Oggi si apre l’ottavo congresso del Partito comunista cubano. Sarà il primo senza la presenza dei due Castro: anche Raul si dimette da segretario del partito e non ricoprirà più nessuna carica. Ora tocca a Miguel Díaz-Canel, che è già presidente dello stato dal 2019, e alla generazione nuova, quella che non ha fatto la guerra né è stata sulla Sierra Maestra.

Di conseguenza c’è un cambio che però i protagonisti celano il più possibile per restare saldamente collegati alla legittimità storica: “Continuità” è lo slogan del congresso. Diaz-Canel stesso ha lanciato l’hashtag #SomosContinuidad per dare un segnale chiaro a tutti: non c’è da aspettarsi nessuna virata, nessuno scossone. Paradossalmente però utilizza Twitter e Facebook. I successori sembrano dire a tutti (e particolarmente agli occidentali) che Cuba non è mai stata una repubblica personale appartenente ai Castro, ma una repubblica sovrana molto legata al patriottismo e al suo sistema. In effetti una delle maggiori caratteristiche cubane è proprio la sovranità. Come diceva Giovanni Paolo II, che di comunisti se ne intendeva: spesso dietro alcune scelte di certi regimi non c’è ideologia ma innanzitutto il desiderio di essere davvero indipendenti, nazionalisti.

Attualizzazione

I cubani tuttavia sono in pieno dentro una trasformazione economica, un’“attualizzazione” del sistema che è stata però congelata dalle infauste decisioni dell’amministrazione Trump e che ora si spera di riprendere. Con le aperture dell’epoca di Obama si era voluto che l’actualización trovasse una sponda in occidente e così era stato per un certo periodo, con l’aumento esponenziale del turismo e mediante un flusso in entrata e in uscita dei cubano-americani. Molti ministri economici degli stati europei – tra cui anche quelli italiani – erano stati in visita per implementare gli investimenti. Ciò aveva provocato una distensione de facto tra Cuba e Usa, che ebbe come sigillo la Cumbre de las Americas, il vertice continentale in cui Raúl Castro e Obama si erano rivolti parole rispettose. Dopo c’è stata la nuova glaciazione con Trump.

L’unica pecca che si può imputare alla dirigenza cubana in quel periodo di speranze forse è stata l’eccessiva lentezza del processo, ma si sa che un regime ha i suoi tempi e occorre avere pazienza. Ora la pandemia ha reso tutto più difficile, anche se il terreno della salute è prediletto dai cubani che hanno una vera expertise nel settore. Il congresso si apre proprio mentre tra Italia e Cuba si celebra un anno dalla venuta in Italia della “brigata medica” in aiuto al nostro paese quando a marzo 2020 cadde nel gorgo del Covid-19. I media nostrani ne hanno parlato poco ma a Cuba si è celebrato l’anniversario a causa della solidarietà che lega storicamente i nostri due paesi. Cuba in effetti rappresenta in Italia un caso singolare: suscita un sentimento di simpatia unitario in cui conta poco la separazione tra destra e sinistra. In questi decenni rappresentanti del governo italiano hanno continuamente visitato l’isola e portato il loro sostegno non importata quale governo fosse in carica. Il bloqueo, l’embargo Usa, non è mai stato popolare in Italia, così come in Spagna.

I vaccini

L’aspetto più evidente della reazione di Cuba alla pandemia è la produzione di vaccini. L’isola sta testando ben cinque vaccini di cui almeno due sono al livello 3, quindi quasi pronti. Si chiamano Soberana 2 e Abdala ed entro la fine dell’estate l’isola potrebbe essere in grado di iniziare il processo di immunizzazione di tutta la popolazione. È la prova che anche con pochi mezzi la ricerca medico-scientifica cubana va avanti, con decenni di esperienza alle spalle (Cuba per prima sviluppò un vaccino contro il meningococco, ad esempio).

Tali risultati sono stati anche rafforzati dalla vicenda dei medici cubani in Africa: dagli anni Novanta, dopo la fine della Guerra fredda, invece di militari Fidel Castro si mise ad esportare medici nel continente nero. In numerosi stati africani giunsero sanitari cubani e in loco impararono molto sulla lotta contro le malattie tropicali e le febbri emorragiche. Sull’isola i laboratori BioCubaFarma, azienda di stato a cui fa riferimento la rete degli istituti e centri di ricerca nazionali, si spera possano mettersi a produrre il vaccino entro la fine dell’anno. Non c’è da sorprendersi se poi quest’ultimo sarà rapidamente distribuito anche altrove, sia in America Latina che in Africa.

© Riproduzione riservata