A Gaza dopo i raid è tutti contro tutti: «Hamas non sa come trovare i corpi»

Dalle 10 di mercoledì mattina a Gaza è stato ristabilito il cessate il fuoco, ma i bombardamenti della notte tra martedì e mercoledì hanno fatto tremare tutta la Striscia. L’Idf sostiene di aver colpito 30 terroristi a capo delle varie fazioni di Hamas, ma sicuramente non i membri della squadra di ricerca, cioè i veri responsabili della rappresaglia israeliana. Dopo la messinscena del ritrovamento di un corpo che in realtà era già stato riconsegnato e identificato in Ofir Tzarfati, la tensione tra i gruppi che stanno cercando i cadaveri israeliani è altissima. «Sono tutti molto arrabbiati - ci dice una fonte sul campo - perché la farsa del ritrovamento è stata progettata da Hamas per ingannare soprattutto la Croce Rossa, non tanto Israele». I jihadisti, secondo i racconti, sarebbero in difficoltà e starebbero, dunque, architettando questi espedienti perché non sanno come uscirne. «Non è vero quello che pensano le famiglie degli ostaggi e cioè che stanno tentennando - spiega uno dei cercatori egiziani - davvero non sanno dove sono i corpi. Ecco perché hanno pensato di voler fare bella figura e dare un contentino alla Croce Rossa». Il nuovo rapporto di Albanese. «Genocidio, colpa collettiva» Le mappe dei miliziani A sua volta è in difficoltà anche il team egiziano, perché deve affidarsi alle mappe di Hamas e non ha libertà di movimento sul territorio e poi c’è frustrazione per un impegno che sembra difficile portare a compimento. «Sia io che i miei colleghi sentiamo addosso una responsabilità molto forte - ammette ancora il cercatore egiziano - come se dipendessero da noi l’esito della trattativa e la tenuta stessa del cessate il fuoco». Intanto, dopo i raid di martedì notte, Hamas ha confermato che, in caso di ritrovamenti, organizzerà immediatamente il rientro delle spoglie. Tutto sta a ritrovare davvero qualcuno o qualcosa. Le squadre di soccorso sono tornate al lavoro pattugliando i quartieri di Gaza City e alcune zone di Khan Yunis, ma ci vuole tempo. «Gli escavatori sono pochi - spiega il giornalista Hassan Isdodi - e non tutti sono in grado di rimuovere macerie così grandi. Quindi spostano il macchinario di qua e di là. Alcuni uomini - dice ancora il giornalista - li abbiamo visti scavare con le mani, con i guanti e gli occhialini, però è un lavoro faticoso». Nelle aree di ricerca, tutte le macerie sollevate per rintracciare i corpi vengono buttate nel centro della strada o di lato, se c’è uno spazio vuoto. Spesso, vengono tirati fuori altri corpi putrefatti o oggetti personali, pezzi di una vita cancellata. Alcuni vengono messi da parte, con l’idea di creare un piccolo magazzino degli oggetti preziosi, ma la maggior parte viene buttata via e sotterrata ancora una volta. Anche la Croce Rossa pare sia furiosa con Hamas per il teatrino inscenato e sembra che abbia girato le sue rimostranze ai mediatori al tavolo con gli altri intermediari statunitensi, qatarioti e turchi. È per questo che Donald Trump – è quel che si dice a Gaza - ha immediatamente fermato l’attacco israeliano: perché è a conoscenza della reale situazione sul campo. È per questo, dicono le fonti, che, se non fosse stato per l’attacco della jihad islamica alle truppe dell’Idf a Rafah, probabilmente anche l’ultimo bombardamento sarebbe stato solo minacciato. Il capo della Casa Bianca non vuole che niente metta a rischio il suo piano di pace e, dopo aver fermato i raid, ha incalzato ancora Hamas. «Se i militanti non si comportano bene, saranno distrutti», ha ripetuto Trump. Nuovi raid israeliani su Rafah e su Gaza. Ostaggi, Tel Aviv a Hamas: «Ci inganna» Tutti contro tutti Intanto, le squadre della Cri sono impegnate sul posto e devono far buon viso a cattivo gioco. «C’è un clima di tutti contro tutti - ci dice ancora la fonte di Gaza - e nessuno si fida davvero degli altri. Nemmeno di Hamas stesso, perché ci sono molte anime nel movimento». Una delle voci che circola in queste ore, per esempio, è che una parte dei miliziani stia nascondendo agli altri la posizione dei corpi per trascinare la fase uno del piano Trump e rinviare quanto più possibile la questione del disarmo. «Ma è pura dietrologia - afferma Isdodi - nessuno sa davvero cosa stia succedendo». Arrabbiati e tesi, poi, sono gli stessi gazawi che hanno subìto gli ultimi raid e ora temono che Hamas possa mandare all’aria tutto. Il gradimento dei miliziani, ex governanti della Striscia, è ancora pari a zero, ma iniziava a serpeggiare tra la gente un vago senso di fiducia che questa volta le cose potessero andare per il verso giusto. E invece no, perché sanno tutti dei corpi spariti, così come sanno che il gruppo non ha nessuna strategia. «Come potevano pensare di farla franca?», si chiede il cercatore egiziano riferendosi ancora al falso ritrovamento del corpo. «È ovvio che Israele monitori ogni mossa che facciamo, sembra proprio una mossa goffa e dettata dal nervosismo». Perché Israele vuole assolutamente tutti i restanti corpi, o quel po’ che ne resta. Netanyahu è stretto nella morsa tra i falchi del governo, il Forum degli ostaggi e delle famiglie e Trump. E non sembra avere molto margine di manovra. La trattativa è in mano agli americani che, a un certo punto, potrebbero decidere di procedere con la fase due e con la creazione del Board of Peace a prescindere dal resto. Che l’amico Bibi sia d’accordo oppure no.