Lo studio European public opinion on China in the age of Covid-19. Differences and common ground across the continent (l’opinione pubblica europea sulla Cina al tempo del Covid-19. Differenze e aspetti comuni all’interno del continente) è stato reso pubblico lunedì.

Condotto su circa 20mila cittadini di 13 paesi europei per comprendere come l’opinione pubblica guardi alla Cina, è il risultato del lavoro congiunto di un gruppo di professori e ricercatori, di cui tre italiani, appartenenti a una quindicina di università e istituti europei.

Dalla ricerca emerge un quadro negativo dell’immagine della Cina tra i cittadini europei, sebbene i paesi dell’Europa orientale tendano a manifestare una migliore considerazione della potenza cinese. I cittadini di Russia, Lettonia e Serbia, in particolare, guardano alla Cina in modo “molto positivo” (circa il 30 per cento tra russi e serbi). L’immagine della Cina nei tre paesi è migliorata significativamente negli ultimi tre anni.

Completamente diversa la situazione negli altri paesi europei. In Svezia oltre il 60 per cento degli intervistati ha una considerazione “molto negativa” della Cina. L’opinione pubblica di Germania, Francia, Repubblica Ceca e Regno Unito condivide una visione significativamente negativa.

“Negativamente” e “molto negativamente” sono considerati l’impatto della Cina sulla sostenibilità ambientale globale e sui regimi democratici di altri paesi. L’unica dimensione su cui si manifesta ampio consenso in gran parte dei paesi – con le notevoli eccezioni di Francia, Regno Unito e Svezia – è quella commerciale: la Cina continua a essere vista come un’importante opportunità economica.

Largo consenso nei 13 paesi riguarda inoltre la cybersecurity, considerato argomento di sicurezza più critico in relazione alla Cina. In questo quadro, le aziende europee ottengono una preferenza quasi trasversale per la realizzazione della rete 5G a livello nazionale, con le compagnie cinesi a risultare le meno desiderabili in Francia, Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca e Svezia.

La pandemia è un fattore centrale nel modellare l’opinione. In tutti i paesi un’ampia maggioranza non considera migliore la reputazione della Cina dopo l’esplosione della pandemia.

La specificità italiana

Ed è proprio in riferimento al Covid-19 che lo studio evidenzia alcune tendenze specifiche del caso italiano nel contesto europeo.

Assieme a quella ceca, l’opinione pubblica italiana è quella che in Europa riconosce in termini più positivi il sostegno di Pechino nel quadro della pandemia. In Italia, la Cina è considerata il partner internazionale più cooperativo nella lotta al virus: il 60 per cento degli intervistati riconosce che ha fornito supporto, e la metà di questi vede nella Cina un partner che ha aiutato moltissimo.

Sebbene questo dato non possa, da solo, compensare la generale diffidenza degli italiani nei confronti della potenza cinese (oltre il 42 per cento ha una visione negativa o molto negativa), esso contribuisce a mettere in luce alcuni aspetti che fanno unico il contesto italiano.

Lo scorso marzo, è stata l’Italia il primo partner occidentale della Cina nel quadro della cosiddetta “diplomazia delle mascherine” e della “via della seta sanitaria”. Nel 2019, inoltre, a Roma si è firmato il memorandum sulla Belt and road initiative, le nuove vie della seta lanciate da Pechino e di cui l’Italia è finora unico partner tra i membri G7 e i fondatori dell’Ue. Anche rispetto alla Belt and road, l’opinione italiana dà parere tendenzialmente positivo nonostante i pochi e marginali sviluppi del progetto dopo oltre un anno e mezzo dalla firma del memorandum.

Non è azzardato ipotizzare che gran parte del sostegno di cui godono le nuove vie della seta in Italia derivi dalle opportunità economiche che offrirebbe. Il commercio con la Cina gode infatti di considerazione positiva nell’opinione pubblica italiana. La Belt and road e il supporto sanitario cinese sembrano dunque far emergere un quadro in cui l’immagine della Cina trova nell’opinione pubblica italiana il riconoscimento più positivo di tutta l’Europa occidentale.

© Riproduzione riservata