A quasi quattro mesi dall’inizio dell’operazione militare israeliana su Gaza e con le trattative per una tregua ancora lontane, l’esercito si avvia a intensificare i raid aerei nel sud della Striscia vicino al valico di Rafah. L’intenzione è creare una zona cuscinetto militare vicino al confine con l’Egitto.

Una nuova fase della guerra che preoccupa le Nazioni unite visto che a sud si sono rifugiate circa due milioni di persone dopo gli ordini di evacuazione di Tel Aviv, che a inizio dell’offensiva ha ordinato l’evacuazione dal nord di Gaza. Negli ultimi giorni, altre migliaia di persone hanno raggiunto Rafah visto l’intensificarsi dei combattimenti a Khan Yunis, considerata la roccaforte di Hamas. «Rafah è una pentola a pressione della disperazione e temiamo cosa possa accadere», ha detto il portavoce dell’Ufficio Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha). «Ci rimarranno due scelte: restare e morire o scalare le mura dell’Egitto», ha detto uno sfollato palestinese intervistato dalla Reuters.

La lettera

Oltre 800 tra diplomatici e funzionari americani ed europei hanno sottoscritto un documento “transatlantico” in cui accusano Israele di «gravi violazioni del diritto internazionale» nella risposta militare nella Striscia di Gaza all’attacco di Hamas del 7 ottobre. I funzionari chiedono ai loro governi una reazione più decisa. Altrimenti, riporta la Bbc che ha ottenuto il testo, c’è «il rischio di rendersi complici di una delle più gravi catastrofi umanitarie del secolo»: fino, potenzialmente, a scenari di «pulizia etnica e genocidio». Il documento è firmato da funzionari in servizio per conto del governo degli Stati Uniti e di quelli di undici paesi europei, fra cui la Bbc cita il Regno Unito, la Germania e la Francia. Il documento è stato illustrato all’emittente britannica da un funzionario americano con «oltre 25 anni di esperienza» nei ranghi dei servizi di sicurezza nazionale.

Protetto dall’anonimato, il funzionario ha denunciato «il continuo rifiuto» dei vertici degli Stati interessati di raccogliere questi allarmi lanciati da «voci che conoscono la regione (mediorientale) e le sue dinamiche». «Qui la realtà», ha detto la fonte della Bbc, «è che non stiamo solo mancando di prevenire qualcosa, stiamo diventando attivamente complici». Nel testo si accusa Israele di «non avere limiti» nelle sue operazioni militari a Gaza: operazioni che hanno già provocato «migliaia di morti civili evitabili» e che, tramite «il blocco deliberato degli aiuti», sta «mettendo migliaia di civili di fronte al rischio di una lenta morte per fame». I firmatari evocano pure, a carico delle politiche dei rispettivi governi, «il rischio plausibile di contribuire» a «gravi violazioni del diritto internazionale, del diritto di guerra e perfino a pulizia etnica o genocidio».

Colloquio Austin-Gallant

Il capo del Pentagono, Lloyd Austin, e il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, hanno avuto un colloquio telefonico per discutere dell’andamento dell’operazione militare su Gaza, che si concentrerà nel sud vicino a Rafah. Austin ha anche insistito sull’importanza di garantire assistenza umanitaria senza interruzione nella Striscia e si è detto preoccupato degli attacchi contro le truppe americane presenti nell’area. L’ultimo attacco, compiuto da milizie filoiraniane, ha portato all’uccisione di tre soldati statunitensi che si trovavano in funzione in Giordania. Nelle prossime ore le loro salme arriveranno a Washington dove si terrà una cerimonia funebre alla presenza del presidente democratico Joe Biden.

L’esercito siriano ha affermato di aver abbattuto numerosi missili israeliani lanciati dalle alture di Golan diretti verso il sud della capitale Damasco. A riferirlo è l’agenzia di stampa statale Sana citando una fonte militare. Secondo fonti di stampa nell’attacco sarebbe stato ucciso un funzionario dei pasdaran iraniani.

Non è l’unico attacco di ieri nella regione. La coalizione militare guidata da Stati Uniti e Regno Unito ha condotto altri quattro attacchi nell’area nordoccidentale dello Yemen, colpendo il campo militare di Ansar Allah nella zona di Al-Jar, il distretto di Abbas e la provincia costiera di Hajjah sul mar Rosso.

I negoziati

Una fonte vicina ad Hamas ha detto all’Afp che «non c’è ancora intesa sulla struttura» della proposta di tregua che è stata pensata a Parigi dai funzionari del Qatar. La proposta prevede il rilascio di tutti gli ostaggi in più fasi distinte in cambio della liberazione di migliaia di palestinesi finiti nelle carceri israeliane. Inoltre, getta le basi per un governo militare su Gaza post conflitto e prevede il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia. Ma Gallant ha specificato ieri che la tregua non si applicherebbe al fronte nord con Hezbollah. «Fino a quando non raggiungeremo una situazione in cui è possibile ripristinare la sicurezza per i residenti del nord, noi non ci fermeremo», ha detto.

La proposta era stata anche bocciata da Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza nazionale del governo di Benjamin Netanyahu. Secondo Ben-Gvir firmare l’accordo equivale a far sciogliere l’esecutivo. In serata i leader di Hamas e della Jihad islamica palestinese hanno avuto dei colloqui telefonici per discutere della proposta.

© Riproduzione riservata