Il primo ministro russo, Mikhail Mishustin, è stato ricevuto in pompa magna oggi a Pechino dal presidente cinese, Xi Jinping. Al termine dell’incontro, Mosca e Russia hanno firmato un protocollo d’intesa sulla cooperazione commerciale dei servizi, ma il suo significato politico va molto oltre le indicazioni del patto. A due mesi dalla visita di Xi a Mosca in cui il presidente cinese e il suo omologo russo, Vladimir Putin, hanno siglato un accordo di cooperazione che apre a una «nuova era» nelle relazioni tra i due paesi – patto duramente criticato dagli Stati Uniti – Mosca e Pechino pongono un altro tassello nella loro amicizia. 

Di questa se ne è parlato spesso e non ogni volta allo stesso modo. Sempre in bilico tra l’amicizia «senza limiti» e le prese di distanza strategiche, i due regimi vogliono sottolineare ancora una volta che il loro legame è più saldo che mai. Mishustin ha ricordato la visita di Xi a Mosca e il viaggio di Putin a Pechino previsto entro l’anno». Xi, dopo aver mandato i suoi saluti all’omologo russo – i due si saranno incontrati già una quarantina di volte nel decennio che Xi è stato presidente –  ha risposto che la Cina è «disposta a continuare a sostenersi con fermezza a vicenda con la Russia su questioni riguardanti i reciproci interessi fondamentali e a rafforzare la cooperazione in arene multilaterali come l’Onu, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco), i Brics e il G20».

Dietro l’intesa

L’occidente è il vero bersaglio di questo accordo, e ciò non è certo stato nascosto. Il riferimento alle arene internazionali è da sottolineare perché il sodalizio tra Xi e Putin si basa sull’ obiettivo di smantellare un ordine mondiale costruito dai paesi occidentali che nega loro il dovuto rispetto come grandi potenze globali. Un risentimento che cova nella mente di Putin sin da quando è crollata l’Unione Sovietica. La postura antagonista appare chiaramente dalle dichiarazioni di Mishustin successive al nuovo incontro con l’omologo cinese, Li Qiang, dopo il forum finanziario russo cinese di ieri a Shanghai: «oggi le relazioni tra Russia e Cina sono a un livello senza precedenti.» aggiungendo che «i due paesi rispettano i reciproci interessi e il rafforzamento della loro partnership è associato all’aumento delle turbolenze sulla scena internazionale e alla pressione delle sanzioni illegali dell’occidente».

Potevano fare altrimenti?

La firma di quest’accordo sembra però un passaggio obbligato ormai per entrambi i paesi. La Russia, sempre più isolata e indebolita economicamente dalle numerose sanzioni inflitte, non può che aggrapparsi al Dragone, suo maggiore cliente energetico e uno dei pochi fornitori di microchip. La Cina preoccupata dagli allarmi lanciati durante il G7 – che si è svolto di fronte le porte di casa sua – contro la sua espansione nell’Indopacifico non poteva che aumentare il suo legame con l’Orso, anche perché un’eventuale accentuata rivalità con Mosca darebbe solo l’immagine di una Cina che esegue gli ordini di Washington dando una grande spinta all’ egemonia globale statunitense.

L’altra faccia della medaglia

La relazione tra le due potenze è fortemente asimmetrica e vede la Cina come il partner indubbiamente più forte. Pechino sta molto attenta a non lasciarsi sfuggire nessuna occasione. Ecco perché quando Xi si trovava a Mosca aveva invitato al vertice cinese del 18 e 19 maggio a Xi’an le sei repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale, che Mosca vuole dipendenti da lei grazie anche all’Unione economica eurosiatica, la quale però è sempre meno forte man mano che l’economia russa si indebolisce.

© Riproduzione riservata