Le due risoluzioni della commissione esteri della Camera dei deputati che, approvate all’unanimità nel novembre scorso, impegnano il governo a rendere più visibile e operativo l’impegno dell’Italia nella promozione della libertà di religione o credo e del dialogo interreligioso, si collocano a valle di una riflessione più ampia che, negli ultimi anni, ha preso spunto da due fenomeni principali.

Il primo è il peggioramento, a livello globale, delle condizioni della libertà di religione o credo e l’aumento delle violazioni e degli abusi dei diritti delle persone appartenenti a minoranze religiose con la parallela diffusione di tensioni inter-confessionali, fenomeni di intolleranza, discriminazione, fanatismo ed estremismo violento. I paesi definiti “of particular concern” dal dipartimento di Stato degli Stati Uniti nel quadro dell’International religious freedom act erano 8 nel 2011 e 10 nel 2021. L’indice elaborato dal Pew research center per misurare il grado di ostilità sociale su base religiosa nel mondo (inclusi fenomeni di tensioni inter-comunitarie, violenza e terrorismo) è passato da 1,0 nel 2007 a 1,7 nel 2019. Nel maggio 2020, il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha denunciato un preoccupante aumento dei comportamenti d’odio, anche a motivazione religiosa, come conseguenza delle tensioni generate dalla pandemia.

Una nuova fase storica

Il secondo elemento è la consapevolezza, avvertita prima in ambito accademico e poi anche tra i policymaker, di un crescente rilievo del fattore religioso nello spazio politico internazionale.

Terminata la fase storica nella quale era prevalso, in occidente, un approccio che tendeva a tracciare una linea di demarcazione netta tra le sfere secolare e religiosa, si è fatta strada una visione più articolata dei rapporti tra stati e attori religiosi, nella quale questi ultimi hanno iniziato a essere considerati dai primi come potenziali partner nel perseguimento di obiettivi comuni.

Da temi legati alla sfera religiosa, questa collaborazione si è estesa a questioni globali, quali pace, ambiente, sviluppo, educazione e salute, nella convinzione che un lavoro comune – malgrado temporanei arretramenti e differenze di visione o di sensibilità – dia risultati migliori, duraturi e sostenibili.

Il caso italiano

Nel mondo l’Italia è vista, per tradizione storica ed esperienza culturale, come un paese provvisto di sensibilità ed expertise uniche nell’affrontare questioni che attengono alla dimensione religiosa.

La nostra forza risiede nella coerenza tra l’impegno sul piano interno e i messaggi veicolati all’esterno. La nostra azione per la protezione e la promozione della libertà di religione o credo e dei diritti delle persone appartenenti a minoranze religiose a livello internazionale risulta credibile proprio in virtù del grado di rispetto garantito a questi diritti nel contesto nazionale.

La libertà di religione o credo è pienamente tutelata soltanto se riconosciuta a tutti. Quando a chiunque viene impedito, su base religiosa o di credo, di godere appieno dei diritti e delle libertà fondamentali, partecipare a tutte le sfere della vita pubblica e contribuire senza limitazioni allo sviluppo della società, quest’ultima diventa meno stabile e pacifica e si impoverisce, con un danno per tutti i suoi componenti. Quando una comunità soffre discriminazioni, anche le altre sono potenzialmente in pericolo.

Argine all’intollerenza

La libertà di religione o credo può essere minacciata e violata non soltanto da azioni o omissioni degli stati ma anche da comportamenti di attori privi di qualsiasi carattere istituzionale e di singoli individui.

Il dialogo interreligioso, se sostenuto con coerenza, ha un grande potenziale come fattore di promozione di pace, conoscenza reciproca e rispetto delle diversità e come argine a intolleranza ed estremismo violento. Quando rappresentanti religiosi collaborano tra loro, le persone appartenenti alle rispettive comunità sono incoraggiate a fare altrettanto, con riflessi positivi in termini di libertà sul piano sia individuale che comunitario.

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