Nel giorno dell’apertura del vertice di Vilnius dell’Alleanza atlantica, Xi Jinping ha ricevuto a Pechino la speaker del Consiglio della federazione russa, Valentina Matviyenko. I media ufficiali hanno riferito che il presidente cinese ha sottolineato che «lo sviluppo delle relazioni Cina-Russia costituisce una scelta strategica» che le due leadership «hanno fatto sulla base degli interessi fondamentali dei rispettivi paesi e popoli».

Nel suo incontro con la terza carica dello stato russo, Xi ha utilizzato la stessa retorica del mondo multipolare impiegata quando, alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina, lanciò insieme a Vladimir Putin la partnership “senza limiti” Pechino-Mosca. Un partenariato strategico onnicomprensivo - ha ripetuto ieri - per «promuovere la costruzione di un mondo prospero, stabile, equo e giusto».

La Nato in Cina è diventata oggetto di studio da parte di decine di think tank e innumerevoli analisti militari, ancor più a partire dal 24 febbraio 2022. La Cina non ha alcuna significativa alleanza militare: con l’armata russa ci sono esercitazioni congiunte ma nessuna reale interoperatività, mentre la Shanghai Cooperation Organization - definita “la Nato dell’est” - è un forum sempre più economico e politico piuttosto che di sicurezza. E a preoccupare Pechino sono intervenuti due grossi cambiamenti.

Innanzitutto la Cina di Xi si è ritrovata quasi-alleata della Russia di Putin (sostenuta politicamente ed economicamente), che in Ucraina deve fronteggiare una resistenza finanziata ed equipaggiata dai paesi della Nato.

In secondo luogo nel suo decennale “Strategic Concept”, pubblicato il 3 marzo scorso, l’organizzazione istituita nel 1949 per fronteggiare la “minaccia” sovietica in Europa ha messo nero su bianco che la Cina «pone sfide sistemiche alla sicurezza euro-atlantica».

«Unità di facciata»

Per questi motivi fondamentali (ai quali si potrebbe aggiungere che l’evoluzione del conflitto in Ucraina viene studiata a Pechino anche in vista di un possibile scontro su Taiwan) quello di Vilnius è un vertice seguito con grande atten zione da strateghi e policymakers cinesi, che lo ritengono un test per l’unità della Nato.

Secondo Pechino - al di là delle divergenze sugli armamenti da fornire alla resistenza ucraina -, sia Londra che Washington, entrambe lontane dal terreno di battaglia, starebbero incoraggiando Kiev a continuare a combattere, invece che ad avviare colloqui per arrivare a un cessate il fuoco. Tuttavia quella della Nato sarebbe una unità ostentata, che nasconde divisioni su tre temi principali.

Anzitutto la fornitura all’Ucraina di bombe a grappolo, sulla quale gli Stati Uniti, da una parte e, dall’altra, il Regno Unito e gli altri membri hanno imboccato strade diverse. Pechino ha definito “irresponsabile” la decisione di Washington. La portavoce del ministero degli esteri, Mao Ning, ha ribadito che «la Cina crede che il dialogo e i negoziati rappresentino l’unica via d’uscita dalla crisi ucraina. Le parti interessate non dovrebbero peggiorare la crisi alimentando il fuoco e intensificando le tensioni».

Inoltre Pechino enfatizza le divergenze sul possibile ingresso dell’Ucraina nella Nato, e quelle sul ruolo dell’Alleanza atlantica nella regione Asia-Pacifico. Su quest’ultimo fronte, secondo Song Zhongping, esperto cinese di strategia militare, «Parigi, Berlino e altri membri dell’Unione Europea, sono più interessati alla sicurezza in Europa che a quella in altre regioni, mentre Washington vuole rendere la Nato più internazionale e riprodurre lo scontro tra blocchi - che ha già causato un’enorme crisi in Europa - anche nell’Asia-Pacifico. Questa mossa rischiosa incontrerà sicuramente l’opposizione di altri membri della Nato».

Il ruolo del Giappone

Tuttavia i cinesi riconoscono che con l’escalation della guerra in Ucraina la Nato ha raggiunto un traguardo storico, con l’allargamento prima alla Finlandia e ora alla Svezia. Secondo Ma Xiaolin, l’ingresso dei due paesi scandinavi ha «completato un accerchiamento a forma di C della Russia. Di conseguenza, la pressione militare sul fronte occidentale della Russia e persino sulla regione artica è improvvisamente raddoppiata».

Il rettore dell’Università di studi internazionali dello Zhejiang ha sostenuto che l’ingresso di Helsinki e Stoccolma incoraggeranno la Nato anche ad espandersi ulteriormente verso est, tentando persino alcuni paesi dell’Asia-Pacifico ad aderire all’Alleanza, e quindi a far coincidere la strategia di sicurezza globale della Nato con quella degli Stati Uniti.

Il Giappone ha annunciato l’apertura di un ufficio di collegamento con la Nato a Tokyo, che consentirà all’Alleanza militare, secondo Ma «di diventare una polizia militare globale e un colosso geopolitico, innescando maggiori tensioni geopolitiche e frizioni di sicurezza». In definitiva, secondo Pechino, il vertice nella capitale lituana non è di buon auspicio «né per l’Europa, né per l’Eurasia né per l’Asia-Pacifico e potrebbe fomentare gli scontri e i conflitti in queste aree».

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