Questo testo è un estratto del discorso che l’europarlamentare polacco ed ex ministro degli Esteri Radek Sikorski ha tenuto l’11 ottobre scorso alla Zbigniew Brzezinski lecture organizzata dal German Council on Foreign Relations


Che cosa vuole Putin?

Putin non è diventato il Putin di oggi da un giorno all’altro, anche se il potenziale di violenza è sempre stato presente in lui. Ha iniziato, come primo ministro, con un programma di modernizzazione della Russia con cui si poteva convivere e che sembra sostenibile. Per alcuni anni i suoi interessi sono stati convergenti con quelli dell’occidente ed è stato disposto a investire capitale politico per favorire l’integrazione economica con l’Unione europea. A seguito della notizia data dalla cancelliera Merkel che la Polonia aveva potere di veto sull’accordo di associazione della Russia con l’Ue, ha cercato di aggiustare i rapporti con noi. È venuto a Danzica nel 2009 nell’anniversario dello scoppio della seconda guerra mondiale ed è stato il primo leader russo, il 7 aprile 2010, a visitare Katyn. Nel 2011 però, quando il suo ritorno al Cremlino è stato accolto da proteste di massa a Mosca e San Pietroburgo, ha concluso che l’occidente stava cercando di fare a lui quello che aveva fatto a Gheddafi. Ha deciso così di creare un polo di integrazione alternativo e rivale, l’Unione euroasiatica, e giustamente si è reso conto che non sarebbe stata un’organizzazione seria senza l’Ucraina.

Il mio amico e mentore, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti da cui prende il nome questa conferenza, diceva che la Russia aveva una scelta: essere un alleato dell’occidente o un vassallo della Cina. Putin ha fatto la sua scelta ed è già chiaro che si tratta di un errore catastrofico. Invece di diventare una piccola Cina, la Russia sta rapidamente diventando un grande Iran, uno stato canaglia con armi nucleari. La ragione per cui l’ha fatto è forse perché gli interessi della Russia e quelli del suo presidente in realtà non coincidono.

Sarebbe nell’interesse della Russia essere su un percorso di convergenza con l’occidente, per modernizzare la sua economia e la sua società come tutti speravamo che facesse. E per salvaguardare il suo estremo oriente. Tuttavia il primo interesse di Putin è di restare al potere qualunque cosa accada e da questo punto di vista si è rivelata più allettante un’alleanza tra autocrazie.

Ho capito che Putin aveva intenzione di invadere l’Ucraina dal luglio 2021 quando ho letto il suo saggio, uno sproloquio simile ai monologhi del Fuhrer, in cui descriveva l’Ucraina come una creazione artificiale inadeguata a questo mondo. Era in linea con quello che aveva detto alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2007 e al vertice Nato di Bucharest del 2008. Tranne il fatto che questa volta ha ordinato che il testo fosse letto da tutti i militari. Perché? Quando i curriculum scolastici e i media sono stati trasformati in veicoli di propaganda imperiale, nell’Europa centrale abbiamo pensato che non ne sarebbe venuto nulla di buono. In principio è sempre il verbo.

Non si è mai trattato delle aspirazioni dell’Ucraina di entrare nella Nato. Ora sappiamo che c’era una trattativa tra Ucraina e Russia che si è conclusa con un accordo per mantenere l’Ucraina neutrale. Il cancelliere Scholz poi ha assicurato Putin che l’Ucraina non sarebbe stata ammessa nella Nato sotto di lui, una moratoria di facto che sarebbe durata vari anni. Se poi fossero state le aspirazioni Nato di un paese a costringere la Russia all’invasione, allora la Russia avrebbe dovuto invadere la Finlandia e la Svezia. Non solo non lo sta facendo, ma sta spostando truppe e equipaggiamento lontano dal confine finlandese per rafforzare il combattimento in Ucraina.

No: Putin non ha invaso l’Ucraina perché questa voleva la Nato, ma perché Putin vuole l’Ucraina. I suoi obiettivi di guerra sono stati più esplicitamente rivelati in un proclama sulla conquista di Kiev che l’agenzia ufficiale Ria-Novosti ha diffuso per errore prima del tempo, quando si pensava che la capitale ucraina stesse per cadere. Leggetelo. È un documento che fa venire i brividi. Il suo scopo bellico non era altro che la soluzione finale al problema ucraino: sul serio qualcuno nelle vecchie capitali europee, a Parigi e a Berlino, credeva che Mosca avrebbe rinunciato a Kiev? (...)

Vladimir Putin, senza un briciolo di esagerazione, si è assunto una responsabilità storica, decidendo di non lasciare la soluzione della questione ucraina alle future generazioni. (…) La Russia restaura la propria unità: la tragedia del 1991, questa terribile catastrofe della nostra storia, la sua dislocazione innaturale, è stata superata. Sì, a caro prezzo, sì, attraverso gli eventi tragici di una vera guerra civile, perché ora dei fratelli, divisi dall’appartenenza agli eserciti russo e ucraino, si stanno sparando uno contro l’altro, ma non ci sarà più un’Ucraina come anti Russia.

Il piano era di fare nuovamente ciò che la Russia ha ripetutamente fatto all’Ucraina in passato: lo sterminio delle sue élite, la russificazione della sua cultura e della popolazione e l’assoggettamento delle sue risorse ai propri bisogni imperiali. Si può tollerare l’Ucraina come folclore contadino, ma non come nazione libera e democratica che sceglie il proprio destino e i propri alleati. Quando dunque Putin oggi parla del disarmo dell’Ucraina, del riconoscimento dell’ “Anschluss” della Crimea e di rendere il russo la seconda lingua ufficiale, dal suo punto di vista è solo una fase verso il raggiungimento del suo obiettivo ultimo.

Cosa vuole l’Ucraina?

Come ha dichiarato il presidente Zelensky, l’Ucraina non insiste più per entrare a far parte della Nato, ma ora è candidata a entrare nell’Unione europea. Vuole entrarci con i suoi confini riconosciuti a livello internazionale mentre la Russia paga per la distruzione che ha provocato e gli ufficiali russi e i militari che hanno ordinato e perpetrato crimini di guerra affrontano le conseguenze. È chiaro che le richieste di entrambi i paesi non si incontrano ancora e ognuno pensa ancora di poter vincere. L’Ucraina pensa di poter vincere perché la sua causa è giusta e il suo popolo sta lottando fieramente per la sua stessa esistenza come nazione. Pensa anche che il morale russo possa un giorno spezzarsi, come alla vigilia della rivoluzione bolscevica nel 1917, quando i soldati russi hanno sparato ai loro ufficiali invece di continuare a combattere.

Putin pensa di poter vincere perché ha ancora la capacità di far naufragare l’economia ucraina e pensa che noi in occidente siamo così degenerati che sceglieremo la resa per non rinunciare alle nostre economie energivore in inverno. Nonostante le minacce nucleari, può anche sperare che trascinando la Bielorussia nel conflitto la bilancia possa pendere dalla sua parte. La celebre frase di Carl von Clausewitz a proposito della guerra, e cioè che è la continuazione della politica con altri mezzi, funziona anche al contrario. Russia e Ucraina stanno già negoziando, ma sul campo di battaglia. Dopo aver fallito la conquista di Kiev e Kharkiv, Putin ha iniziato a parlare di “un’operazione militare speciale nel Donbass”. Poi ha annunciato l’annessione dei territori che non controlla, presumibilmente per legalizzare l’uso di coscritti russi in quei territori. Tuttavia quando minaccia una risposta nucleare, e poi lui in primo luogo attacca Zaporozhye, che in teoria ha annesso, non dovrebbe bombardarsi per aver attaccato la Russia?

Ricordiamoci che il modo più semplice di prevenire una guerra nucleare è che la Russia non la incominci. Nessun altro la minaccia e nessun altro la farà scoppiare. Similmente, il modo più semplice di porre fine alla guerra è che la Russia se ne vada dall’Ucraina. Nel momento in cui lo farà la guerra si fermerà. È lo stupratore il colpevole dello stupro, non la vittima. Il modo migliore di aiutare la vittima di uno stupro è di andare in suo aiuto, non di chiederle di negoziare con l’aggressore. Quando la vittima grida aiuto, si chiama la polizia o le si dà lo spray al peperoncino o la si colpisce alla nuca. Se e quando sarà pronta per negoziare, non mancheranno i mediatori. Ma non mancano mai nemmeno i ciambellani, disposti a barattare la libertà degli altri per la propria tranquillità.

Non credo che questa guerra finirà come è finita la Seconda guerra mondiale, con la resa incondizionata di entrambe le parti. È più probabile che finisca nel modo tradizionale, si spera come finì la guerra di Crimea nel diciannovesimo secolo o la guerra russo-giapponese nel ventesimo. Sarebbe concettualmente più semplice se l’Ucraina recuperasse i propri territori riconosciuti a livello internazionale e si fermasse lì. Oppure la guerra finirà così come si concluse la partecipazione della Russia alla prima guerra mondiale, quando i soldati russi si rifiutarono di massacrare ed essere massacrati. In ogni caso, la via più breve per la pace è accelerare le consegne di armi e assistere economicamente l’Ucraina per convincere Vladimir Putin che la conquista dell’Ucraina non può riuscire.

Cosa deve fare la Germania

Cominciamo con quello che la Germania non dovrebbe fare.

Per prima cosa, la Germania non dovrebbe spingere per passare al voto di maggioranza nel Consiglio degli Affari Esteri Europeo. Cara Germania, ricorda che tu e la Francia siete stati i promotori del processo di Minsk che avrebbe dovuto risolvere la questione tra Russia e Ucraina. Violando il trattato di Lisbona, avete messo da parte l’Alto rappresentante degli Affari esteri e avete cercato di agire come i due stati membri più popolosi dell’Ue. Ignorando largamente le opinioni dell’unico paese che, a differenza di te, confina sia con la Russia sia con l’Ucraina, ovvero la Polonia, per non parlare di chi si è allarmato ancora di più di noi per la traiettoria di Putin, cioè i paesi baltici. L’Ucraina non ha ripreso il controllo dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale e Putin non si è fatto scoraggiare. Lukashenko però, per un po’ è stato una star della scena diplomatica europea.

Il problema non è personale, ma strutturale. Sia la Francia che la Germania, per la prima volta nelle loro storie, sono circondate esclusivamente da amici e alleati. Ma non tutti sono così fortunati. La tua politica congiunta nei confronti di Ucraina e Russia ha dimostrato che non hai tenuto conto delle nostre preoccupazioni nei tuoi calcoli. E siccome la tua politica congiunta ha fallito, non abbiamo ragione di fidarci della tua valutazione in futuro. Al contrario, bisogna riconquistarsi la fiducia. Ricorda: il voto a doppia maggioranza previsto dagli attuali trattati implica che Francia e Germania, più qualche altro stato molto piccolo, abbia potere di veto, mentre una coalizione alternativa a favore o contro qualcosa sarebbe quasi impossibile da mettere insieme. Pertanto, ciò che gli altri sentono è: potremmo aver sbagliato su Russia e Ucraina, ma rinunciate al vostro potere di veto e datelo a noi, promettiamo di essere più comunitari e di successo rispetto al passato. Le possibilità che la maggior parte degli Stati membri accetti questa logica sono scarse. Suggerisco l’opposto: prima ricostruire la fiducia e consentire alle istituzioni dell’Ue di portare avanti la nostra politica estera concordata, poi discutere della riforma del voto.

In secondo luogo, non riarmare su base puramente nazionale. Lo so, lo so: per anni ti abbiamo esortato a farlo e ora che dici che lo farai. Puoi sempre contare sul leader del nostro partito al governo, Jaroslaw Kaczyński, che ha già detto di non sapere se la Germania si riarmerà contro la Russia o la Polonia. E anche se questa può sembrare un’iperbole irragionevole, suggerisco di prenderla come un avvertimento. Henry Kissinger una volta disse che la Germania era “Troppo grande per l’Europa, troppo piccola per il mondo”. Il padre della nostra indipendenza Joseph Piłsudski pensava che la Russia fosse un problema geostrategico maggiore per la Polonia che per la Germania perché quando la Germania diventa troppo assertiva abbiamo immediatamente degli alleati. Anche se disarmato, non sottovalutare la paura che genererai quando affronterai il problema nel tuo modo tipicamente sistematico. C'è una soluzione a questo enigma che proporrò tra un attimo.

Terzo, non lottare per un seggio permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Potrebbe sembrare simbolico e comunque improbabile, ma è importante. Prima pensavate che un giorno dovesse essere l’Unione europea ad acquisire il seggio permanente. È una questione di teleologia. Qual è il tuo obiettivo finale: superpotenza europea o la Germania come superpotenza? Non possono essere entrambi. Devi scegliere e il tuo ruolo in Europa sarà giudicato alla luce di come sceglierai.

Cosa deve fare la Polonia?

Spero che apprezzerai ciò che il popolo polacco ha fatto durante questa emergenza. Dal primo giorno, senza che nessuno gli avesse detto qualcosa, centinaia di migliaia di famiglie polacche hanno accolto più di un milione di rifugiati ucraini nelle loro case. In seguito il governo polacco ha offerto l’assistenza finanziaria pubblica e, soprattutto, con l’invio di armi. La Polonia poi ha annunciato di volere innalzare il budget della difesa al 3 per cento del Pil, con l’acquisto pianificato di carri armati, aerei, batterie antiaeree. Le capacità di Putin si sono dimostrate inferiori di quanto noi – o lui – avesse pensato, ma il suo intento si è dimostrato peggiore.

La Polonia però sarà davvero al sicuro solo quando l’Ucraina sarà intera, libera ed europea. Personalmente, credo che dopo aver accolto i profughi e consegnato le armi, la cosa migliore che la Polonia potrebbe fare per l’Ucraina sarebbe risolvere i propri problemi con l’Unione europea, ritornare in modo convincente al rispetto dello stato di diritto, rispettare le le sentenze della Corte di giustizia europea e ricucire così i suoi rapporti con le istituzioni europee. L’Ucraina ha bisogno della Polonia com’era prima, un’icona di una trasformazione riuscita, un esempio da seguire sulla strada per Bruxelles e un membro influente di tutti i consigli dell’Ue. Per riaffermare la propria credibilità come membro del G-5 dell’Ue, credo che sarebbe utile che la Polonia tornasse sulla via della convergenza con la moneta europea, l’euro.

Cosa possiamo fare insieme

Per prima cosa, se accettiamo che Putin ha infranto i tabù del dopoguerra e debba essere fermato, allora abbiamo bisogno l’uno dell’altro per la difesa comune. I missili russi Iskander con capacità nucleare dispiegati nell’exclave russa di Kaliningrad rappresentano una minaccia sia per Varsavia sia per Berlino.

Un sistema che combini radar di allerta e tracciamento con antimissili posizionati sia vicino al sito di lancio che intorno ai nostri centri abitati potrebbe essere molto più efficace di un sistema sviluppato da ciascun paese individualmente. Se ora riconosci che la Russia è una minaccia, non preferiresti dissuaderla a 500 chilometri da Berlino piuttosto che a 70? Vale anche per altri sistemi.

Ancora di più, la Polonia e la Germania devono diventare i leader della difesa dell’Unione europea. Non possiamo essere sicuri che la prossima volta che la Russia attaccherà un vicino gli Stati Uniti reagiranno con la stessa decisione di questa volta. Potranno avere un altro presidente oppure essere impegnati altrove, ad esempio in Asia.

La difesa del fronte orientale dell’Europa è una responsabilità che non può essere lasciata solo a paesi più poveri di te. Decenni di uso gratuito della protezione americana non possono essere seguito dall’uso gratuito della protezione dell’Europa centrale. Se Putin e i suoi metodi sono una minaccia per tutta l’Europa, allora tutta l’Europa deve sostenere i costi, in modo equo e proporzionato al Pil. Servono unità non prese dagli stati membri ma composte da volontari dagli stati membri, pagati dal bilancio europeo e sotto l’autorità del Consiglio per gli Affari Esteri. In questo modo scoraggeremo Putin e non ci minacceremo a vicenda.

Secondo, possiamo lavorare insieme per aiutare l’Ucraina a trasformarsi da candidato improbabile a membro desiderato dell’Unione europea. La Polonia può condividere con l’Ucraina la sua esperienza di paese candidato che ha trasformato le sue leggi e istituzioni a immagine dell’Unione europea.

La Germania potrà aiutare a superare la riluttanza di alcuni attori scettici sull’ingresso dell’Ucraina. L’ingresso della Polonia si è dimostrato di grande beneficio per tutti nel medio periodo, e anche quello dell’Ucraina può esserlo. Ricordate che con l’ingresso dell’Ucraina il Pil pro capite medio dell’Europa calerà e alcune delle regioni polacche non saranno più in grado di ottenere i fondi per la coesione. È nel nostro comune interesse che i nostri soldi vengano spesi razionalmente e in modo onesto.

Terzo, l’energia. Vi avevamo avvertiti che Nord Stream sarebbe stato un’occasione di ricatto e una fonte di corruzione, ed è stato esattamente così. Sono lieto che qualcuno abbia rimosso questo problema nelle nostre relazioni. Diversi governi polacchi hanno anche proposto di rafforzare l’unione energetica, inclusi gli acquisti combinati di gas dai nostri fornitori. Ci avete risposto con continui tentativi di esentare Gazprom e i suoi oleodotti dalle regole generali europee sull’accesso alle capacità petrolifere.

Abbiamo tutti davanti un inverno difficile e sono deluso dal fatto che, al contrario di quanto successo durante la pandemia, non abbiamo trovato una soluzione comune europea. I nazionalisti, ovunque siano, sbagliano a pensare che le politiche di impoverimento del vicino possano essere vantaggiose. Abbiamo bisogno di una vera solidarietà europea, sia per affrontare i problemi nell’immediato sia per il lungo periodo. Dobbiamo accelerare la trasformazione energetica non solo per il clima ma per una questione di sicurezza nazionale.

Non dobbiamo permettere mai più a un tiranno straniero di ricattarci con l’accesso all’energia a prezzi vantaggiosi. Dobbiamo creare gasdotti verso il Nord Africa, costruire interconnessioni e impianti per lo stoccaggio, dobbiamo rivedere le modalità per sfruttare il gas nel nostro sottosuolo e rimettere in discussione la nostra visione dell’energia nucleare. Finisco dicendo che nonostante i molti pregiudizi da entrambe le parti, siamo in realtà più simili di quanto la gente possa pensare.

Non è solo il fatto che la Polonia sta avanzando e ormai la maggior parte dei nostri cittadini fanno parte della classe media. Crediamo ancora nel fare cose. Non ci sono barriere tecnologiche fra i nostri giovani. I nostri stati nella loro forma corrente, anche se per ragioni diverse. Sono abbastanza giovani. Voi eravate gli aggressori, noi eravam le vittime, voi siete caduti e noi tecnicamente eravamo dalla parte dei vincitori, ma entrambi abbiamo perso la Seconda guerra mondiale.

Entrambi abbiamo avuto una sovranità limitata dopo quell’evento ed entrambi l’abbiamo recuperata pienamente solo con il collasso dell’Unione sovietica nel 1991. Per entrambi è stata una liberazione, non una catastrofe geopolitica. Abbiamo di fronte ora un ambiente pericoloso in cui la sicurezza delle nostre nazioni è di nuovo a rischio. Alcune sirene dicono che dovremmo tornare alle certezze semplici e familiari dei nostri stati-nazione. Ci sono anche quelli che, per ciniche ragioni elettorali, vorrebbero rinfocolare le rivendicazioni, i pregiudizi e l’inimicizia.

A loro dico: abbiamo già visto questo film e sappiamo come va a finire. Abbiamo bisogno di un lieto fine. Ma perché questo succeda, entrambi i paesi devono rinnovare i loro voti, non solo a parole ma anche forse con dolorosi fatti, verso l’Europa. Al contrario di quanto dice qualcuno in Polonia, l’Europa non è una minaccia; al contrario di quanto qualcuno dice in Germania, l’Europa non è uno strumento. L’Europa è la soluzione.


Traduzione di Monica Fava.

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