Cessate il fuoco a Gaza: solo la continuazione della guerra con altre parole

Parafrasando Clausewitz si potrebbe affermare che in Medio Oriente il cessate il fuoco è la continuazione della guerra con altre parole. Attenua la violenza del conflitto ma non è in grado di spegnerlo, lo traveste con le formule dell’ottimismo ma costruisce le premesse di una nuova deflagrazione. Oltre la Striscia Come adesso è chiaro non solo a Gaza ma anche in Libano, le diplomazie occidentali non riescono a organizzare lo scambio tra il ritiro degli uni e il disarmo degli altri, premessa necessaria per la fine delle ostilità. In Libano Israele dovrebbe ritirarsi dal sud, Hezbollah consegnare gli arsenali all’esercito libanese. Entrambi rifiutano. Ad un anno da un “cessate il fuoco” via via più sgangherato, i frequenti raid israeliani, ora anche terrestri, e il riarmo in corso di milizie scite e palestinesi, in questi giorni segnalano una deriva che nessuno sa come arrestare. A Gaza lo scambio disarmo/ritiro è perfino più improbabile. La pomposa cerimonia al Cairo con la quale Trump e i suoi corifei europei e mediorientali hanno proclamato l’inizio della pace in Medio Oriente era fondata sulla rimozione di un dettaglio fondamentale: Hamas e Israele non mai hanno firmato il Piano Trump. Mai Israele si è impegnata a ritirarsi da Gaza, mai Hamas ha promesso di deporre le armi. L’argomento «sarà discusso nel contesto del movimento nazionale palestinese», promette al più un documento dell’organizzazione. In ogni caso consegnerà mortai e missili solo quando l’ultimo soldato israeliano sarà uscito dalla Striscia, cioè verosimilmente mai. Ed anche se accettasse di scomparire all’interno di un movimento nazionale palestinese, i suoi ventimila miliziani non accetterebbero di convivere con truppe straniere che operassero d’intesa con Israele. Di conseguenza Washington non riesce a trovare governi disponibili a rischiare i propri soldati. Forse l’Indonesia e l’Azerbaigian, però a patto che siano altri (chi?) a disarmare i nativi. Mancando un’effettiva forza di interposizione, non è difficile immaginare cosa accadrà dietro la facciata del “cessate il fuoco”: gazawi tenteranno di vendicare i lutti tirando sui soldati israeliani. Come già successo, Israele reagirà applicando la regola del cento. Prima del cessate il fuoco il governo Netanyahu aveva autorizzato l’esercito a uccidere fino a cento gazawi se era prevedibile che uno dei cento fosse un capo di Hamas (lo rivelò il New York Times). Così le famiglie allargate dei vertici di Hamas furono interamente cancellate insieme al palazzo in cui abitavano. Adesso la regola del cento pare diventata parametro di ritorsione: avendo un cecchino palestinese ucciso un soldato nemico, i tank israeliano hanno ammazzato un centinaio di palestinesi, a quanto pare tirando su attendamenti e su una scuola. «Disgustoso», secondo l’austriaco Volker Turk, Alto commissario Onu per i diritti umani. «Una scaramuccia», secondo JD Vance, vicepresidente americano. Un “cessate-il-fuoco con scaramucce” è appunto la continuazione della guerra con altre parole. Da Gaza all’Ucraina, la diplomazia frastornante di Trump è una Babele I dubbi Se si vuole credere che Washington possa ancora imporre una effettiva pace a Gaza, il lessico irenista delle diplomazie occidentali è accettabile. Ma a dubitare che funzioni adesso sono proprio i regimi musulmani in teoria fondamentali per la sua riuscita. Riuniti lunedì 3 novembre a Istanbul, nasconderanno le loro divisioni chiedendo a Washington un atteggiamento più fermo verso Israele. Molti europei resteranno accodati a Washington ed eviteranno di chiamare le cose con il loro nome. Il “cessate-il-fuoco” di Gaza ha un fondo oscuro che preferiamo ignorare. Nel West Bank aumentano gli attacchi ai villaggi palestinesi, mossi da coloni e da militari israeliani con modalità che Haaretz descrive come «pogrom» e «linciaggio». Alcuni cadaveri di gazawi arrestati dall’esercito israeliano e ora restituiti alle famiglie recano segni di tortura, quasi fosse quella la causa della morte. Altri arrestati sono stati stuprati, come risulta da filmati. Una narrazione onesta delle infamie commesse da Hamas e da Israele non solo permetterebbe agli europei iniziative multilaterali cui il “Piano Trump” offre involontariamente un telaio, ma aiuterebbe opinioni pubbliche frastornate a vedere quanto le tifoserie degli uni e degli altri di solito preferiscono nascondersi. Spenti i riflettori dello show di Trump, a Gaza rimangono i nodi di sempre