Dopo sette mesi di aspri combattimenti a Gaza, uno scambio di missili e droni tra Iran e Israele, gli attacchi dallo Yemen degli Houthi alle navi occidentali e lo scambio di colpi di artiglieria di Hezbollah dal Libano meridionale, qualcosa si muove nei negoziati per il raggiungimento di una tregua nella Striscia e il rilascio degli ostaggi.

«Ci sono progressi significativi nei negoziati» tra Hamas e Israele sulla proposta di cessate il fuoco e liberazione degli ostaggi a Gaza: lo ha riportato per prima l'emittente egiziana Al Qahera News, che cita una fonte anonima. I mediatori egiziani hanno «raggiunto una formula concordata sulla maggior parte dei punti controversi», ha aggiunto. Al Cairo è giunto anche il capo della Cia, Bill Burns, per favorire il superamento delle fasi critiche del negoziato secondo i dettami enunciati dal presidente americano, Joe Biden che vuole arrivare alla liberazione degli ostaggi ad ogni costo.

Alti funzionari israeliani riferiscono che secondo le prime indicazioni Hamas accetterà di portare a termine la prima fase dell'accordo - il rilascio umanitario di ostaggi - senza un impegno ufficiale da parte di Israele a porre fine alla guerra. Lo rende noto su X il giornalista Barak Ravid di Axios. Se così fosse sarebbe una svolta significativa tra due parti che finora hanno proclamato la volontà di distruzione l’uno dell’altro.

«Stiamo aspettando con ansia di vedere la posizione finale di Hamas. Le informazioni non sono ancora arrivate», ha detto una fonte israeliana citata dal quotidiano israeliano Haaretz aggiungendo che «alla luce dell'esperienze passate, anche se Hamas dice che sta seguendo lo schema, i piccoli dettagli e le riserve che presenterà potrebbero far dissolvere l'accordo».

Le parole di Blinken

«Hamas è l'unico ostacolo al cessate il fuoco a Gaza", aveva detto l’altro giorno nel corso del suo ultimo viaggio in Medio Oriente il segretario di Stato americano, Antony Blinken, mentre i militanti si preparano a inviare una delegazione al Cairo per i colloqui. «Aspettiamo di vedere se, in effetti, accetteranno un sì per una risposta al cessate il fuoco e al rilascio degli ostaggi», ha sottolineato Blinken. «La realtà in questo momento è che l'unica cosa che si frappone tra il popolo di Gaza e un cessate il fuoco è Hamas».

«Un attacco israeliano a Rafah causerebbe danni oltre l'accettabile», ha avvertito il Segretario di Stato americano. Secondo Blinken, Israele non ha presentato alcun piano per proteggere i civili durante questo possibile attacco.

«In assenza di un tale piano, non possiamo sostenere un'operazione militare su larga scala a Rafah, perché il danno che causerebbe sarebbe oltre ciò che è accettabile», ha detto durante il Forum del McCain Institute a Sedona, in Arizona, la terra dell’ex senatore e candidato repubblicano alla presidenza nel 2008, John McCain, nonché fiero oppositore delle politiche isolazionistiche di Donald Trump. A Rafah, città nel sud della Striscia di Gaza, sono ammassati più di un milione di palestinesi sfollati a causa della guerra.

Intanto è salito a sei il numero dei palestinesi uccisi in pesanti scontri armati vicino Tulkarem, in Cisgiordania. Sul posto l'Idf e le forze di polizia hanno operato per oltre 13 ore nel villaggio di Deir al Ghusun vicino a Tulkarem, circondando - hanno detto media israeliani - una casa «dove si nascondevano i terroristi fino ad attaccarla e distruggerla».

Richiesta Usa al Qatar

Il Qatar è pronto ad accettare la richiesta degli Usa di espellere da Doha la leadership di Hamas, tra cui Ismail Haniyeh. Lo ha detto al Times of Israel una fonte a conoscenza del dossier. Secondo il Washinton Post il segretario di Stato Usa, Blinken, lo scorso mese ha consegnato la richiesta di "espellere" i leader di Hamas dal Paese se continuano a rifiutare l'accordo per il cessate il fuoco a Gaza. Blinken - secondo il quotidiano - ha consegnato questo messaggio al primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani il mese scorso.

Il Wp ha anche riferito che il Qatar aspettava da mesi la richiesta Usa.

Se la dirigenza di Hamas venisse espulsa dal Qatar potrebbe trovare ospitalità in Turchia, paese Nato ma che ha chiuso i rapporti commerciali con Israele, o in Siria, paese con una forte presenza di pasdaran iraniani e basi militari russe, mentre altri analisti parlano a sorpresa della Giordania, paese dichiaratamente schierato a favore degli Stati Uniti.

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