Le Nazioni unite (Onu) hanno annunciato di avere raggiunto un accordo con il governo etiope per l’invio di aiuti nella regione del Tigray teatro dello scontro in atto tra le forze locali e l’esercito federale. La regione è abitata da sei milioni di persone. Secondo l’Onu, la guerra sta causando la fuga di 200mila profughi nel vicino stato del Sudan. Una situazione destinata a creare una vera e propria crisi umanitaria nelle zone interessate dalle migrazioni.

Sabato il premier, Abiy Ahmed, aveva dichiarato la vittoria del governo centrale dopo che l’esercito aveva conquistato la capitale del Tigray, Macallè. I combattimenti non si sono però fermati e il leader del forze ribelli ha chiesto ad Ahmed di fermare «questa follia» e di ritrare le sue truppe dalla regione.

Il background della guerra

La guerra è iniziata il 4 novembre dopo che il governo centrale ha accusato il partito che governa il Tigray di avere compiuto un attacco contro una base dell’esercito federale. Il Fronte per la liberazione del Tigray (Tplf) è stato al governo del paese prima della vittoria di Ahmed ed è da sempre critico nei confronti dell’operato del governo. A settembre il premier aveva definito le elezioni svolte nella regione «illegali» perché avvenute nonostante il divieto da parte del governo di tenere consultazioni elettorali a causa della pandemia in corso. La guerra ha inoltre avuto risvolti internazionali: l’esercito federale ha accusato il direttore dell’Organizzazione mondiale per la sanità, Tedros Adhanom, di stare aiutando i ribelli. Adhanom è stato ministro della Salute durante il governo del Tplf.

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