Il discorso pronunciato a inizio ottobre dal presidente francese Emmanuel Macron nel quartiere di Les Mureaux ha riacceso il dibattito su laicismo e separatismo, tema molto sentito in un Paese che ha fatto della laïcité uno dei suoi valori fondanti. La questione è da tempo al centro dell’agenda politica del capo dell’Eliseo, ma le ultime proposte di legge avanzate da Macron hanno un obiettivo specifico: affrontare il problema del separatismo islamico.

Come precisato dallo stesso presidente, le misure recentemente annunciate non sono dirette contro l’islam in generale, ma contro quel «progetto consapevole, teorizzato, politico-religioso» che mira alla creazione di un ordine parallelo rispetto a quello dello Stato e in cui viene meno il rispetto dei valori fondanti della Republiqué. Primo fra tutti, quello della laicità.

La riconquista

Obiettivo primario è quindi la riconquista - per usare un termine caro allo stesso Eliseo - di quelle zone grigie, come i quartieri periferici, in cui il posto dell’autorità statale è stato occupato da altre organizzazioni, religiose e non, che hanno saputo sfruttare il sentimento di abbandono di una parte della società. Lo stesso Macron ha ammesso le colpe dello Stato, responsabile della nascita del separatismo in alcune aree del Paese: «Abbiamo concentrato popolazioni delle stesse origini, della stessa religione in determinate zone» senza garantire una «sufficiente mobilità economica e sociale».

A contribuire alla diffusione del separatismo, come ricordato da Macron, sono anche il passato coloniale della Francia e le ferite mai sanate derivanti da quel particolare periodo storico che tuttora segnano il tessuto sociale francese. Alcuni giovani, per esempio, costruiscono tuttora la propria identità attraverso un discorso anti-colonialista o post-coloniale, allontanandosi dal modello di integrazione per assimilazione tanto caro alla politica francese e avvicinandosi in alcuni casi all’islam radicale.

Territori perduti

Riprendere il controllo di questi “territori perduti” e ristabilire un rapporto con chi è stato marginalizzato è fondamentale non solo per favorire la coesione sociale, ma anche per allontanare lo spettro di nuovi attentati jihadisti al cuore della Francia.

Resta infatti il paese con il più alto rischio di attacchi di matrice ideologica: la sicurezza interna controlla 8 mila soggetti considerati a rischio radicalizzazione e almeno 2 mila francesi negli ultimi anni si sono uniti alle fila dello Stato islamico. Alcuni di loro, tra l’altro, sono detenuti nelle carceri curde della Siria del nord-est, ma il Ggoverno francese continua a rimandarne il rimpatrio per motivi di sicurezza.

Pubblico e privato

La Francia non è certo l’unico paese europeo ad avere problemi con la radicalizzazione di una parte dei suoi cittadini, ma la questione è particolarmente sentita in uno stato che ha elevato la laicità a principio fondante della nazione. La laïcité è garantita dalla Costituzione del 1958, ma è stata sancita ancora prima dalla legge del 9 dicembre 1905 che separa Stato e Chiesa sulla scia dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese.

La legislazione transalpina prevede una netta divisione tra la sfera pubblica, in cui valgono le regole dello Stato, e quella privata, intesa come spazio in cui esprimere la propria fede. Una separazione così chiara si scontra però con una religione - quella dell’islam - in cui pubblico e privato sono generalmente considerati indivisibili.

La nuova legge

Con la legge che sarà presentata al Parlamento il 9 dicembre - 115 anni dopo quella sulla laicità del 1905 - l’Eliseo vuole invece ribadire tale distinzione e per farlo ha individuato cinque ambiti di intervento.

Macron ha annunciato la fine dell’insegnamento a distanza e reso la scuola obbligatoria a partire dai tre anni per evitare che ai bambini vengano insegnati valori diversi da quelli della Repubblica. I prefetti potranno impugnare gli atti comunali che non rispettano le norme nazionali - come l’accesso in orari separati alle piscine in base al sesso - mentre lo Stato avrà il potere di sciogliere le associazioni che violano i diritti sanciti dalla Repubblica o che non agiscono nel rispetto della laicità.

La legge prevede anche il rispetto della neutralità confessionale da parte dei funzionari pubblici, sempre nel rispetto della divisione tra sfera pubblica e privata.

La formazione degli imam

Uno dei punti che ha generato maggiori critiche all’interno della comunità musulmana riguarda l’intervento dello Stato contro l’islam politico: nel mirino di Macron ci sono tutte quelle correnti ritenute inizialmente pacifiche, «ma che si sono via via radicalizzate». Il presidente ha quindi annunciato un maggiore controllo sui finanziamenti indirizzati ad associazioni religiose e moschee e la creazione di un percorso nazionale per la formazione degli imam.

Al momento queste figure religiose provengono in buona parte dal Nord Africa o dal Medio Oriente e si teme che possano essere usate da Paesi terzi come strumento di pressione e diffusione di idee incompatibili con le leggi e la cultura francesi.

Imam illuminati

Ciò a cui punta Macron è la creazione di un «islam dei Lumi» in armonia con i valori repubblicani, pur senza arrivare a strutturare la religione musulmana nel suo insieme. Il presidente ha ribadito che la formazione degli imam sarà affidata al l Consiglio francese per il culto musulmano (Cfcm) nel rispetto del principio di separazione, ma ciò non è bastato per fugare i timori di un’eccessiva ingerenza dell’Eliseo nelle questioni religiose e far sorgere dei dubbi sulla costituzionalità della riforma.

D’altronde lo stesso Macron ha precisato che la pressione che eserciterà sul Cfcm sarà «immensa (…) perché non abbiamo il diritto di fallire».

Per uscire vincitrice da questo scontro tra laicismo e separatismo la Francia ha però bisogno di un programma più ampio, che affronti i problemi sociali e la mancata integrazione di alcuni segmenti della popolazione per evitare che la radicalizzazione, in tutte le sue forme, possa trovare ancora terreno fertile nel cuore dell’Esagono.

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