Altra notte di proteste a Gerusalemme, dove la polizia israeliana ha reagito con violenza in assetto antisommossa sparando gas lacrimogeni.

Come riporta il Guardian, secondo la Mezzaluna rossa palestinese ci sono stati sette feriti, tra cui quattro ricoveri. Gli scontri sono continuati ben oltre l’alba, quando la polizia ha fatto irruzione nella moschea di al-Aqsa della città Vecchia, il terzo sito più sacro dell’Islam, e ha sparato granate stordenti contro i fedeli, che hanno risposto lanciando pietre.

Le tensioni sono aumentate negli ultimi giorni dopo la sentenza della Corte israeliana secondo la quale le autorità ebraiche possono sfrattare decine di palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah, situato appena fuori la città Vecchia, e dare le case ai coloni ebrei. Dopo gli scontri la Corte ha deciso di posticipare l’udienza di un mese per cercare di calmare gli animi. Ma si temono disordini durante le celebrazioni del Jerusalem Day di lunedì, la festa che segna l’anniversario di quando le truppe israeliane catturarono l’intera città nel 1967.

A una riunione speciale di gabinetto il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto che Israele «non permetterà a nessun estremista di destabilizzare la calma a Gerusalemme. Faremo rispettare la legge e l’ordine in modo deciso e responsabile» e ha aggiunto: «Continueremo a mantenere la libertà di culto per tutte le fedi, ma non permetteremo disordini violenti». Una dichiarazione contrastante dopo che nei giorni scorsi su Twitter sono circolati video in cui le forze di sicurezza israeliane hanno fatto irruzione all’interno di varie moschee sparando lacrimogeni contro i fedeli radunati all’interno nel consueto orario della preghiera.

Sulla questione è intervenuto anche l’organismo per i diritti umani delle Nazioni unite che ha descritto l’espulsione degli arabi dalle loro case come un possibile crimine di guerra. Domenica la Giordania, che ha la custodia dei siti musulmani e cristiani a Gerusalemme, ha descritto le azioni di Israele contro i fedeli di al-Aqsa come «barbare» dopo il ferimento di circa 200 arabi. Soltanto nella giornata di sabato 120 persone sono state ferite, tra cui un bambino di un anno, e 14 sono state portate in ospedale.

Il Guardian riporta la testimonianza di Nabeel al-Kurd, un 77enne la cui famiglia rischia di perdere la casa. Al-Kurd ha definito gli sfratti come un tentativo razzista di «espellere i palestinesi e sostituirli con i coloni» e ha aggiunto: «Questo è un tentativo dei coloni, sostenuti dal governo, di sequestrare le nostre case con la forza».

Secondo la legge israeliana, gli ebrei che possono provare un titolo di prima della guerra del 1948 che ha accompagnato la creazione del paese, possono rivendicare le loro proprietà di Gerusalemme. Proprio per questo negli anni centinaia di migliaia di arabi sono stati sfrattati e gli insediamenti dei coloni, definiti illegali anche dalle Nazioni unite, sono proliferati nei territori arabi.

Nir Hasson, uno scrittore del noto quotidiano israeliano Haaretz, ha accusato le autorità israeliane di aver preso una serie di decisioni sbagliate durante le ultime settimane, «compresa la libertà sfrenata data alla polizia nelle strade, dove venerdì hanno agito come se fossero stati mandati a soffiare le fiamme, non a spegnerle». 

Hasson ha anche spiegato che metà Gerusalemme è occupata e «il 40 per cento dei suoi residenti sono non cittadini che vedono Israele come un regime straniero e oppressivo». Proprio per questo le autorità devono agire per stabilie la calma.

Dall’altra parte il movimento di Hamas, che è al potere a Gaza, ha esortato i palestinesi a rimanere ad al-Aqsa fino alla fine del mese sacro del Ramadan che si concluderà nei prossimi giorni e ha esortato alla «resistenza ad ogni costo».

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