Benvenuti in wèilái (未来), ovvero, in mandarino, nel “futuro”: il futuro della Cina, un paese-continente che, come profetizzò Napoleone, si è svegliato e sta facendo tremare il mondo, mettendo in discussione vecchi equilibri e radicate certezze. In questa newsletter settimanale (iscriviti qui, è gratis!), ogni giovedì, parleremo di economia, tecnologia, politica, ambiente e società in Cina. Perché le novità che arrivano dalla Cina, le sue contraddizioni e le sue strategie ci riguardano sempre più da vicino, per il peso crescente dei mercati asiatici nel capitalismo globale e per il tentativo di Pechino di diventare protagonista di un nuovo ordine globale multipolare. Qui, troverete tutte le puntate di Weilai, man mano che verranno pubblicate.

Il governo invoca la “sicurezza nazionale” per controllare le big di internet

Lo scorso fine settimana l’Amministrazione del cyberspazio della Cina (Cac) ha aperto un’inchiesta su Didi (lo Uber locale, 600 milioni di utenti), sulle app di noleggio camion Yunmanman e Huochebang e quella di recruiting Boss Zhipin, per la loro gestione dei dati personali, che metterebbe in pericolo la “sicurezza nazionale”. Queste quattro compagnie private si sono quotate nelle ultime settimane con offerte iniziali d'acquisto (Ipo) nelle piazze azionarie statunitensi.

Perché è importante

Dopo la multa da 2,8 miliardi di dollari inflitta dall’antitrust ad Alibaba per “abuso di posizione dominante” e un’indagine analoga avviata sul colosso del delivery Meituan, per la prima volta contro le big di internet è scesa in campo la Cac. Le motivazioni della mossa di questo organismo (istituito nel 2014 da Xi Jinping) sono riassunte in questo articolo.

Il contesto

Compagnie come Didi e Alibaba negli ultimi anni hanno costituito monopoli avendo avuto carta bianca da Pechino. Ora il Partito vuole mettere sotto controllo i big data che hanno accumulato, per il loro enorme valore finanziario, tecnologico e di “sicurezza nazionale”.

In un editoriale il Global Times sottolinea che i «vantaggi di finanziarsi all’estero sono diminuiti», per lo sviluppo del mercato dei capitali in Cina e le barriere erette dalla legge statunitense “Holding Foreign Companies Accountable Act”. E martedì sera, il governo ha annunciato il varo di misure più restrittive per le Ipo delle aziende cinesi all’estero.

La Cina andrà a tutto gas

Nel 2021 il consumo di gas naturale in Cina raggiungerà 360 miliardi di metri cubi (+8,4 per cento). Il dato è contenuto in una ricerca di S&P Global Platts Analytics, secondo la quale nel 2025, al termine del XIV Piano quinquennale (2021-2025), il paese consumerà 430 miliardi di metri cubi di questa fonte di energia rinnovabile e relativamente pulita.

Perché è importante

La Cina punta ad aumentare la produzione di energia elettrica (per uso sia domestico sia industriale) generata da gas naturale (nel 2020 l’8,8 per cento del totale, contro una media globale del 24 per cento) per ridurre la sua dipendenza dal carbone (nel 2020 il 56,8 per cento del suo mix energetico), principale fonte di emissioni di Co2. A tal fine nei prossimi anni Pechino aumenterà sia la produzione sia le importazioni di gas.

Il contesto

Nell’ottobre scorso è stata costituita la compagnia China Oil & Gas Network Corporation (PipeChina), che ha messo a sistema gli asset (gasdotti, terminal per l’importazione e strutture per lo stoccaggio) precedentemente divisi tra i tre giganti di stato China Petrochemical Corporation (Sinopec), China National Offshore Oil Corporation (Cnooc), China National Petroleum Corporation (Cnpc), e controllati soprattutto da quest’ultima. Con PipeChina la rete di distribuzione è a disposizione di tutti gli operatori, per incoraggiare la competizione tra le “big three” e favorire l’accesso di nuovi player.
Per effetto del superamento della precedente divisione della rete in tre aree (nord-centro-sud), le compagnie cinesi stanno riorganizzando le loro strategie, indirizzandole verso mercati locali e diversificati. La scorsa primavera PipeChina (con la quale Snam ha un accordo strategico) ha avviato la costruzione di un nuovo gasdotto di 413 chilometri per collegare un terminal per l’importazione di Tianjin a Xiongan, la nuova città non lontana da Pechino voluta da Xi Jinping.


Yuan
di Lorenzo Riccardi
Economia, fisco e nuove opportunità raccontate da un commercialista italiano da 15 anni in Cina

Micro imposte per micro imprese

Il futuro della Cina non si misura solo sui mega gruppi multinazionali ma anche sulle piccole imprese. E per le piccole e microimprese che operano nel paese il ministero delle Finanze ha introdotto per il 2021 un regime fiscale agevolato.
La nuova misura è valida dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022 e prevede un’aliquota di imposta effettiva pari al 2,5 per cento per imprese con redditi fino a un milione di yuan (circa 130mila euro) e del 10 per cento per quelle con redditi fino a tre milioni di yuan (circa 400mila euro).

In precedenza, il sistema fiscale prevedeva agevolazioni specifiche per le piccole imprese ma nel 2021, a seguito dell’emergenza sanitaria, il governo ha deciso di estendere e ridurre ulteriormente la fiscalità per le piccole imprese.
Secondo il comunicato 12/2021 della State Administration of Taxation, le piccole società a basso profitto con un reddito imponibile fino a 3 milioni di yuan, un numero di dipendenti non superiore a 300, e un fatturato complessivo non superiore a 50 milioni di yuan, possono beneficiare di un’aliquota fiscale ridotta del 20 per cento da applicare sul 12,5 per cento del reddito imponibile fino a 1 milione di yuan (con un’aliquota fiscale effettiva del 2,5 per cento sul primo milione di yuan di profitto) e sul 50 per cento della parte di reddito imponibile superiore ad un milione e fino a tre milioni di yuan (con un’aliquota fiscale effettiva del 10 per cento su questa quota).
La misura mira a promuovere le piccole e medie imprese e si unisce a una serie di altri incentivi alle aziende che investono in Cina. La fiscalità ordinaria è pari al 25 per cento sui redditi di impresa (in linea con l’Italia) ma sono previste agevolazioni specifiche con fiscalità 15 per cento per investimenti ad alto contenuto tecnologico, in settori strategici e nelle provincie dell’ovest.

Dove va il Partito comunista cinese

Giovedì 1° luglio Xi Jinping ha pronunciato in piazza Tiananmen un discorso solenne in occasione del centenario della fondazione del Partito comunista cinese (Pcc). Il segretario generale ha inoltre annunciato che il Pcc – che costituisce l’ossatura del sistema di governo della Cina – ha raggiunto i 95 milioni di iscritti, un quarto dei quali ha meno di 35 anni.

Perché è importante

Il Pcc ha celebrato la cancellazione della povertà assoluta; la costruzione di una “società moderatamente prospera” (con reddito pro capite superiore a 10mila dollari); la sconfitta del Covid-19. Ma ora deve rincorrere il secondo dei suoi “obiettivi dei centenari” – l’avvento di un “grande paese socialista moderno” – in un contesto internazionale che Xi ha definito «complicato», per la competizione commerciale, tecnologica e valoriale con gli Stati uniti e con l’occidente. Di seguito, quattro punti del discorso di Xi che segnalano importanti orientamenti politici.

  • Nazionalismo

Il messaggio della propaganda: il Partito ha condotto il popolo verso la “rinascita nazionale” dopo il secolo dell’umiliazione (1839-1949), quando le potenze occidentali ridussero «una grande nazione con oltre 5.000 anni di storia» ad una «società semi-feudale». «Non permetteremo a nessuno di prevaricarci, opprimerci o soggiogarci», ha tuonato Xi. «Chi dovesse provarci sbatterà contro la Grande muraglia d’acciaio formata da 1,4 miliardi di cinesi».

  • Governance del Partito

Il Partito avrà un ruolo sempre più centrale nel sistema di governo della Cina e continuerà a essere “perfezionato”, attraverso la lotta alla corruzione e la formazione di quadri competenti e ideologicamente “puri”.

  • Innovazione tecnologica

Continueranno ad aumentare gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica per favorire lo sviluppo di una “innovazione autoctona”.

  • Modernizzazione dell’esercito

La spesa militare continuerà a crescere a un ritmo sostenuto per accelerare la modernizzazione delle forze armate.


Consigli di lettura

Sulle politiche dei grandi brand occidentali in Cina vi consigliamo:

​- H&M: Fashion giant sees China sales slump after Xinjiang boycott

​- Nike boss defends firm’s business in China

​- U.S. senator slams Apple, Amazon, Nike, for enabling forced labor in China

- Chinese consumers start to embrace domestic brands: survey

Weilai vi invita a seguire il futuro della Cina su Domani e vi dà appuntamento alla prossima newsletter.

A presto!

Michelangelo Cocco

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