Israele è sempre più nell’angolo e vuole confutare l’accusa di genocidio presso la Corte dell’Aja che dovrebbe dare una prima risposta alle richieste sottoposte dal Sudafrica, il 26 gennaio alle 13 ora italiana, declassificando le decisioni del governo di Benjamin Netanyahu per provare che Israele ha fatto tutto il possibile per evitare morti tra i civili della Striscia di Gaza. «Ci aspettiamo che la Corte respinga le false accuse» del Sudafrica, ha detto il portavoce del governo Eylon Levi. Tra le richieste del Sudafrica c’è quella che la Corte ingiunga ad Israele di fermare le ostilità nella Striscia. In caso di condanna Israele si troverebbe in una posizione molto difficile.

Ma almeno 20 persone sono morte e 150 sono rimaste ferite nell’ultimo attacco israeliano sulla folla riunita a Gaza City in attesa di cibo. È quanto ha riferito dal ministero della Salute di Gaza controllato da Hamas, secondo il quale decine di feriti versano in gravi condizioni e sono stati trasferiti all’ospedale Shifa, già in carenza di medicine e attrezzature. L’esercito israeliano ha detto che sta esaminando le accuse secondo cui le sue forze avrebbero aperto il fuoco sulla folla di palestinesi in coda per chiedere assistenza e aiuti alimentari. Un portavoce del ministero della Sanità ha detto che è stato effettuato un attacco alle «bocche affamate». Ma quello a Gaza City, non è stato l’unico attacco.

La Casa Bianca ha condannato il bombardamento di un centro delle Nazioni Unite nel sud di Gaza, ribadendo la sua posizione secondo cui Israele ha la «responsabilità di proteggere i civili» mentre prosegue la sua guerra contro Hamas. Il direttore dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) di Gaza ha dichiarato che due proiettili di carro armato hanno colpito un edificio che ospitava 800 persone nella città di Khan Yunis, provocando la morte di 9 persone e il ferimento di altre 75.

«Siamo gravemente preoccupati per le notizie di attacchi che hanno colpito una struttura dell’Unrwa – con successive segnalazioni di incendi nell’edificio – in un quartiere nel sud di Gaza dove, secondo quanto riferito, si erano rifugiati più di 30.000 sfollati palestinesi», ha detto in un comunicato Adrienne Watson, portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca. Secondo il Wall Street Journal, da quando è iniziata l’offensiva militare, Israele avrebbe ridotto le forze di Hamas per il 20-30 per cento. Inoltre, secondo quanto affermato dal ministro israeliano della Difesa Yoav Gallant negli ultimi giorni sono stati catturati cento combattenti di Hamas.

Scontro tra Israele e Qatar

Come se non bastasse si è inasprito lo scontro diplomatico tra Israele e Qatar, dopo che il ministro delle Finanze israeliano di estrema destra Bezalel Smotrich, ha additato l’emirato, un negoziatore importante nella crisi, di essere responsabile dell’attacco di Hamas del 7 ottobre.

L’emittente israeliana Channel 12 ha pubblicato un audio di Netanyahu che, mentre parlava con le famiglie degli ostaggi, definiva il Qatar più «problematico» delle Nazioni unite e della Croce Rossa. Il Qatar si è detto «sconvolto» dalle parole attribuite a Netanyahu, definendole «irresponsabili e distruttive per gli sforzi volti a salvare vite innocenti», come ha scritto su X il portavoce del ministero degli Esteri, Majed Al Ansari.

Ad alimentare la polemica ci ha pensato Smotrich che in un post su X ha definito l’emirato «sostenitore e finanziatore del terrorismo, patrono di Hamas e in gran parte responsabile del massacro di cittadini israeliani». Smotrich, che vuole mettere all’angolo il Qatar, ha accusato i governi occidentali di essere «ipocriti» nel mantenere stretti rapporti con Doha: «L’Occidente può e deve esercitare un’influenza su di esso e ottenere immediatamente il rilascio degli ostaggi», ha aggiunto. «Una cosa è certa: il Qatar non sarà affatto coinvolto in quanto accadrà a Gaza dopo la guerra».

Doha e Il Cairo si sono mossi come mediatori nel conflitto e a novembre, hanno contribuito a mediare una tregua di una settimana per permettere il rilascio di 105 ostaggi in cambio di prigionieri palestinesi. A livello diplomatico si è mosso anche il Libano, che si è detto ad aprire i negoziati con Israele per definire il confine tra i due stati. Sul dopoguerra Hamas ha invece diffuso un documento in sette lingue in cui chiede una riorganizzazione dell’Anp. Bassem Naim, alto responsabile del gruppo che controlla Gaza, ha detto all’Afp che «nessun partito che voglia trovare una soluzione a questo conflitto può ignorare Hamas».

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha incontrato il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, a Ramallah nel corso del suo tour mediorientale. «L’Italia è protagonista di pace a Gaza. Soluzione a due Stati unica possibile, Hamas non è la Palestina. Lavoriamo con l’Autorità palestinese per rafforzarne istituzioni e per fornire supporto alla popolazione civile», ha scritto il capo della Farnesina su X. Durante la sua visita, Tajani ha incontrato anche i famigliari degli ostaggi presi da Hamas.

Torna in campo il capo della Cia

Le accuse di Smotrich sono arrivate mentre l’inviato per il Medio Oriente del presidente americano Joe Biden, Brett McGurk, era nella regione per colloqui volti a mediare un nuovo accordo per liberare gli ostaggi restante in cambio di una pausa nei combattimenti. Ma non è l’unica carta giocata da Biden che intende utilizzare il direttore della Cia William Burns per realizzare un ambizioso accordo fra Hamas e Israele che includerebbe il rilascio di tutti i restanti ostaggi e due mesi di cessate il fuoco, la più lunga pausa delle ostilità da quando è iniziata la guerra a Gaza. 

Lo riporta il Washington Post citando alcune fonti, secondo le quali Burns nei prossimi giorni andrà in Europa per incontrare i capi dell’intelligence israeliano e egiziano e il primo ministro del Qatar. Il problema è convincere Netanyahu che non sembra sentire ragioni e voglia giocare la carta di attendere il nuovo inquilino della Casa Bianca.

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