I residenti della Striscia di Gaza hanno descritto i bombardamenti israeliani nella notte tra domenica e lunedì come i peggiori dall’inizio della guerra. «La scorsa notte non può essere descritta a parole», ha riferito uno dei residenti ad Al Jazeera. Lunedì il ministero della Sanità di Gaza ha riferito che almeno 436 persone sono state uccise negli attacchi aerei israeliani «nelle ultime ventiquattro ore», tra cui 182 bambini. E la situazione sembra debba peggiorare: il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, aveva detto sabato che Israele avrebbe «aumentato gli attacchi su tutto il territorio in vista della nuova fase della guerra», ossia in vista della pre-annunciata irruzione di terra. E infatti ieri Israele ha ordinato ai residenti di Gaza City del quartiere di al Nasr e del campo profughi di al-Shati di evacuare, perché gli attacchi si intensificheranno in quelle zone. Nei giorni scorsi, inoltre, l’esercito israeliano aveva per lo stesso motivo, intimato ai cittadini nel nord della Striscia di dirigersi a sud. Nonostante ciò sono proprio le località a sud di Gaza a essere le più colpite dai bombardamenti, specialmente la città di Rafah, dove solo nella giornata di ieri si contano almeno 47 vittime.

Hamas ha anche detto che in poco più di due settimane di guerra il bilancio dei morti palestinesi ha superato le 5mila unità, di cui oltre duemila bambini, mentre si contano più di quindicimila feriti. Dalla parte israeliana invece i morti dal sette ottobre sono stati oltre 1400, di cui 364 tra forze di polizia e soldati. Le aggressioni israeliane non si limitano alla Striscia. Tra domenica notte e lunedì mattina sono stati arrestati 123 palestinesi in Cisgiordania, di cui 40 sono lavoratori di Gaza. Israele ha affermato che tra questi ci sarebbero «37 membri di Hamas». Israele ha anche colpito alcuni obiettivi di Hezbollah in Libano.

Invasione di terra

Il governo israeliano aveva manifestato poco dopo l’attacco di Hamas l’intenzione di invadere Gaza da terra, ma salvo qualche limitata incursione questo non è ancora successo. Se da un lato i comandanti dell’esercito fanno spesso riferimento ai preparativi per l’assalto, dall’altro funzionari statunitensi hanno affermato di aver consigliato a Israele di ritardare l’invasione, così da guadagnare tempo per i negoziati per il rilascio degli ostaggi. La notizia era stata riportata domenica dalla Cnn, ma una fonte diplomatica israeliana ha smentito la comunicazione.

Ieri però il network israeliano i24 ha riferito di un possibile accordo, con la mediazione del Qatar, per liberare 50 ostaggi con doppia cittadinanza. Dal governo israeliano trapela contrarietà per un’opzione che «seleziona» alcuni cittadini israeliani rispetto ad altri sulla base della seconda cittadinanza.

Dentro Israele

A differenza di ciò che ci si aspetterebbe quando uno stato viene attaccato, il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu non si è compattato attorno a lui. Lunedì almeno tre ministri – che non fanno parte del gabinetto di guerra – hanno minacciato di dimettersi. Tra questi anche il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, già critico sugli accordi presi dal primo ministro israeliano con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sugli aiuti umanitari a Gaza. In una lettera a Netanyahu il ministro si è scagliato contro il gabinetto di guerra: «Ho accettato la decisione unilaterale sulla formazione del gabinetto di guerra limitato che non mi include, tuttavia, non è concepibile che tutti i ministri che vi partecipano siano gli stessi che per anni hanno creduto Hamas indebolito». Oltre ai ministri ci sarebbero anche parlamentari della coalizione che starebbero valutando di dimettersi.

Orizzonte internazionale

A margine del Consiglio degli Affari esteri, l’Alto Rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, ha comunicato che l’Ue chiederà ufficialmente a Israele una «pausa umanitaria» per sostenere la popolazione civile. Si tratta di una decisione in linea con quella approvata dal parlamento europeo, sebbene alcuni eurodeputati della sinistra e del Movimento 5 stelle avessero spinto per un «cessate il fuoco». Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha aggiunto che «la tregua adesso rischia di tutelare Hamas». La strategia cinese è invece opposta. Pechino si è detta disposta a fare «tutto ciò che può per raggiungere il cessate il fuoco». Nel frattempo il premier uscente olandese, Mark Rutte, ieri ha incontrato Netanyahu e poi in Cisgiordania il presidente palestinese Abbas.

A tentare una mediazione, anche qui oltre che in Ucraina, c’è il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che pur puntando il dito contro gli «attacchi disumani» di Israele ha moderato i toni contro lo stato ebraico, mentre ha raffreddato i rapporti con i leader di Hamas perché «chi colpisce civili non è mai giustificato». Una di questi era l’italo-israeliana Liliach Lea Havron, la cui è morte è stata confermata ieri sera.

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