Quando lo scorso dicembre Aleksej Navalnyj è stato trasferito nella più remota colonia penale a 2000 chilometri da Mosca, oltre il circolo polare Artico, scelta dal Cremlino molto probabilmente per rendere ancora più difficili le comunicazioni con il dissidente in vista delle elezioni presidenziali di marzo 2024, la sua famiglia, i suoi amici e sostenitori, così come molti analisti e cancellerie occidentali, erano decisamente preoccupati per le condizioni precarie e difficili che avrebbero messo in pericolo la sua salute e un fisico già tremendamente colpito e indebolito dall’avvelenamento dell’agosto 2020.

«Non preoccupatevi per me, sto bene», sono state le prime parole di Navalnyj quando è giunto nella sua piccola e fredda cella; più recentemente, aveva affermato: «Guardo fuori dalla finestra dove posso vedere la notte, poi la sera e poi di nuovo la notte», definendosi ironicamente «un Babbo Natale a regime speciale».

E il gelo scorre nel sangue di tutti noi con la notizia della sua scomparsa su cui non ci sono ancora dettagli precisi, ma ormai poco importa quale sia la vera causa dell’eliminazione del più grande oppositore di Vladimir Putin degli ultimi 12 anni.

Il fautore della cosiddetta “rivoluzione bianca” in occasione delle elezioni parlamentari del 2011 quando con pochi clic era riuscito a mobilitare decine di migliaia di persone per protestare contro le frodi elettorali. 

Una mobilitazione di massa che aveva indotto il presidente Dmitrii Medvedev a “concedere” modifiche alla legge elettorale e alle modalità di elezione dei governatori russi, sino ad allora nominati dal Cremlino, in nome di una maggiore rappresentanza politica.

Leader carismatico

Lungimirante nell’aver utilizzato i social media come blogger per diffondere il pensiero alternativo, –  fondato sui diritti, la libertà e la lotta alla corruzione – contro quello putiniano, brillante nell’oratoria e carismatico, Navalnyj ha deciso di non rappresentare un «leader comodamente in esilio», ma ha sfidato, sino all’ultimo giorno, il presidente Putin tornando in Russia sapendo che sarebbe stato incarcerato, convinto, da alcune sue dichiarazioni espresse negli anni, anche del fatto che il Cremlino non avrebbe osato ucciderlo per non farlo diventare un (altro) martire della Russia.

È lecito domandarsi, a questo punto, quali potranno essere le conseguenze della morte di Navalnyj sulla stabilità del regime putiniano in un periodo caratterizzato dalla campagna elettorale per l’ennesima rielezione di Putin.

Ci sarà un’insurrezione di quella parte di popolazione che non è solo contraria all’invasione russa in Ucraina, ma ha sempre desiderato un cambio di regime al potere?

L’esclusione dalla competizione presidenziale di Boris Nadezhdin, sostenuto da gran parte dei collaboratori del blogger russo, unita alla morte di Navalnyj risveglierà anche quelle anime russe che sinora, per diverse motivazioni, non sono scese in piazza?

Sono situazioni che potrebbero determinare un’ulteriore scossa e destabilizzazione della “verticale del potere” del Cremlino, dopo il tentativo di Evgenij Prigozhin di sovvertire il potere putiniano con la lunga marcia verso Mosca?

Se le risposte a queste domande fossero affermative, potrebbe essere la prima reazione dal basso nella storia russa/sovietica recente contro il Cremlino.

Repressione e oscuramento

Non si può escludere, ma è anche opportuno tenere conto di alcuni aspetti. In primo luogo, bisogna tenere conto del livello di repressione politica nel paese, che ha ormai raggiunto livelli altissimi che soffocano, sin da subito, qualsiasi tentativo individuale o collettivo di protesta.

In secondo luogo, la notizia della morte di Navalnyj sarà trasmessa nelle principali reti televisive statali per ribadire che era un agente straniero a servizio dell'occidente. In passato, a Navalnyj è sempre stata preclusa qualsiasi possibilità di ottenere una visibilità mediatica che potesse aumentare il suo consenso.

Questo è anche uno dei principali motivi per cui diversi sondaggi indipendenti hanno sempre rilevato che solamente una percentuale esigua della popolazione russa era a conoscenza delle attività e della figura di Navalnyj.

È stato, infatti, un oppositore “oscurato dal regime” perché temuto a tal punto che il carcere in cui alloggiava a Mosca non era ritenuto sufficientemente isolato per la sua attività politica, portata avanti fuori e dentro alla Russia dai suoi preziosi collaboratori.

Quest’ultimi stanno diffondendo i video dei principali discorsi di Navalnyj, ma non è ancora stabilito in che forme e se avviare una mobilitazione che sensibilizzi il popolo russo ad una reazione più concreta ed efficace del passato. 

Navalyj non è morto invano, ma si chiude un ciclo per quella opposizione extraparlamentare di cui si è fatto portavoce sino al suo ultimo respiro.

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