Il nervosismo cresce tra le pareti del palazzo di vetro dell’Onu. L’ambasciatore israeliano alle Nazioni unite Gilad Erdan ha chiesto le dimissioni del segretario generale Antonio Guterres, dopo le parole con cui ha aperto il Consiglio di sicurezza speciale.

L’attacco di Hamas in Israele «non è accaduto in un vuoto», ha detto Guterres. «Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione». Ha insistito sul cessate il fuoco umanitario e sottolineato che «nessuna parte di un conflitto armato è al di sopra del diritto umanitario internazionale». Anche il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen si è detto indignato dal discorso di Guterres e ha scritto su X, vecchio Twitter, che non incontrerà il segretario: «Non c’è spazio per un approccio equilibrato. Hamas deve essere cancellato dal mondo».

Il ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese ha invece accusato la comunità internazionale di applicare «doppi standard» ai palestinesi. Da parte sua, il segretario di stato degli Stati Uniti Antony Blinken ha richiamato l’attenzione del Consiglio sulla necessità di impedire l’allargamento del fronte all’Iran.

Come l’occidente stia gestendo la crisi è un argomento che interessa anche Turchia e Russia: il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha avuto un colloquio telefonico con il presidente russo Vladimir Putin, in cui ha affermato, come riporta una nota, che «il silenzio dei paesi occidentali ha portato la crisi umanitaria a Gaza a livelli incontrollabili».

Lo stallo interno

Se per gli Stati Uniti, che stanno cercando di guadagnare tempo per le negoziazioni sugli ostaggi, il rinvio dell’invasione di terra è una buona notizia, dentro Israele questo ritardo è la traduzione di una paralisi che il New York Times definisce «pervasiva». Anche il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto che l’attesa per questa azione sta «logorando i nervi del pubblico, dell’esercito e del governo». Lunedì sera infatti il premier Benjamin Netanyahu ha rilasciato un video con il ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo di stato maggiore dell’esercito Herzi Halevi in cui affermano di «star lavorando insieme, come un pugno di ferro» e che le decisioni del gabinetto di guerra sono prese all’unanimità.

Lo stesso Halevi ieri ha poi reiterato il mantra degli ultimi giorni: l’esercito è pronto per l’offensiva, che è stata dilazionata per «considerazioni tattiche e anche strategiche», ma la decisione di entrare a Gaza sarà presa «con il potere politico». Su richiesta dell’esercito i servizi di geolocalizzazione di Google e Apple hanno disattivato le informazioni sul traffico in tempo reale a Israele e Gaza, come già fatto in altri conflitti.

Gli attacchi

Non si sono fermati però i bombardamenti su Gaza. Il mercato di Nusseirat, nel sud della Striscia, è stato colpito e sarebbero morte diverse persone. Dei video mostrano i clienti scappare nel momento del botto, prima che la telecamera di sicurezza si spegnesse. Per l’agenzia di stampa Maan, ci sono stati almeno altri 18 morti nei bombardamenti su Deir el-Balah e Rafah. La notte precedente, Israele aveva detto di aver colpito 400 obiettivi di Hamas. Per il ministero della Salute di Gaza queste azioni sono risultate nel numero di vittime, in un solo giorno, più alto dall’aggravarsi del conflitto: almeno 704 persone sarebbero morte. Questi dati non sono stati verificati da altre fonti. Da Gaza a loro volta sono ripartiti i razzi verso il centro e il sud di Israele, con le sirene d’allarme che hanno risuonato nei pressi di Tel Aviv. L’Organizzazione mondiale della sanità ha avvisato che il sistema sanitario di Gaza è ormai al collasso: «Sei ospedali in tutta la Striscia di Gaza si sono già fermati per mancanza di carburante», ha fatto sapere in una nota.

La donna liberata

Con il rilascio di quattro ostaggi negli ultimi giorni si aprono intanto degli spiragli su quello che stanno vivendo le persone rapite. Yocheved Lifschitz,85 anni, ha raccontato alla stampa la sua esperienza: «Ho passato l’inferno». Lei e gli altri del kibbutz sono stati caricati su delle motociclette e colpiti con dei bastoni, poi, a Gaza, la donna ha visto una «enorme rete di tunnel sotterranei», come «la tela di un ragno». I suoi rapitori le hanno detto che «credono nel Corano» e che per questo non le avrebbero fatto del male. Per dormire c’erano dei materassi sul pavimento. Lifschitz ha detto che il posto era pulito, un medico veniva a visitarli mentre un paramedico portava le medicine. Ostaggi e rapitori mangiavano la stessa cosa: pita, cetrioli e formaggio. C’era una guardia a testa, e il necessario per l’igiene femminile: Lifschitz ha osservato che dai preparativi sembrava fossero pronti da tempo per questo. Il marito, che, come ricorda la Bbc, è un giornalista molto attivo per i diritti dei palestinesi, è ancora in ostaggio. «La storia non è finita finché non tornano tutti indietro», ha detto la donna.

© Riproduzione riservata