In Gabon è stato nominato presidente della transizione il capo dei golpisti, il generale Brice Oliqui Nguema. Dalla sua residenza, dove è stato confinato dai militari, il presidente destituito Ali Bongo Ondimba ha pubblicato un video in cui esorta il mondo «a fare rumore» per porre fine al caos nel paese e ridargli il potere.

Secondo l’ambasciatore italiano in Gabon, Gabriele Di Muzio, i due milioni di abitanti hanno accolto con favore la deposizione di Ali Bongo perché stanchi dell’affare di famiglia in cui si era trasformato il governo dello stato da oltre 50 anni.

Inoltre, secondo il diplomatico, la popolazione aveva avvertito un rischio brogli concreto durante le ultime elezioni, anche a causa del blocco di internet. Di Muzio sostiene che «i militari hanno evitato una guerra civile sanguinosa che sarebbe seguita alle elezioni».

L’ex madrepatria

Così la Francia perde un altro stato della sua galassia in Africa. Se un mese fa si trattava del Niger, questa volta è il turno del Gabon. Ma questo golpe è diverso dagli altri. Più che sul sentimento antioccidentale – e nello specifico antifrancese – la rivolta ha come bersaglio una classe dirigente corrotta e al potere da oltre 50 anni.

Infatti i militari gabonesi non hanno ancora comunicato se vorranno ritirarsi o meno dagli accordi economici e di difesa firmati con l’ex madrepatria. A differenza di quanto vale per il Niger, la Francia ha ormai interessi limitati in Gabon, perché l’uranio è praticamente esaurito e nell’agro-industria Parigi è stata sorpassata dagli investimenti asiatici. Ecco anche perché la reazione al golpe nigerino è stata più dura e ha contemplato anche un possibile intervento militare.

Reazioni internazionali

La premier francese Élisabeth Borne ha comunque avvertito che Parigi «sta monitorando la situazione» e ha condannato «il colpo di stato». A seguire anche la Germania ha stigmatizzato il golpe, sostenendo che «anche se ci sono critiche sulla trasparenza delle elezioni, non spetta ai militari intervenire con la forza».

Più moderato è stato invece Josep Borrell, capo della diplomazia dell’Unione europea, che pur «non considerando i colpi di stato militari la soluzione», ha aggiunto che «non si deve dimenticare che in Gabon le elezioni sono state piene di irregolarità».

Le critiche a Macron 

Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise ha accusato il presidente francese, Emmanuel Macron, di aver «sostenuto fino all’insopportabile» la dinastia dei Bongo: non  a caso la prima tappa del viaggio africano del presidente nel marzo scorso era stata proprio il Gabon.

Sull’altro fronte, invece, Marine Le Pen ha chiesto chiarimenti sulla «dottrina della Francia nelle relazioni con il Gabon» e sulla «coerenza della politica africana». Il presidente francese ha rifiutato ogni critica, affermando di non aver ceduto al «paternalismo» e negando l’evidenza di una «debolezza della Francia in Africa».

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