Shenzhen – l’ex villaggio della provincia meridionale del Guangdong dove, nel 1980, Deng Xiaoping istituì la prima zona economica speciale per sperimentare il mercato in Cina – diventerà il centro dove la Cina attirerà aziende, materiali, know how e capitali nel tentativo di far decollare la sua produzione di microchip e altre componenti elettroniche avanzate. L’annuncio è stato dato mercoledì 26 gennaio dalla Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (Ndrc) e dal ministero del Commercio di Pechino che, per centrare l’ambizioso obiettivo, hanno varato una una serie di misure riassunte in questo articolo.

  • Perché è importante

Il governo spingerà le aziende di chip e di elettronica ad aprire un negozio nella “piattaforma globale” Shenzhen, incoraggiando «i clienti nazionali e stranieri ad acquistare componenti elettronici e vari tipi di chip» attraverso la stessa risorsa.

«Scegliendo Shenzhen, puntiamo a stabilire innovazioni replicabili e scalabili grazie al rilassamento delle restrizioni di accesso al mercato [...] per esplorare una politica e un sistema di gestione più flessibile e scientifico per costruire una migliore economia di mercato socialista», ha affermato Zhao Chenxin, segretario generale della Ndrc. Secondo i piani di Pechino, Shenzhen diventerà anche il centro per gli appalti governativi, lo sviluppo di software e il branding del settore dei microprocessori e dell’elettronica avanzata.

  • Il contesto

Il nuovo piano quinquennale di Shenzhen – che abbiamo analizzato in questo numero di Weilai – è incentrato proprio sullo sviluppo tecnologico. Nella metropoli ha sede la borsa dedicata ai titoli hi-tech, l’equivalente cinese del Nasdaq. Anche il piano quinquennale per l’economia digitale della Cina – di cui abbiamo parlato in questo numero di Weilai – punta al medesimo obiettivo: rendere il paese autosufficiente da un punto di vista delle tecnologie più avanzate necessarie allo sviluppo dell’industria e dei servizi nell’era digitale.

Shenzhen, e più in generale il cluster di undici metropoli denominato “Area della Grande baia”, che abbiamo analizzato in questo articolo, mira a replicare il successo della Silicon Valley californiana, potendo contare su un abbondante capitale umano, investimenti statali ed esteri, e sulle cosiddette “economie di scala”, cioè sulla riduzione dei costi e l’aumento dell’efficienza grazie a grandi volumi di produzione.

Pechino e Mosca alzano un muro anti-Usa in Asia

Sputnik

Cina e Russia hanno deciso di «rafforzare la comunicazione strategica e il coordinamento sugli affari asiatici, per mantenere congiuntamente la pace e la stabilità regionali e promuovere la cooperazione e lo sviluppo». La dichiarazione congiunta è arrivata al termine dell’incontro, martedì 25 gennaio, tra il capo dell’ufficio del ministero degli Esteri di Pechino responsabile per l’Asia, Liu Jinsong, e il suo omologo russo alla guida della divisione Asia-Pacifico, Ovchinnikov Alexey Mikhailovich.

Lo stesso giorno l’ambasciatore russo a Pechino, Andrey Denisov, aveva rivelato di aver informato il governo cinese sui contenuti e i progressi dei colloqui di sicurezza tra Mosca e gli Stati Uniti e i paesi della Nato. Lo stesso Denisov ha annunciato che – durante il viaggio a Pechino del presidente Vladimir Putin per partecipare alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali – potrebbe esserci una “sorpresa” per le relazioni sino-russe.

  • Perché è importante

Pechino, che collabora con Mosca in Asia centrale nell’ambito della Shanghai cooperation organization, sta facendo sentire sempre di più il suo peso anche in quell’area.

Martedì 25 gennaio il presidente Xi Jinping – durante un incontro virtuale con i leader di Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan – ha promesso aiuti per 500 milioni di dollari alle nazioni dell’Asia centrale, sostenendo (in questo discorso pubblicato integralmente dall’agenzia Xinhua) che la Cina li aiuterà a «camminare per la propria strada» e a difendere la loro sovranità.

  • Il contesto

Cina e Russia stanno stringendo sempre più la loro cooperazione nel tentativo di resistere alle pressioni degli Stati Uniti. Tra Washington e Pechino è in corso una guerra commerciale-tecnologica iniziata dall’amministrazione Trump, nonché tensioni sempre più evidenti nel Pacifico occidentale, dove l’egemonia statunitense è sfidata dall’ascesa della Cina. Tra Washington e Mosca i motivi di attrito, altrettanto complessi, sono esaminati in questo articolo di Dario Fabbri sulla crisi ucraina.

YUAN, di Lorenzo Riccardi

Tagli fiscali da mille miliardi di yuan per promuovere l’economia

Con l’ultimo piano quinquennale, la Cina ha attuato una serie di riforme fiscali finalizzate ad abbattere i costi per aziende e persone fisiche e promuovere lo sviluppo economico.

Dal 2016 a oggi, il valore complessivo di tagli e riduzioni di tributi e imposte ha superato 8,6 mila miliardi di yuan. In base alle dichiarazioni di Wang Jun, commissario dello State administration of tax (Sat), l’amministrazione finanziaria nazionale, il paese sta adottando ulteriori misure per attuare una riduzione della pressione fiscale e garantire uno sviluppo stabile dell’economia.

Nel 2021 l’attuazione di tagli alle imposte da parte del governo cinese ha superato il valore di mille miliardi di yuan.

La Cina anche nel 2022 proverà a sostenere soprattutto le piccole imprese e le start-up (tra le più colpite dalle chiusure anti-Covid): per società con utile fino a un milione di yuan (circa 140mila euro) è prevista un’aliquota speciale pari a 2,5 per cento e per aziende con utile fino a 3 milioni di yuan (circa 420mila euro) la tassazione è limitata al 10 per cento degli utili, meno della metà rispetto all’aliquota ordinaria, pari al 25 per cento.

Le politiche fiscali premiano in particolare le aziende ad alto contenuto tecnologico e gli investimenti nella sostenibilità ambientale, con aliquote al 15 per cento, promuovendo il rilancio del settore industriale in base al piano “Made in China 2025”. Gli obiettivi del governo includono l'indipendenza dai fornitori stranieri, con un aumento di prodotti e servizi ad alta tecnologia e con l’industria dei semiconduttori al centro del piano.

Il sistema, inoltre, garantisce speciali deduzioni fiscali per la ricerca e sviluppo con una riduzione fiscale stimata in 33,3 miliardi di yuan.

Nella propria geografia la Cina garantisce agevolazioni speciali con aliquote di imposta ridotte al 15 per cento per le regioni occidentali e per l’isola di Hainan. Per quanto riguarda la fiscalità personale Pechino ha confermato un’estensione per altri due anni, fino alla fine del 2023, della tassazione separata sui bonus e dell’esenzione sui redditi dei lavoratori stranieri, con uno dei regimi con le maggiori agevolazioni tra le grandi economie.

Il “cobot” made in China legge nella mente del compagno di lavoro

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I ricercatori cinesi hanno costruito un robot industriale in grado di lavorare assieme a un operaio e capace di leggere nel pensiero del collega umano «con una precisione del 96 per cento». Il robot collaborativo (cobot) nato da una ricerca del dottor Dong Yuanfa pubblicata sulla rivista China mechanical engeneering è stato sottoposto a centinaia di ore di rodaggio assieme a otto volontari che hanno indossato rivelatori di onde cerebrali e sensori sulle braccia per raccogliere i segnali muscolari.

  • Perché è importante 

Secondo gli sviluppatori dello Intelligent manufacturing innovation technology center della China Three Gorges University di Yichang (nella provincia dello Hubei), il cobot non solo ha monitorato le onde cerebrali del collega umano, ma – lavorando insieme nell’assemblaggio di prodotti complessi – ha anche raccolto segnali elettrici dai suoi muscoli. Quando gli operai volontari avevano bisogno di un attrezzo o di un componente, il braccio meccanico intelligente glieli passava immediatamente, avendo letto le loro intenzioni.

Secondo i ricercatori cinesi, i segnali irregolari causati soprattutto dalla sudorazione e da movimenti irregolari dell’operaio, possono essere superati istruendo il cobot con big data.

  • Il contesto

Secondo i dati del ministero dell’Industria e dell’Informatica, il numero di robot industriali in Cina è cresciuto a un ritmo del 15 per cento annuo dal 2016: nel paese ci sono 246 robot ogni 10mila lavoratori (il doppio della media mondiale), ma nella maggior parte dei casi si tratta di apparecchiature costruite in occidente, che mal si adattano alle catene di montaggio cinesi. Questo articolo invece fornisce una panoramica del mercato cinese dei cobot e delle loro diverse applicazioni.

I piani del governo prevedono che, entro il 2025, il 70 per cento delle fabbriche cinesi utilizzerà robot. Il boom delle esportazioni guidato dalla pandemia, le preoccupazioni per il rapido invecchiamento della popolazione cinese e il desiderio di risparmiare, sottolinea questo articolo di South China morning post, hanno tutti contribuito alla tendenza a sostituire i lavoratori con le macchine, ma l’automazione potrà al massimo curare i sintomi, non risolvere i problemi alla base del suo boom.

Consigli di lettura della settimana:

Per questa settimana è tutto. Per osservazioni, critiche e suggerimenti potete scrivermi a: exdir@cscc.it

Weilai vi invita a seguire il futuro della Cina su Domani, e vi dà appuntamento a giovedì prossimo.

A presto!

Michelangelo Cocco @classcharacters

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