Se la Finlandia dovesse diventare stato membro della Nato il bilancio delle spese di difesa resterebbe quasi invariato. Ieri il governo finlandese ha pubblicato un rapporto destinato al parlamento sui cambiamenti relativi alla sicurezza dopo l’invasione russa dell’Ucraina. «Il costo annuale aggiuntivo di un’eventuale adesione alla Nato, sarebbe di circa 1-1,5 per cento dell’attuale bilancio della difesa», si legge nel report, che ricorda come i paesi membri abbiano concordato di destinare almeno il 2 per cento del Pil per le spese di difesa.

Ciò «significherebbe», prosegue il governo, «mantenere il bilancio della difesa all’incirca al livello attuale». A ogni modo, resta in capo allo stato membro, spiega, scegliere l’ammontare del bilancio e la ripartizione dei fondi all’interno del bilancio stesso, una decisione che sarebbe negoziata durante i colloqui di adesione.

Il 13 aprile la prima ministra Sanna Marin ha annunciato che la Finlandia deciderà se candidarsi alla Nato «entro poche settimane», in una conferenza stampa con la sua omologa svedese, Magdalena Andersson, secondo cui invece il processo di decisione sull’adesione della Svezia verrà discusso con attenzione ma «senza fretta». 

«Ci sono diverse valutazioni sui pro e i contro del candidarsi o del non candidarsi a entrare nella Nato e dobbiamo analizzarle con molta attenzione. Ma penso che il nostro processo sarà abbastanza veloce», ha detto Marin.

Il rapporto sottolinea come la cooperazione tra la Finlandia e la Nato si sia intensificata nell’ultimo periodo: «l’importanza strategica dell’Europa del Nord è aumentata», si legge, così come sono aumentate le opportunità per la Finlandia di avere un’influenza sulla sicurezza, di migliorare la prevedibilità e la stabilità nella regione del mar Baltico.

La posizione strategica

L’ingresso del paese nella Nato espanderebbe in modo significativo l’area dell’Alleanza atlantica, raddoppierebbe il suo confine terrestre con la Russia e sposterebbe l’organizzazione più vicino alle aree importanti e strategiche russe, come la penisola di Kola o San Pietroburgo. La Finlandia, però, evidenzia il governo, «vorrebbe continuare a mantenere relazioni efficaci con la Russia», anche da stato membro. 

Per il governo, vista la posizione strategica del paese, il contributo più importante che questo potrebbe dare all’Alleanza atlantica sarebbe «la sua capacità di difendere il proprio territorio».

I vantaggi

L’ingresso nella Nato garantirebbe la difesa collettiva in caso di attacco, come assicura l’articolo 5 del Trattato nord atlantico: un attacco armato contro uno stato membro viene infatti considerato «un attacco diretto contro tutte le parti», legittimando l’intervento degli alleati. «L’effetto deterrente della difesa finlandese sarebbe notevolmente più forte di quello attuale», scrive il governo, «perché si baserebbe sulle capacità dell’intera alleanza». 

La capacità di deterrenza, data dall’adesione della Finlandia e della Svezia, poi aumenterebbe la stabilità nella regione a lungo termine. 

Le difficoltà

L’attenzione richiesta dalla prima ministra viene sottolineata anche nel rapporto: le tempistiche e la velocità del processo sono fondamentali, ma è importante che i paesi interessati ad aderire alla Nato portino avanti discussioni preliminari con gli stati membri. 

Mosca si era già espressa sulla possibilità di un allargamento della Nato, che avrebbe conseguenze politico militari e «richiederebbe alla Russia di ribilanciare la situazione». La Finlandia, quindi, deve prepararsi a un possibile «aumento delle tensioni sul confine».

Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitrij Medvedev, ha scritto su Telegram che «ci si può dimenticare dei Baltici non nucleari se Svezia e Finlandia si uniscono alla Nato», sottolineando che «la Russia rafforzerà i suoi confini occidentali», dato che il confine terrestre sarà più che raddoppiato.

Medvedev ha specificato che «sarà necessario rafforzare seriamente il gruppo di truppe di terra e il sistema di difesa aerea e schierare consistenti forze navali nel Golfo di Finlandia» e che «non si può più parlare dello status non nucleare dei Baltici» perché «l’equilibrio deve essere ripristinato». 

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