Errori dell’Ia e pochi controlli: le ombre della corsa al nucleare

Mai così tante persone hanno visto un film non di fantascienza sullo scoppio della prossima guerra nucleare. A House of Dynamite, la pellicola uscita su Netflix di Kathryn Bigelow, sceneggiata da Noah Oppenheim – un ex giornalista – si avvia a cumulare 100 milioni di visualizzazioni, risultato eccezionale per un thriller politico. È l’effetto della guerra in Ucraina: la geopolitica ormai pane quotidiano per le masse fa riflettere. Il film immagina uno scenario in cui un missile nucleare, lanciato dal Pacifico, punta dritto su Chicago, cogliendo di sorpresa i vertici militari americani. Tempo stimato all’impatto: 19 minuti. La scena mostra il tracciamento del missile su grandi schermi in un bunker tecnologico; nella realtà è la sala comando dello Usstratcom (in Nebraska) che gestisce la “triade nucleare” degli Stati Uniti (missili, sottomarini, bombardieri). L’opzione del contrattacco è sul tavolo ma la decisione – prerogativa esclusiva del presidente (interpretato da Idris Elba) – è complicata da un’incognita: anche se i sospetti ricadono sulla Corea del Nord, manca la certezza. Paci “finte” e tensioni latenti, i conflitti che agitano il 2026 La pellicola si inserisce in un filone che non si vedeva dagli anni Ottanta, quando film come The Day After influenzarono persino le politiche di Ronald Reagan (Il dottor Stranamore di Stanley Kubrick è del 1964). Oggi, nel duro confronto tra Putin e la Nato, la visione della Bigelow assume una forte valenza politica. La precisione della ricostruzione è stata giudicata impeccabile e, per questo, ancor più terrificante. La regista si focalizza soprattutto su un punto: il fallimento del sistema di difesa antimissile che dovrebbe garantire l’incolumità all’America. Ed è proprio sulla fallibilità dello scudo spaziale che si è accesa una disputa che ha varcato i confini della critica cinematografica per approdare al Pentagono. Trump lancia la Missione Genesis. Le mani di Big Tech sui dati federali Traiettorie di missili Raramente il dipartimento della Guerra americano sente il bisogno di intervenire per correggere Hollywood. Eppure, i portavoce militari si sono affrettati a definire «irrealistici e dannosi» gli scenari descritti dalla Bigelow. Nel film, i sofisticati intercettori lanciati dalle basi in Alaska e California mancano il bersaglio, lasciando il continente esposto all’apocalisse. Per il Pentagono, è una distorsione pericolosa che rischia di minare la fiducia dei cittadini e, cosa ancor più grave, di inviare un messaggio di debolezza agli avversari geopolitici. La narrativa ufficiale è che lo scudo funziona, la tecnologia è solida e l’America una fortezza inespugnabile. Ma è così? Il sistema al centro delle polemiche è il Ground-Based Midcourse Defense, progettato per intercettare le testate nemiche a metà della traiettoria. La metafora usata dai tecnici è quella di colpire un proiettile con un altro proiettile: impresa quasi impossibile. In condizioni controllate, e semplificate rispetto a uno scenario di guerra reale, il tasso di successo degli intercettori fatica a raggiungere percentuali rassicuranti. Se nel film il fallimento dei sistemi difensivi viene attribuito a una drammatica sequenza di errori, nella realtà gli esperti suggeriscono che la Bigelow potrebbe essere stata addirittura generosa. Il mondo senza diritti disegnato dagli Stati immorali d’America A House of Dynamite parla sia dell’hardware militare che del software – come dire? – umano, ovvero la catena di comando nucleare. Qui il film ricostruisce alla perfezione quanto potrebbe accadere se la Russia o la Corea del Nord di Kim Jong-un lanciassero un attacco atomico. Nella realtà, a Fort Greely, in Alaska, si trova il cuore pulsante dello scudo: vi sono stoccati la stragrande maggioranza dei missili intercettori (attualmente circa 40 di 44 totali operativi). La base di Fort Greely aspetta ordini, i generali aspettano ordini. Il film mostra il presidente nella sua limousine, con accanto l’ufficiale della Marina che ha la custodia della mitica valigetta (in gergo football), un uomo di buon senso costretto a prendere decisioni che annienteranno milioni di vite, senza alcun controllo esterno. Molti spettatori sono rimasti sorpresi, credendo che esista una sorta di procedura di verifica, una doppia chiave in mano a generali o al Congresso. La realtà è che l’autorità presidenziale in materia nucleare è assoluta e monarchica. Il presidente maneggia un kit con tre schede in cui è descritto il numero potenziale di vittime che la sua decisione provocherà, in scala crescente di decine di milioni. La solitudine del potere incarnata da Elba, il peso schiacciante di dover decidere il destino della specie umana basandosi su informazioni parziali, riflette l’architettura di un sistema disegnato durante la Guerra fredda per garantire una risposta rapida, certamente non la più saggia. Nel film, la Casa Bianca rimane all’oscuro dell’origine dell’attacco, creando un clima di paranoia in cui ogni nazione rivale diventa il possibile nemico. Nella realtà, la rete di satelliti a infrarossi che orbita intorno al pianeta è in grado di rilevare il calore del booster di un missile balistico pochi secondi dopo il lancio. Il sistema di allerta precoce calcolerebbe la traiettoria e il punto di origine quasi all’istante. I mille fronti di Israele. «Scoppierà un nuovo conflitto con l’Iran» Fragilità globale L’ambiguità su chi stia attaccando, che la Bigelow usa per mostrare la fragilità psicologica della leadership e il rischio di colpire il bersaglio sbagliato per rappresaglia, è forse l’unica vera licenza filmica. Ma serve a uno scopo narrativo preciso: spostare l’attenzione sulla fallibilità del giudizio umano sotto stress estremo. Ed eccoci alla domanda che A House of Dynamite lascia, in tutti quelli che l’hanno visto: quanto siamo vicini a un confronto nucleare “vero”? Non esiste un contatore oggettivo, ma ci sono segnali. Il primo viene dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), l'istituto indipendente con sede in Svezia dedicato alla ricerca e all’analisi globale di conflitti, armamenti, spesa militare e disarmo. Sipri parla di una nuova corsa nucleare, con programmi di modernizzazione diffusi e regimi di controllo indeboliti. Nell’ultima stima del 2025, il totale resta nell’ordine delle dodicimila testate atomiche di cui circa 2.100 sono pronte ad essere lanciate nel giro di pochi minuti (il 95% di Usa e Russia). E il Doomsday Clock del Bulletin of the Atomic Scientists è stato portato a 89 secondi dalla “mezzanotte”, cioè dall’Armageddon di un conflitto nucleare globale. Proprio per ricordare che la combinazione di crisi geopolitiche sul campo e guerra in mano all’intelligenza artificiale aumenta in modo esponenziale le chance di errori. Il secondo segnale è politico: le regole scricchiolano. Il New Start – ultimo grande accordo bilaterale che limita le forze strategiche di Washington e Mosca – scade il 5 febbraio 2026. La Russia ha comunicato all’Onu la disponibilità a continuare per un anno a rispettare i limiti numerici e ha detto di attendere una risposta da Washington. Intanto, come nota Arms Control Association, dopo l’interruzione nel 2023 sono venuti meno scambi regolari di dati e notifiche. Mosca e il suo zar hanno perso anche se vincono Il terzo segnale è la parola “test”, di nuovo nel vocabolario della Casa Bianca. Il 30 ottobre 2025 Donald Trump ha annunciato l’intenzione di riprendere i test nucleari interrotti dal 1992. Ma riaprire la porta ai test sarebbe destabilizzante per le norme di non proliferazione e comporterebbe un’ulteriore escalation da parte delle altre potenze nucleari, soprattutto Federazione russa e Cina, senza contare le nazioni oggi non nucleari che aspirano ad esserlo. Le principali sono Iran (sulla soglia tecnologica), Arabia Saudita (che ha promesso di dotarsene se lo farà Teheran), Corea del Sud e Giappone (che possiedono la tecnologia e il materiale fissile, spinti dalla minaccia nordcoreana e dai dubbi sulla protezione Usa), e in misura minore la Turchia. La Terza guerra mondiale è quindi così vicina come in questo film? Trasformare l’ansia in profezia è il modo più rapido per smettere di ragionare. Ma che il maggior numero di persone sia consapevole di tali scenari, grazie a A House of Dynamite, è cosa buona e giusta.