Trovare qualcosa di buono in una guerra? Pare facile. E invece succede che tra un salotto in cui si litiga perché «tu hai una matrioska in cucina, sei il pifferaio di Putin» e «tu spegni i termosifoni a gennaio, russofobo!», tutti i giorni, ormai dal 24 febbraio 2022, accendendo la tv, ci si imbatte in quella che possiamo definire la figura più rassicurante in tempo di guerra. Più rassicurante perfino della pace: Dario Fabbri.

Analista geopolitico, docente, consigliere, curatore di Scenari, il mensile geopolitico di Domani, e moltissime altre cose che noi non saremo mai, Fabbri è chiamato da giornalisti e conduttori a discutere di ogni aspetto della guerra, dal ruolo della Bielorussia nell’aggressione militare in Ucraina alla funzionalità dello scarponcino antiscivolo in dotazione ai russi. E Fabbri non delude mai.

Su ogni questione lui ha uno sguardo interessante, un punto di vista originale, una narrazione ammaliante. Ho visto gente per cui prima della guerra la geopolitica era «Ma Gardaland sta in Veneto o è già Lombardia?» che ora ascolta Fabbri per ore, rapita davanti alla tv, estasiata dalle sue analisi sull’asse Cina/Russia e sulle possibilità di riuscita delle negoziazioni in Turchia.

Le celeberrime maratone pomeridiane di Enrico Mentana in compagnia di Fabbri ormai suo ospite fisso, diventano piacevoli passeggiate di 12/13 ore in cui il tempo passa e tu non te ne accorgi neanche.

Mentana gli fa una domanda vaga, che sia «Quanto resisteranno gli Ucraini?» o «I tuoi maglioni sono puro cachemire o misto?» e Fabbri gli copre lo studio per i successivi sette blocchi, continuando a ipotizzare scenari anche durante la pubblicità.

Scenari di ogni tipo, se Mentana non lo ferma lui parte da «i russi potrebbero accontentarsi della neutralità dell’Ucraina» a, due ore dopo, «L’Ucraina potrebbe annettersi a San Marino così ci vota ad Eurovision» a «Zelensky potrebbe cedere il Donbass in cambio della Kamchatka perché per il Risiko serve sempre».

E il bello è che qualunque cosa dica, nessuno perde mai l’attenzione, nessuno si distrae, madri smettono di nutrire i figli, persone si rifiutano di abbandonare il palazzo in fiamme – «fatemi finire di sentire Fabbri!» –  nessuno è capace di staccargli gli occhi di dosso.

Perfino Mentana che nel suo studio non si farebbe rubare la scena neppure da uno che è tornato dall’aldilà a dirci cosa ha visto, con lui ha dichiarato la resa: lo ascolta inebriato e inoffensivo, gli cede tempo e spazio, non gli fa neppure le sue consuete battute consapevole che avrebbero il suono delle miccette di fronte alla magnificenza di Fabbri e lo interroga su tutto, finalmente riposato, adagiato sull’ospite che è il sogno di ogni conduttore: quello che va da solo.

Quello che snocciola frasi ad effetto al ritmo di una ogni cinque minuti («lo stratega immagina lo scenario peggiore, se immagina il migliore ha sbagliato mestiere», «l’Ucraina per i russi ha un suo posto preciso, non può fluttuare nell’universo mondo!»), che utilizza il verbo “magnificare” con sapienza commovente, che non discute neppure mai con gli altri ospiti in studio perché lui è un missile ipersonico: va più veloce e non lo fermi.

È solo un po’ più preciso.

Non esiste contraerea in grado di abbatterlo. Io se scoppia un olocausto nucleare e mi chiedono dov’è che voglia stare- se in un bunker o in una cantina- rispondo «con Fabbri». Mi sento al sicuro solo con lui. Nessuno ha ancora capito che non è Mario Draghi che deve parlare al telefono con Putin. È Fabbri.

È Fabbri che può liberare il mondo dallo spettro della catastrofe.

Se mandiamo lui a mediare alla prossima negoziazione, come minimo torna con Putin che gli lascia l’Ucraina, il Donbass e la Crimea, ma pure Mosca, la sua villa sul Mar Nero e la Siae di Kalinka. Ma proprio a Fabbri eh, non a Zelensky.

Altro che Brasile o Turchia. Fabbri potrebbe diventare la prossima superpotenza mondiale. Anzi, che dico. Lo è già.

Teniamoci buono Mentana, che uno stato cuscinetto serve sempre. 

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