Con 37 droni gli Houthi yemeniti hanno preso di mira «un certo numero di cacciatorpediniere statunitensi nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden con 37 droni». Così dice il portavoce militare del gruppo, Yahya Sarea, al canale tv Al-Masirah. Il comando Usa per il Medio Oriente sostiene di averne abbattuti 15 nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. Un attacco definito «su larga scala», una minaccia per navi mercantili, Marina americana, navi della coalizione. Uno degli obiettivi sarebbe stata la nave commerciale americana Propel Fortune, due giorni dopo che un missile ha colpito un cargo nel Golfo di Aden.

La tensione resta dunque altissima, anche il nostro paese: dopo l’abbattimento di qualche giorno fa del drone degli Houti da parte del cacciatorpediniere italiano “Caio Duilio”, ieri un rappresentante del gruppo ribelle ha definito l’operazione «inaccettabile...non abbiamo deciso di prendere di mira le navi dell’Italia. Ma mettersi a protezione delle navi israeliane e americane» espone il nostro paese e«minaccia la sicurezza delle sue navi in futuro».

La piattaforma

Le tensioni mediorientali cominciano a passare dal mare. Così, la decisione di costruire un molo artificiale entro due mesi davanti alle coste di Gaza per consentire l’invio di aiuti umanitari americani da parte del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, subito dopo il forte discorso sullo Stato dell’Unione, rappresenta un cambiamento strategico, ma nel contempo crea nuove tensioni con l’alleato Benjamin Netanyahu che vuole proseguire l’offensiva militare su Rafah.

Biden sta conducendo una difficile manovra politica che prevede l’aiuto alla popolazione della Striscia stremata, senza venir meno al sostegno militare e all’Onu di Tel Aviv. Tutto questo per evitare che il conflitto subisca una pericolosa escalation nella regione.

Prove di corridoio marittimo

Un costo elevato è stato pagato a questo conflitto anche dai 2 milioni e mezzo di civili intrappolati nella Striscia di Gaza e costretti ad abbandonare le proprie case e i propri averi per dirigersi verso il confine egiziano. Dopo che alcune persone sono decedute, sotto le casse di aiuti lanciati con paracadute malfunzionanti, si cercano nuove vie per alleviare la sofferenza della popolazione della Striscia, Usa e Ue hanno annunciato l'apertura di un corridoio marittimo per gli aiuti umanitari che dovrebbe partire dall’isola di Cipro.

Una via marittima la cui sicurezza sarà verificata dalla ong spagnola Open Arms, che tenterà di consegnare 200 tonnellate di cibo. Nonostante l'annuncio dato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dalla Spagna i responsabili del progetto hanno specificato di non aver ricevuto nessun sostegno economico da Bruxelles.

«Questa nave è il risultato di un lavoro immenso, senza sosta. Se la Ue vuole fare il suo le porte sono aperte, ma fino a ora gli sforzi sono stati esclusivamente i nostri», ha fatto sapere Open Arms in un comunicato. La nave è pronta a salpare da Cipro in direzione Gaza. La stessa isola del Mediterraneo era stata al centro di una polemica proprio con la Turchia, dopo che il ministro degli Esteri Hakan Fidan aveva accusato Cipro di fungere da centro di smistamento per l'invio di armi americane e britanniche in Israele.

Ieri il presidente turco Erdogan ha descritto il premier israeliano Benjamin Netanyahu come i più sanguinari dittatori della storia e ha ribadito che la Turchia rimane «fermamente» al fianco dell'organizzazione palestinese Hamas. Stavolta però, riporta l’Agi, il carico comprende provviste alimentari della ong e di World Central Kitchen, fondata dallo chef spagnolo Jose Andres. Cibo raccolto negli ultimi mesi e pronto da dicembre, che però ora ha avuto il via libera non solo dei palestinesi, ma anche dell'amministrazione cipriota e di Israele.

Due milioni di pasti

Per l'attracco è stata predisposta una parte di spiaggia su cui non sono stati forniti dettagli per motivi di sicurezza. È stato specificato che sarà il personale di World Central Kitchen a incaricarsi della consegna di farina, scatole di tonno e carne alla popolazione. Un corridoio umanitario che dovrebbe fungere da apripista per un molo galleggiante che gli Stati Uniti vogliono creare al largo delle coste di Gaza.

Il progetto punta, con mille ausiliari di esercito e marina, a consegnare 2 milioni di pasti al giorno, ma per la sua realizzazione potrebbero servire altri due mesi, come ha spiegato il portavoce del Pentagono Pat Ryder.

Ryder ha anche specificato che i militari americani «non metteranno piede a Gaza». Biden, in vista delle elezioni presidenziali di novembre, resta fermo nel proposito di non coinvolgere le truppe di terra in qualsiasi conflitto.

Tutte queste iniziative mirano a portare sollievo alla popolazione intrappolata tra le macerie di un'area distrutta. Secondo quanto dichiarato dal presidente egiziano Abdel Fettah Al Sisi, per ricostruire Gaza serviranno 90 mila milioni di dollari. Al Sisi ha ribadito che l'Egitto «non si risparmierà» nella ricerca di un'intesa per un cessate il fuoco e per permettere agli aiuti umanitari di raggiungere i civili della Striscia. Ma per ora le parti sembrano restare lontane.

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