Il XX congresso nazionale del Partito comunista cinese si è aperto domenica mattina a Pechino con la marcia di benvenuto eseguita dalla banda dell’Esercito popolare di liberazione e il battito di mani dei 2.296 delegati ad accompagnare la sfilata di Xi Jinping verso il podio dal quale ha pronunciato il suo atteso discorso.

I membri uscenti e gli ex leader del comitato permanente dell’ufficio politico l’hanno seguito, prendendo posto di fronte al segretario generale. Assenti l’ex presidente Jiang Zemin (96 anni) e il suo premier Zhu Rongji (93), mentre il predecessore di Xi, Hu Jintao, è apparso smunto e affaticato.

I principali protagonisti della lunga stagione della “leadership collettiva” se ne vanno, lasciando il sessantanovenne Xi con un potere senza precedenti in era post-maoista, ma alle prese con un passaggio definito dallo stesso Xi «critico» per quello che dovrebbe diventare un “grande paese socialista moderno” entro il 2049, quando ricorrerà un secolo dalla fondazione della Repubblica popolare. Xi ha aggiunto che gli ultimi cinque anni «sono stati non comuni e non normali».

Il nodo “contagi-zero”

(Foto Kyodo via AP Images)
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Il primo nodo che dovrà sciogliere è la sua draconiana politica “contagi zero”, che sta contribuendo a deprimere l’economia. Tutti i delegati che questa settimana rinnoveranno il comitato centrale (205 membri) che domenica prossima eleggerà i nuovi componenti dell’ufficio politico e del suo comitato permanente domenica indossavano la mascherina, mentre fuori dalla Grande sala del popolo il Covid ha rialzato la testa, preannunciando un inverno difficile.

Cambiamenti in vista? Xi è stato sibillino, limitandosi a rivendicare che «abbiamo dato priorità assoluta alla difesa delle vite umane, ottenendo importanti risultati positivi nella prevenzione e nel controllo dell’epidemia».

«Vento forte, onde alte»

Che tra il XIX congresso – quando Xi proclamò l’avvento di una “Nuova era” – e il XX sembra passato non un lustro ma un’era geologica lo testimonia anche la lunghezza dell’orazione del segretario generale: tre ore e mezza il 18 ottobre del 2017, meno della metà domenica.

Cinque anni fa l’ascesa della Cina sembrava inarrestabile, domenica Xi ha avvertito che «dobbiamo riconoscere meglio le difficoltà, essere preparati al pericolo in tempo di pace, prepararci per una giornata piovosa ed essere pronti a resistere a vento forte e onde alte». Che i problemi, interni ed esterni siano aumentati lo sottolinea l’utilizzo, per 73 volte, della parola “sicurezza” pronunciata 55 volte nel 2017. Ciò implica anche che la Cina «rafforzerà la sua capacità di deterrenza strategica», inclusa quella atomica.

Quali riforme?

Yomiuri

Xi ha parlato di “riforme” 16 volte, 70 cinque anni fa. In prima fila ad ascoltarlo c’era anche Song Ping (105 anni) – nel comitato permanente dell’ufficio politico sotto Jiang – che alla vigilia dell’assise quinquennale è apparso in un video, circolato sui social, per chiedere di continuare con la “riforma e apertura”, che Xi durante il suo discorso ha assicurato di voler proseguire.

Xi ha ricordato l’importanza della nuova via della Seta e che la Cina è oggi «il primo partner commerciale di 140 tra paesi e regioni». Tuttavia è evidente che la Cina del 2022 non è più il paese arretrato guidato da Deng, che per svilupparsi rapidamente aveva bisogno di massicci investimenti, capitali stranieri e di esportare a più non posso.

Xi ha affermato che lo sviluppo rimane la priorità assoluta, ma che d’ora in avanti dovrà trattarsi di uno «sviluppo di alta qualità». Ovvero – nel momento in cui gli Stati Uniti promuovono il decoupling tecnologico dalla Cina – puntare alla resilienza delle catene di approvvigionamento e sulla strategia economica della “doppia circolazione” che scommette sull’espansione della domanda interna per rendere il paese autosufficiente.

“Prosperità comune”

(Foto Kyodo via AP Images)

Avendo consolidato il suo potere – in seguito alla caduta dei suoi principali avversari e alle riforme varate per rafforzare il vertice del partito e il suo segretario generale – Xi avrà a disposizione almeno dieci anni per applicare le sue politiche.

Il programma economico-sociale di Xi Jinping – del quale abbiamo visto un’anteprima con l’assalto al monopolio e all’influenza esercitata sui giovani dalle grandi compagnie nazionali di internet, con l’azzeramento del fiorente settore delle ripetizioni private e con la politica del “benessere comune” – comincia adesso.

Sarà quella del nuovo “uomo forte” una Cina più di “sinistra”? Quei 600 milioni di cinesi che – come rivelato dal premier Li Keqiang – sopravvivono con un reddito mensile di 1.000 yuan (143 euro) rischiano di rappresentare una minaccia per il partito unico che dal 1949 governa ininterrottamente un paese che ha 440 miliardari (in dollari), secondo solo agli Stati Uniti.

Per questo motivo nei prossimi anni all’obiettivo di continuare ad allargare la classe media (attualmente circa 350 milioni di persone) si affiancherà quello di livellare i redditi e la ricchezza, un programma che spaventa la classe medio-alta che negli ultimi anni ha accumulato ricchezza (soprattutto immobili) esentasse. Xi ha sottolineato anche la necessità di migliorare la copertura e la qualità della sanità e dell’istruzione pubblica, entrambe rimaste molto deficitarie in un paese dove (eccetto i trasporti) i servizi di qualità sono appannaggio solo dei ceti che possono acquistarli.

Il lavoro ideologico

Domenica i cinesi che in tempi normali nemmeno si accorgono che è in corso l’evento più importante nel calendario del partito non l’hanno potuto ignorare, perché le app usate da tutti, da Taobao (commercio elettronico) a Didi (lo Uber cinese), si aprivano con un messaggio di benvenuto al XX congresso.

E una parte importante di quello che tecnicamente è il “rapporto sul lavoro svolto dal XIX comitato centrale” Xi l’ha dedicata proprio ai suoi cavalli di battaglia: il rafforzamento del partito e l’importanza del lavoro ideologico, in particolare alla diffusione tra la popolazione dei “valori di base del socialismo”.

Il Pcc – secondo il suo segretario generale – deve mantenere un controllo totale sui mass media e sul sistema dell’istruzione, assicurandosi che i giovani siano nutriti col potpourri ideologico della Nuova era, a base di patriottismo, confucianesimo e socialismo.

Taiwan e Hong Kong

L’applauso più forte il segretario generale l’ha ricevuto quando ha ribadito che «il partito combatte il separatismo e si oppone in ogni modo alla indipendenza di Taiwan e alle interferenze straniere». Dopo le esercitazioni militari di Pechino che nell’agosto scorso hanno posto in essere di fatto un blocco navale dell’Isola, il messaggio a Washington è chiaro: Pechino non rinuncia a usare la forza se Taipei sceglierà la strada dell’indipendenza.

Il presidente cinese ha rivendicato anche la repressione del movimento pro democrazia di Hong Kong, dove il partito ha fatto sì che l’ex colonia britannica sia governata da “patrioti” e ha «restaurato l’ordine».

Più volte nell’orazione del leader cinese è stata auspicata la “unità tra i gruppi etnici”. Nemmeno una parola però sul Xinjiang, dove il partito ha subito il doppio affronto delle sanzioni Usa contro un membro dell’ufficio politico (Chen Quanguo) e del rapporto dell’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani che denuncia «gravi violazioni dei diritti umani» contro le popolazioni islamiche della grande regione del nord-ovest.

Nessuna menzione anche per il conflitto in Ucraina, una guerra lontana e nello scoppio della quale la Cina non ha alcuna responsabilità, ma che nondimeno sta contribuendo ad aumentare la tensione tra Washington e Pechino, che con Mosca ha una “partnership strategica onnicomprensiva” e che ha soccorso con l’acquisto del gas russo dirottato dall’Europa verso la Cina.

Domenica è stato ufficializzato che il XX congresso si chiuderà sabato prossimo e che domenica 23 ottobre – dopo la prima sessione plenaria del XX comitato centrale – verrà svelato il nuovo comitato permanente dell’ufficio politico (attualmente composto da sette membri, presieduto dal segretario generale) che, di fatto, governa la Cina.

Sarà quello il momento in cui sarà possibile capire se/che cosa sarà cambiato negli equilibri di potere al vertice del partito che governa da solo ininterrottamente dal 1949 il paese più popoloso e seconda economia del pianeta. Il bagno di realtà del discorso di domenica dovrebbe comportare l’aggiustamento delle politiche più controverse e il ricorso a una maggiore collegialità, anche se finora Xi ha sempre tirato dritto per la sua strada.

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