Numero due di Bush jr, ha indirizzato l’interventismo Usa dopo l’11 settembre. La sua “seconda vita” come anti-trumpiano impegnato nell’impeachment
Dick Cheney, figura leggendaria del partito repubblicano americano, è morto all’età di 84 anni. Cheney attraversato una parte burrascosa del Novecento nei palazzi di Washington e poi ha avuto un ruolo decisivo nella fase oscura e complicata dopo l’11 settembre 2001, quando gli Stati Uniti hanno mosso due disastrose guerre che portavano la sua firma. È stato lui l’architetto della “guerra al terrore” e la mente dietro al carcere speciale di Guantanamo, nell’epoca in cui George W. Bush era una figura fantasmatica e lui era soprannominato Darth Vader.
Pietra tombale
Non mancando alla storia il senso dell’umorismo, Cheney è stato poi in gran parte riabilitato grazie al contrasto con l’indecorosa condotta di Donald Trump e ha sostenuto la figlia ed ex deputata, Liz, nella sua coraggiosa battaglia per l’impeachment del presidente dopo l’assalto di Capitol Hill, che è stata la pietra tombale sulla sua carriera politica. Ha definito Trump un «codardo» e «la più grande minaccia alla repubblica», e si è dedicato invano a contrastare il violento processo di trumpizzazione del suo vecchio partito. L’abbraccio con la leader democratica Nancy Pelosi nel giorno del primo anniversario del 6 gennaio è una scena che nemmeno il più creativo degli sceneggiatori avrebbe potuto immaginare. L’ultimo gesto pubblico del vecchio Cheney è stato abbandonare il partito repubblicano e dare il suo endorsement a Kamala Harris.
Le origini
Originario del Wyoming, Cheney ha iniziato la carriera politica come staffer nell’amministrazione Nixon, dove è stato notato dal rampante Donald Rumsfeld, che poi diventerà molte cose – fra cui il più giovane e il più vecchio segretario della Difesa – e sarà sempre il maestro di Cheney.
Il cosiddetto “massacro di Halloween” durante l’amministrazione Ford lo catapulta nel ruolo cruciale di capo di gabinetto del presidente, poi andrà alla Camera, sarà a sua volta segretario della Difesa e verrà poi reclutato da Bush figlio come vicepresidente. La leggenda dice che Cheney, che allora lavorava nel settore privato, è stato contattato per selezionare nomi per i vari membri dell’amministrazione; ha presentato a Bush un unico profilo per il ruolo di vicepresidente, il suo.
È stato un vicepresidente “imperiale”, per riprendere la definizione di Arthur Schlesinger Jr, e ha ridefinito in senso estensivo il ruolo vicepresidenziale, ottenendo da Bush ampie deleghe su dossier di politica estera e sicurezza che poi sono diventate ancora più vaste dopo gli attacchi alle Torri gemelle e al Pentagono con l’approvazione del Patriot Act e la concezione della guerra al terrore. Anche Joe Biden, nell’era di Obama, si è mosso nell’orma vasta stampata dal predecessore per invocare nuove prerogative vicepresidenziali.
Cheney è stato al centro delle campagne militari che hanno avuto come carburante ideologico la visione civilizzatrice dei neoconservatori, e ha usato il suo vasto potere per costruire le fragilissime giustificazioni all’intervento della coalizione in Iraq.
Il caso Scooter Libby
Una delle macchie indelebili di quel periodo è la condanna di Scooter Libby, il suo capo di gabinetto, che aveva svelato a una giornalista del New York Times il nome di una agente della Cia sotto copertura per vendicarsi del marito, che aveva denunciato l’inesistente uranio che la Casa Bianca accusava Saddam Hussein di avere acquistato per costruire le armi di distruzione di massa che non saranno mai trovate. Si aspettava che Bush usasse il suo potere di grazia per Libby, alla fine del suo secondo mandato, e il suo rifiuto ha scavato un fossato fra i due, mai del tutto colmato. Ci voleva Trump per farli ritrovare in sintonia, anche se – altra perfida svolta della storia – proprio l’attuale presidente è stato quello che infine ha dato la grazia al braccio destro di Cheney.
Non ha mai rinnegato le decisioni prese in quello snodo cruciale della storia. Ha detto che lui e gli altri responsabili della sicurezza nazionale hanno agito «seguendo le migliori informazioni d’intelligence disponibili al tempo» e ha definito «completamente false» le accuse di avere distorto, manipolato o fabbricato le prove per giustificare gli interventi militari.
Cheney ha avuto il primo infarto a 37 anni, durante la campagna elettorale per il Congresso, e l’ultimo pochi giorni dopo la vittoria senza fiato dopo il riconteggio dei voti in Florida, nel 2000. Nel 2012 ha avuto un trapianto di cuore, che è stato «il dono stesso della vita», come ha detto.
Non ha mai fatto mistero delle iniziali difficoltà nell’accettare l’orientamento della figlia minore, Mary, che negli anni delle scuole superiori ha detto alla famiglia che era gay. Lei è diventata un’attivista per la legalizzazione del matrimonio fra persone dello stesso sesso, e il padre da allora ha discretamente sostenuto la causa, anche in contrasto con la linea del suo partito.
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