Migliaia di persone hanno partecipato allo sciopero contro il golpe militare in Myanmar. La protesta era stata convocata dagli attivisti che sostengono il partito di Aung San Suu Kyi, vincitrice delle elezioni dello scorso novembre e rovesciata il 1° febbraio dall’esercito. I militari avevano minacciato i dissidenti in lotta per il ritorno della democrazia dicendo apertamente che chi avrebbe partecipato alle proteste avrebbe messo a rischio la propria vita.

Si tratta di intimidazioni non prive purtroppo di fondamento. Sono già tre le vittime accertate della repressione militare. La prima, una ventenne, è morta il 19 febbraio dopo aver passato dieci giorni in coma a causa di un proiettile che l’aveva colpita alla testa durante una manifestazione. Mentre il 21 febbraio l’esercito ha sparato su un corteo di protesta uccidendo due persone. 

Cosa sta succedendo

Il 1° febbraio l’esercito ha rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi accusando il suo partito di avere commesso brogli elettorali durante le elezioni dello scorso novembre. Al governo dal 2015 e Premio Nobel per la Pace nel 1991 per il suo impegno nella lotta democratica, Suu Kyi è stata colpita in prima persona dal golpe venendo messa agli arresti domiciliari con le accuse di importazione illegale di walkie talkie e violazione delle norme anti Covid. Il suo arresto, avvenuto in concomitanza con quello degli altri membri del suo partito, ha scatenato proteste in tutto il paese e che durano già da due settimane.

La nuova condanna delle Nazioni unite

Nel frattempo, le Nazioni unite sono tornate a condannare il colpo di stato in Myanmar chiedendo ai militari di far tornare al più presto la democrazia nel paese. Inoltre, l’Unione europea ha fatto sapere di essere pronta a sanzionare i golpisti. Anche gli Stati Uniti sono intervenuti approvando sanzioni contro la giunta mentre la Nuova Zelanda ha deciso di interrompere le relazioni diplomatiche con il paese. Infine, la Cina ha condannato quanto avvenuto senza però intervenire sulla situazione. 

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