La guerra in Ucraina arriva centinaia di chilometri sopra la Terra. L’Iss, la Stazione spaziale internazionale (in orbita tra i 330 e i 410 km)  difficilmente cadrà sulle nostre teste, come ha minacciato in una serie di tweet e di video deliranti il capo di Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, Dimitrij Ragozin, considerato un fedelissimo di Putin.

Tuttavia, nello spazio si gioca la partita geopolitica del secolo. Ed è una partita militare. Ne sono convinti innanzitutto gli Stati Uniti, che a gennaio del 2020 hanno istituito, con la firma dell’allora presidente Donald Trump, la Space Force.

«Lo spazio è il nuovo dominio di guerra mondiale, la più grave minaccia per la sicurezza nazionale», affermava Trump a gennaio 2020.

Ecco perché gli effetti della guerra in Ucraina rischiano di ripercuotersi anche nello spazio, rendendo evidente a tutti la faglia lungo cui si dipanano gli equilibri mondiali di una nuova Guerra Fredda.

Ragozin, sui social, rivendica da giorni di avere in pugno le sorti dell’Iss (a cui partecipano cinque diverse agenzie spaziali: americana, europea, giapponese, canadese e russa), dal momento che è gestita da Mosca la cabina di regia per controllare la manovra di reboost, che mantiene l’Iss in orbita, evitando che si schianti sulla terra.

In realtà, la situazione è meno apocalittica di quel che appare (gli americani si stanno già attrezzando per fare a meno dei russi su questa manovra) e due giorni fa Mosca ha alzato di 900 metri la quota orbitale della Stazione, esattamente come previsto. Ma la questione su cui riflettere è un’altra.

Guerra fredda cosmica

I toni minacciosi utilizzati in questi giorni dal responsabile di Roscosmos indicano comunque un cambio di rotta iniziato ben prima della guerra in Ucraina e che ci ha fatto ripiombare in un clima da Guerra fredda. Che la collaborazione spaziale tra Mosca e Washington, iniziata nel 1998, si stesse concludendo, si era capito già un anno fa, quando i russi annunciarono il loro ritiro dall’Iss entro il 2025.

La Russia guarda sempre più a est, anche nelle collaborazioni spaziali. Lo dimostra l’intesa tra Mosca e Pechino ufficializzata ad agosto del 2021 per costruire un laboratorio scientifico sulla Luna in concorrenza con il programma Artemis della Nasa, a cui la Russia ha scelto di non aderire e a cui parteciperà invece l’Ucraina.

«Anche per il futuro dell'esplorazione spaziale - ha detto Umberto Guidoni, primo astronauta europeo a visitare l’Iss - sembra che ci saranno degli spostamenti negli equilibri internazionali, con le agenzie spaziali russa e cinese da un lato e Nasa, con i partner europei, giapponesi e canadesi che si dedicheranno a progetti differenziati».

La Cina sta diventando una potenza anche nello spazio e ha fatto di questo settore una priorità assoluta. Nel 2019 i cinesi hanno portato a termine la prima missione sulla faccia nascosta della Luna e ricevendo per questo i complimenti della Nasa.

Ad alimentare la competizione nello spazio anche il possibile sfruttamento economico dei corpi celesti, come gli asteroidi, ma anche Luna e Marte, percepiti da Pechino, così come da Washington, come possibili fonti di minerali rari sul nostro pianeta, ma fondamentali per l’industria tecnologica avanzata.

Dopo la crisi ucraina nel 2014 e ora con la guerra che divampa, l’Occidente si interroga se le sanzioni contro Mosca non abbiano spinto Vladimir Putin tra le braccia di Xi Jinping. Anche nello spazio, dove il binomio tra la potenza economica di Pechino e l’expertise di Mosca nell’esplorazione del cosmo, potrebbe dare il via a una nuova Guerra fredda spaziale.

Gli effetti sono già sotto i nostri occhi: l’importante missione europea alla ricerca di tracce di vita su Marte, ExoMars, cogestita con i russi e in cui l’Italia è azionista di maggioranza, rischia di saltare.

Il 28 febbraio scorso, l’Esa, l’Agenzia spaziale europea, ha definito - a causa delle sanzioni - amolto improbabile» il lancio del rover Rosalind Franklin previsto a settembre di quest’anno. Mosca detiene sia il lanciatore sia il veicolo di atterraggio.

Quello che per decenni è stato un ponte di pace, ovvero la collaborazione scientifica anche tra potenze contrapposte, rischia di sgretolarsi sotto i colpi di questo nuovo riassetto internazionale.

«Lo spazio, per come è fatta la presenza intorno alla Terra, lega tutti a doppio filo. E se questo filo si taglia per qualcuno rischia di tagliarsi per tutti», ha detto ai microfoni di Presa Diretta Roberto Battiston, ex presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana

© Riproduzione riservata