Le autorità regolatorie devono dare il via libera ai vaccini in corso di sperimentazione, ma una volta avuto il semaforo verde sarà importante farsi trovare pronti. Il vaccino non va soltanto procurato, c’è tutta una filiera che i governi devono gestire: farlo arrivare a destinazione senza alterarne la temperatura, trovare luoghi deputati alla vaccinazione, personale medico per effettuarla senza che ciò vada a discapito di altri servizi di cura. Nel Regno Unito tutti questi passaggi sono già sotto lo scrutinio attento dell’opinione pubblica, ecco perché il caso è interessante: mostra i punti da tener d’occhio, e le criticità.

Comando e conflitti d’interesse

Anzitutto chi gestisce la faccenda? Già a maggio, il premier ha nominato il capo della taskforce dedicata al vaccino; va detto che non c’è stato un processo di selezione trasparente, ma semplicemente una nomina, che è andata a Kate Bingham, carriera nel settore biotech, manager nei board di grandi aziende farmaceutiche.

Bingham è già stata accusata di aver spifferato informazioni sensibili agli investitori, e l’ombra dei conflitti di interesse pesa sia su di lei che su altri membri del partito conservatore. L’ultimo casus belli è un contratto da quasi 800mila euro che Bingham ha affidato a una società di pubbliche relazioni legata al suocero di Dominic Cummings, l’ideologo di Brexit.

Acquisto e “vaccini scadenti”

Molti paesi, nel caso dei membri dell’Unione europea anche attraverso una contrattazione collettiva, hanno cominciato a contrattare dosi di vaccino con le aziende farmaceutiche già durante le sperimentazioni, prima di sapere quindi come sarebbero andate. Londra ha puntato (quasi) tutto su quello realizzato in partnership con l’università di Oxford dall’azienda AstraZeneca.

In base alla casa produttrice, il prezzo di ogni dose contrattata varia all’incirca tra i tre e i trentacinque euro; ai poli opposti si trovano AstraZeneca, che vende a tre, e l’americana Pfizer, che offre il pacchetto con il richiamo sopra i trenta euro. Quando l’azienda Moderna, sempre statunitense, ha comunicato i risultati positivi delle sue sperimentazioni, Bingham, che fino ad allora l’aveva snobbata, in fretta e furia ha contrattato un acquisto di cinque milioni di dosi.

Negli scorsi giorni Jonathan Van-Tam, deputy chief medical officer, a nome della task force scientifica che supporta il governo ha ammesso senza troppi scrupoli che «dobbiamo prepararci a usare anche i vaccini scadenti»: insomma, si preparino, gli inglesi, all’idea che se non ci fosse disponibilità a sufficienza di quelli i cui test sono andati meglio, bisognerebbe usare gli altri. «L’importante è fare in fretta, provare a salvare vite».  

Frigoriferi e stadi aperti

Una volta avute le dosi, bisogna farle arrivare a destinazione. Nel caso dei vaccini Pfizer, per esempio, che devono essere mantenuti a temperature molto basse, l’Uk fa riferimento a uno stabilimento produttivo che si trova in Belgio, prevede l’uso di speciali scatole per il trasporto che mantengono meno 70 gradi, da caricare sugli aerei e poi in speciali camion con termosensori, che possano segnalare la necessità di altro ghiaccio.

Arrivate a destinazione, le dosi si mantengono nei frighi medici fino a cinque giorni, e poi vengono distribuite nei centri per la vaccinazione. Questa catena di distribuzione e logistica va preparata in anticipo, e infatti sui giornali britannici già si discute se ci siano abbastanza frigoriferi e spazi allestiti per fare le inezioni; anche perché in alcuni casi si tratta di un ciclo di due dosi, a tre settimane di distanza fra loro; dopo ogni iniezione il paziente va trattenuto per un quarto d’ora.

Il Regno Unito si prepara a predisporre luoghi d’eccezione dove fare le vaccinazioni: nella sola Inghilterra ci sono già circa mille e cinquecento centri per le immunizzazioni nelle varie comunità locali, che possono fare ciascuno fino a 500 dosi al giorno, ma il paese intende attivare per l’occasione anche gli stadi, le sale municipali, i centri per convegni; un totale di almeno 40 grandi spazi convertiti per il vaccino, ciascuno dei quali dovrebbe vaccinare almeno 2mila persone al dì. 

Allarme sanità 

Tra i primi a ricevere il vaccino ci saranno il personale sanitario, chi si trova nelle case di riposo, chi ha condizioni di salute per le quali è più rischio. Il punto è che per tenere in piedi la rete di vaccinazioni servono risorse umane, e nel Regno Unito si discute se questo servizio non rischi di comprometterne altri.

Già due settimane fa l’opinione pubblica veniva messa in guardia: i servizi di medicina generale potrebbero finire vittime di tagli proprio per rispondere alla nuova necessità. I medici di base saranno coinvolti nelle vaccinazioni, prestando servizio nei nuovi centri, e quindi di converso non potranno offrire le loro cure come al solito.

Il personale sanitario ha pure avvertito che se dottori e infermieri devono amministrare le dosi, in chirurgia ci sarà meno personale a disposizione, con l’effetto di ridurre le prestazioni. Per tamponare il problema, verranno assoldati per fare i vaccini pure gli studenti di scienze infermieristiche e medicina; l’esercito a sua volta si presterà all’aiuto.

L’ultima dell’Nhs, il servizio sanitario nazionale che sta sovrintendendo al piano, è l’intenzione di assoldare pure medici e infermieri già pensionati, fisioterapisti, e “unexperienced staff”, personale inesperto, come si legge in un documento.

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