Che ci fanno insieme nello stesso movimento, fra quanti si oppongono ai vaccini e al green pass, i filosofi libertari di destra, neoliberali, con gli attivisti no global che contestano il neoliberalismo? E ancora, intellettuali che si ispirano al pensiero di Heidegger, di Nietzsche, o di Foucault e Pasolini, con frange reazionarie del movimento cattolico che negano i diritti civili?

Vengono da culture e visioni della vita diverse, a volte agli antipodi, ma hanno un comune avversario: il “progetto illuminista”, quello che da almeno un paio di secoli costituisce la matrice dominante della cultura occidentale.

A partire dal Settecento, ma con radici nella rivoluzione scientifica e prima ancora nell’umanesimo, gli ideali dell’illuminismo si propongono, dapprima in occidente e poi nel resto del mondo, di governare sia gli uomini che la natura (e le cose) grazie alla ragione: orientando il sapere scientifico e tecnologico verso il maggiore benessere, individuale e sociale (le due dimensioni vanno insieme e si traducono nell’affermazione e progressiva estensione dei diritti dell’uomo). Non sempre con successo.

La vita è migliorata

Ma tutto sommato, pur se fra contraddizioni e qualche caduta drammatica, la condizione umana è enormemente migliorata, da allora: in termini di reddito medio, di speranza di vita, di istruzione, anche di libertà personali. E non solo.

I dati disponibili indicano al di là di ogni dubbio che nella vita civile il ricorso alla violenza è diminuito, si sono ridotti i crimini e i delitti. E abbiamo sconfitto la gran parte delle malattie mortali.

Beninteso, non è affatto detto che il “progresso”, per dirlo in una parola, abbia vinto una volta per tutte: il pericolo del collasso ambientale, il rischio di nuove guerre anche nucleari, la stessa pandemia che stiamo vivendo, o il fatto che proprio le tecnologie se male adoperate possano generare nuove forme di oppressione, o ancora il persistere delle disuguaglianze e le loro conseguenze sul piano etico e politico, tutto questo prova che la strada è quanto mai incerta. Quel che conta però è che quella strada è stata imboccata, e percorsa anche per un tratto lungo.

Contro il progetto illuminista, in età moderna nel campo occidentale si sono affermati principalmente tre filoni, o filosofie in senso lato, alternativi.

Il primo è il romanticismo, che nasce alla fine del Settecento proprio come reazione alla razionalità illuministica: il suo cuore filosofico (e anche artistico) è in Germania, ma la sua influenza si avverte fra Otto e Novecento un po’ su tutti i movimenti nazionalisti e, pur con decisive mescolanze (il positivismo, il darwinismo, il razzismo), arriva fino all’ideologia hitleriana.

Tra i maggiori filosofi che in qualche modo ne sono condizionati, benché in modo diverso, troviamo figure del calibro di Nietzsche e Heidegger. Questa visione contesta al progetto illuminista i suoi presupposti fondamentali, in tutto o in parte: il ruolo, le possibilità della ragione umana e quindi della scienza; il cosmopolitismo, cioè l’afflato universalista; l’esistenza di “diritti dell’uomo” che debbano orientare l’etica e la politica. I suoi sostenitori criticano la globalizzazione e spesso indugiano nel complottismo.

La seconda matrice è quella anarco-capitalista: si rintraccia nel pensiero libertario a noi contemporaneo, soprattutto nord-americano ma con una certa presa anche in Italia, affine al neoliberalismo.

I fautori di questa visione stigmatizzano il green pass e l’obbligo vaccinale (e prima ancora già il lockdown) come violazione dei diritti fondamentali dell’individuo e temono, per questa via, l’avvento di un nuovo totalitarismo. L’anarco-capitalismo contesta del progetto illuminista l’idea che possa esservi un benessere sociale, una «felicità pubblica» (alcuni illuministi dicevano proprio così), da perseguire come fine in sé. Tutto quel che conta è l’individuo, la cui libertà non ammette restrizioni. Si mescola questa impostazione con le suggestioni postmoderniste: non esistono valori oggettivi, al di là dell’individuo.

Di nuovo, i diritti umani ampiamente intesi (civili, sociali, ora anche ambientali) sono un’illusione, contraddittoria: vi è solo la libertà del singolo di non essere oppresso, o al limite di ribellarsi all’oppressione.

Non è caso che fra i bersagli polemici dell’anarco-capitalismo, accanto alle misure varate contro il Covid, vi sia la transizione ecologica, e per la verità la narrazione stessa della crisi ambientale, perché ugualmente limita la libertà delle persone, e delle imprese, di fare come meglio credono.

Anticapitalismo non marxista

La terza matrice è quella della sinistra anticapitalista di impianto non marxista (Marx invece, almeno nella sua impostazione e visione della storia, rientra pienamente nel progetto illuminista): i suoi riferimenti sono Foucault oppure, per stare all’Italia, alcune riflessioni di Pier Paolo Pasolini; o anche le frange più radicali dell’ambientalismo. Questa visione contesta il progetto illuminista non necessariamente in quanto tale, ma nella sua concreta attuazione: il sogno di governare il mondo attraverso la ragione è, oggi, solo una maschera dello sfruttamento capitalista, dell’oppressione dell’uomo sull’uomo (e sulla natura).

E spesso conduce a un abbrutimento ancora maggiore della nostra condizione di esseri umani (altro che diritti e «fioritura» della vita!).

A queste tre visioni filosofiche alternative al progetto illuminista, che originano tutte nell’epoca moderna, si aggiunge poi il rifiuto della modernità proprio di un certo pensiero religioso, che precede nel tempo il progetto illuminista (ne è anzi storicamente il grande sconfitto): alla ragione contrappone la fede, preferendogliela.

Ora, la buona notizia è che sul piano culturale, e per la verità anche politico, almeno qui in Italia il progetto illuminista ha mostrato una tenuta maggiore di quel che si poteva temere. La sua base è oggi molto ampia: sembra comprendere la stragrande maggioranza della cultura liberale, di quella socialista (entrambe da intendersi nell’accezione più ampia) e anche cattolica (non era scontato), nonché una larga fetta di quella ambientalista.

Sul piano politico, significativo e forse sottovalutato è il fatto che il Movimento 5 stelle, che pure in passato aveva strizzato l’occhio a tutte e tre queste visioni della modernità alternative a quella illuminista, nei due anni di pandemia ha scelto di posizionarsi saldamente nell’altro campo.

Questo vale anche per buona parte della Lega, anche della sua base (e anche in questo caso non era scontato). Ovviamente dobbiamo preoccuparci di chi, nell’immediato, non vuole vaccinarsi: ma in prospettiva non sembrano gruppi in grado di modificare più di tanto la situazione, nemmeno coalizzandosi. E forse si sono coalizzati proprio per questo.

La variante autoritaria

C’è però una sfida al nostro modello e ai nostri valori di cui, sì, dobbiamo preoccuparci. E molto. Costituisce un’alternativa al progetto illuminista e, al tempo stesso, una sua distorsione.

È la sfida che proviene dai regimi autoritari (autoritari per davvero). Come gli illuministi europei, i governanti cinesi, per esempio, sono convinti di potere governare gli uomini e le cose attraverso la ragione, per indirizzarli al maggiore benessere sociale.

La differenza però è che nella loro accezione di benessere sociale non ci sono i diritti dell’uomo. Nella visione delle nuove autocrazie, la dimensione individuale si eclissa fino a scomparire (in effetti è una distorsione speculare, opposta, a quella dell’anarco-capitalismo).

Questa del resto è l’interpretazione della modernità propria di paesi o regioni del mondo che nella loro storia non hanno conosciuto i diritti dell’uomo, se non come invenzione occidentale del tutto screditata in quanto applicata da noi, nei loro confronti, con ipocrisia e doppiopesismo.

Di conseguenza, questi paesi hanno preso dall’occidente il progresso economico e il capitalismo, e con essi l’idea della conoscenza utile, volta cioè a migliorare la condizione umana; ma senza passare per il liberalismo (cioè per l’alveo politico-filosofico in cui tutto ciò è nato e che si è trasformato poi nella democrazia liberale).

Due strade

I paesi occidentali e liberal-democratici, in tempi di pandemia, hanno due strade, tutt’altro che alternative, per fronteggiare con successo la variante autoritaria del progetto illuminista, cioè la sfida più pericolosa al nostro modello.

Ma non sembrano esserne pienamente consapevoli. Primo, al nostro interno: mantenere le caratteristiche fondanti delle società aperte, anche in tempi di pandemia, a partire dalla libera circolazione delle informazioni, o dalla ammissione di eventuali errori (il progresso scientifico in fondo si basa proprio su questo, ce lo insegna proprio la nascita e la diffusione del virus in Cina); senza cedere alla retorica di chi vorrebbe un’informazione da tempi di guerra (peraltro, qui non si tratta di muovere guerra ma, semplicemente, di fare avanzare la scienza e la medicina). Secondo, nel resto del mondo: mettere i nostri vaccini a disposizione di coloro che non se li possono permettere. Gli ideali del progetto illuminista sono per tutti, cosmopoliti e universali per definizione, non restano confinati a una regione del mondo o a una particolare cultura.

Anche chiudendosi nell’illusione che l’occidente si possa salvare da solo si tradiscono i nostri valori. Per giunta, è un’illusione che va contro i nostri interessi immediati, dato che aumenta il rischio che si sviluppino varianti. Il progetto illuminista lo si difende credendoci fino in fondo.

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