questi uomini, e molti altri, hanno trascorso gran parte della loro vita con Epstein e sulla sua “Isola”» Prima di annunciare il contrattacco legale, presidente aveva detto che «i democratici stanno facendo tutto quello che è in loro potere per spingere di nuovo la bufala di Epstein, anche se il dipartimento della Giustizia ha pubblicato 50mila pagine di documenti, per distrarre dalle loro sconfitte politiche, specialmente l’imbarazzo dello shutdown, nel quale il loro partito si è dimostrato allo sbando totale». Alcuni «repubblicani deboli», ha scritto Trump, «sono caduti nelle loro macchinazioni perché sono morbidi e sciocchi. Epstein era un democratico ed è un problema dei democratici, non dei repubblicani!» Il caso Epstein mette alla prova la lealtà del mondo Maga verso il tycoon Nel frattempo, però, i repubblicani alla Camera hanno cambiato strategia: dopo mesi di traccheggiamenti, lo speaker, Mike Johnson, ha fissato un voto per pubblicare tutti i file su Epstein, segno che il partito pensa che sia orma impossibile evitare o continuare a ritardare all’infinito. Una decisione in linea con la scelta della Casa Bianca di prendere di petto la faccenda. Nei giorni scorsi la commissione di vigilanza della Camera ha mostrato una serie di messaggi tra Epstein e l’ex stratega trumpiano Steve Bannon. I documenti dicono che, nell’estate del 2018, il finanziere accusato di traffico sessuale di minori, poi morto in un apparente suicidio in carcere nel 2019, dava consigli a Bannon su come difendere mediaticamente Trump e il suo programma. Nel fitto scambi fra i due Epstein dava istruzioni sul tono da tenere in tv e sulle mosse comunicative da seguire. Distrazioni belliche Come da strategia collaudata, quando è in difficoltà Trump indica altrove. In questo spirito, ha lanciato l’operazione Southern Spear per «neutralizzare i narco-terroristi» che fanno capo al Venezuela. Nelle stesse ore in cui il Pentagono annunciava il dispiegamento della portaerei USS Gerald R. Ford al largo delle coste venezuelane, il nome di Epstein tornava a minacciare la Casa Bianca.È in questo contesto che il presidente ha deciso di mettere in scena la più vistosa proiezione di forza dell’esercito americano in America Latina dagli anni Ottanta. Il segretario della Difesa, Pete Hegseth, ha spiegato che la missione è diretta dalla Joint Task Force Southern Spear insieme al Comando Meridionale e mira a «contrastare il traffico di droga e difendere il territorio nazionale». Le fonti del Pentagono parlano di un dispositivo imponente: navi da guerra, sottomarini a propulsione nucleare, velivoli e migliaia di uomini mobilitati nel Mar dei Caraibi. Secondo l’Associated Press, la Gerald R. Ford, la più moderna portaerei della Marina americana, raggiungerà le acque venezuelane nei prossimi giorni. Il governatore democratico dell’Illinois, J.B. Pritzker, l’aveva detto già giovedì, esprimendo la preoccupazione di molti: «La mia grande paura è che, con la pubblicazione di quei documenti devastanti per Trump, lui faccia di tutto per distrarre l’opinione pubblica. Potrebbe perfino portarci in guerra con il Venezuela». Lo «scudo» illiberale: Trump mette i dollari per salvare Orbán, una mina per l’Ue Per Trump, il conflitto con il Venezuela è la distrazione perfetta. L’operazione nasconde dietro il linguaggio securitario una campagna di propaganda. In poche ore i social trumpiani hanno rilanciato immagini della flotta con slogan come “Proteggiamo l’America, combattiamo i narco-terroristi”. Per il momento, Caracas si limita a denunciare la provocazione imperialista di Washington. Ma nei circoli diplomatici cresce la preoccupazione per una possibile escalation. Maduro non ha la forza di opporsi militarmente, ma potrebbe reagire attraverso i suoi alleati regionali, complicando ulteriormente lo scenario.