È stato devastante vedere Capitol Hill occupata da una folla turbolenta che, a quanto pare, non si rendeva conto dell’immagine che stava dando di sé: una immagine di distruzione dei principi stessi dell’ordine pubblico conseguito democraticamente. Per chi è cresciuto nell’Inghilterra del dopoguerra l’America è stata un faro luminoso di positività. Alla scuola d’arte era la fonte radicale di nuove idee nel campo della scultura, della pittura, dell’architettura e della musica. Molto di questo c’è ancora, ma separato dal resto. L’America di Princeton, Yale, Berkeley che sta guidando l’evoluzione del mondo liberale è contrastata dal suo lato oscuro: una provincia americana il cui popolo si è sentito ignorato per decenni e indebolito. Con l’avvento dei social media, serbatoio dell’auto-conferma, dell’auto-informazione e dell’auto-legittimazione, masse moraliste scendono adesso in piazza sventolando la bandiera della disinformazione.

La verità è del tutto minata dalla proliferazione del complottismo. In questo mondo alla rovescia atti di tradimento, slealtà e infedeltà vengono visti come lotta per la libertà. Putin e Xi Jinping ne saranno deliziati. Gli eventi del 6 gennaio sono un chiodo ben piantato nella bara della capacità dell’America di mantenere la testa alta – o semplicemente rimanere – nella comunità internazionale. Dobbiamo sperare che il narcisismo di Trump possa essere collettivamente contrastato dai pochi leader realmente democratici del mondo.

*artista, Londra

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