La possibile vittoria di Kemal Kılıçdaroğlu, lo sfidante di Erdogan alle presidenziali turche del 14 maggio, potrebbe aver suggerito l’ipotesi di una svolta filo occidentale in politica estera del paese della Mezzaluna sul Bosforo.

Con la sottointesa richiesta di rilanciare le relazioni per l’adesione alla Ue, oggi su un binario morto, o di eliminare i visti per i cittadini turchi che volessero entrare nell’area Schengen. Ma è davvero così? Il “Ghandi turco” sul fronte della politica estera non pare proprio un garante dell’occidente, ma piuttosto un protagonista regionale che guarda più a oriente e in particolare a Mosca, Damasco e Teheran.

Ünal Çeviköz, consigliere diplomatico di Kılıçdaroğlu, in una intervista concessa al canale televisivo russo Russia Today ha affermato che «verso la Russia non ci saranno cambiamenti di rilievo» in caso di vittoria del presidente del Chp, principale sfidante di Erdogan.

Non solo. Il diplomatico e consigliere del candidato alla presidenza ha evidenziato la necessità di «istituzionalizzare le relazioni tra i due paesi e non lasciarle solo ai rapporti personali tra i due presidenti». La Russia è il principale partner commerciale della Turchia, a cui ha fornito anche la prima centrale nucleare, e uno dei pochi paesi in cui i turisti russi possono ancora recarsi per godersi il sole sulle coste del Mediterraneo.

La Turchia, invece, non ha aderito alle sanzioni occidentali contro Mosca, fatto che sta fornendo opportunità di extra profitti alle società turche, prima fra tutti la Turkish Airlines che è diventata l’unica opzione perseguibile per chiunque voglia recarsi in Russia dall’Europa.

Crisi siriana

Un passo strategico, sempre secondo il consigliere diplomatico di Kılıçdaroğlu, è nell’immediato futuro in caso di vittoria del rappresentante dell’opposizione, «la volontà di riaprire il dialogo con il governo di Bashar al Assad, così da avviare il processo di stabilizzazione e di ricostruzione della Siria e facilitare il rientro di 4 milioni di profughi siriani oggi residenti in Turchia».

«Importante sarà anche lo sforzo della solidarietà internazionale della Ue e dell’Onu per la ricostruzione della Siria – ha proseguito Ünal Çeviköz – così da dare sostenibilità al piano che entro due anni dovrà vedere il rientro dei profughi siriani nel loro paese. Oggi ci sono 700mila bambini siriani nati in Turchia e qualche centinaio di migliaia di siriani che hanno la cittadinanza turca».

Secondo il consigliere diplomatico Kılıçdaroğlu vorrebbe favorire il rientro, con il loro assenso, dei rifugiati siriani tramite un negoziato con Assad e con l’assenso di Russia e Iran, sostenitori del regime di Damasco. Il Consigliere non ha escluso però «il ruolo dell’esercito turco in Siria se il confine fosse in pericolo per pressioni di gruppi terroristici».

Le accuse di interferenza

Kılıçdaroğlu ha detto alla Reuters che resterà fedele all’alleanza della Nato ma contemporaneamente ha accusato Mosca di interferenza nel voto turco e in particolare di aver prodotto e distribuito notizie false. Il riferimento indiretto è al video falso che ha portato al ritiro del candidato Muharrem Ince.

Va notato, però, che la scelta di Ince di ritirare la propria candidatura a pochi giorni dal voto ha favorito proprio Kılıçdaroğlu che incrementa le possibilità che la sfida possa chiudersi domenica senza secondo turno previsto il 28 maggio, decennale della rivolta giovanile e ambientalista di Gezi Park del 2013. Il Cremlino comunque ha respinto le accuse di Kilicdaroglu. «Ribadiamo – ha detto il portavoce Dmitri Peskov – che non interferiremo negli affari interni e nei processi elettorali di altri paesi».

E con gli Usa? Il rapporto con Washington di Kılıçdaroğlu è ambiguo e velato da un forte sentimento nazionalista di tipo kemalista, la dottrina del fondatore della Turchia moderna. Pur essendo stato due volte in visita negli Stati Uniti Kılıçdaroğlu non ha mai voluto dare troppa pubblicità all’evento per timore delle reazioni del suo elettorato nazionalista, molto ostile dai tempi dell’invasione americana dell’Iraq di Saddam Hussein agli Stati Uniti.

In quell’occasione la Turchia negò l’apertura di un secondo fronte terrestre alle forze americane. Di certo nel paese si respira una forte tensione al punto che la Uefa ha confermato che la finale di Champions League si svolgerà a Istanbul, il 10 giugno, smentendo Il tabloid Daily Mail che ipotizzava la possibilità di spostare a Lisbona la finale, preoccupati da possibili ricadute su Istanbul delle elezioni presidenziali turche, previste il 14 maggio e in seconda istanza il 28.

© Riproduzione riservata