Nessuno dei due paesi suscita vere simpatie in Medio Oriente. Nessuno vuole che Teheran si faccia la bomba, ma nemmeno che Israele sia troppo potente Anche gli altri sciiti sono soddisfatti che per una volta l’Iran sia costretto a combattere direttamente. L’unica a perderci davvero è l’Armenia
Come vivono la guerra Iran-Israele i paesi attorno? Potremmo dire: mixed feelings, sentimenti divisi a metà. È universalmente noto che tra i sunniti – maggioranza dei musulmani –- non c’è tanta simpatia per l’Iran sciita considerato eterodosso (se non eretico), troppo svincolato nelle sue scelte politiche e inaffidabile, in specie per gli arabi.
Anche l’Iraq (sciita ma arabo) non segue del tutto la linea degli ayatollah iraniani e lo spazio aereo iracheno non è chiuso al passaggio degli israeliani. I persiani sono sempre stati considerati diversi e inattendibili dal resto del mondo arabo circostante. Gli stati più potenti come l’Arabia Saudita o l’Egitto sono avversari del regime dei mollah e non vedono di cattivo occhio l’attacco di Tel Aviv. Piuttosto Riad e Il Cairo si preoccupano che Israele non diventi troppo potente e il fatto che Teheran riesca a colpire lo stato ebraico è visto con un certo favore. Così anche ad Amman.
Lo stretto di Hormuz
L’unica reale preoccupazione per le monarchie del Golfo è che non venga chiuso lo stretto di Hormuz attraverso il quale passa un quinto delle esportazioni mondiali di greggio. Ora l’attacco Usa mette tale certezza in bilico. Ma nemmeno piacerebbe loro se l’Iran tornasse a essere il grande esportatore di petrolio che era al tempo dello scià mentre oggi Teheran è sottoposta a sanzioni e limitazioni di vario genere.
Girano sui social video della frontiera con il Libano dove vengono organizzate feste notturne per ammirare le tracce dei missili iraniani in rotta verso Israele. Vere o no, le scene denotano un clima anti-ebraico diffusissimo. Per i loro vicini qual è dunque la scelta: Israele o Iran?
In realtà né l’uno né l’altro: il meglio che si possa sperare da quelle parti è un indebolimento di entrambi. Certamente nessuno vuole che l’Iran si faccia l’arma nucleare come nessuno apprezza il fatto che Israele già la possegga senza nemmeno dichiararla.
Se l’AIEA (l’agenzia internazionale di controllo) ha avuto difficoltà di ispezione in Iran non può proprio entrare in Israele, che si connota come uno stato «d’eccezione» cioè che non segue le regole di tutti. Tel Aviv giustifica tale politica con il «rischio esistenziale» a cui è sottoposta da decenni proprio dai suoi vicini e segnatamente dall’odio totale degli ayatollah. Di conseguenza in Medio Oriente non c’è grande simpatia per entrambi, solo estemporanei interessi coincidenti.
Gli ex alleati dell’Iran
Nell’attuale battaglia gli stati arabi potrebbero essere definiti al massimo degli «spettatori interessati». Anche in Siria sia Israele sia l’Iran sono considerati occupanti ingombranti. Teheran perché sosteneva il regime di Assad e ha fatto entrare nel paese milizie sciite cercando di cambiarne la cartina etnica; gli israeliani perché continuano a intervenire militarmente rosicchiando pezzi di territorio siriano.
Anche alcuni ex alleati dell’Iran – come gli sciiti libanesi – sono sommessamente compiaciuti che la vecchia potenza tutelare sia costretta a esporsi direttamente dopo tanta propaganda. Non è piaciuto il fatto che Teheran abbia sempre mandato avanti a combattere i suoi suppletivi (siriani, libanesi, iracheni o yemeniti) risparmiandosi.
Da parte sua la Turchia (lo stato forse più potente della regione dopo Israele) non ha ancora deciso se scontrarsi con lo stato ebraico o accordarsi spartendosi la Siria. Nell’attesa teme l’afflusso di profughi che stanno cercando di lasciare l’Iran: molti sono stranieri che approfittano della vicinanza della frontiera per ripararsi dal conflitto. Ma ce ne sono anche di iraniani di varie etnie che tentano di lasciare il proprio paese. Tra l’altro i partiti curdi d’Iran si sono improvvisamente riattivati e ciò non può far piacere alle autorità di Ankara. Nemmeno l’Azerbaijan è felice di vedere l’instabilità aggravarsi ai suoi confini ma chi ci perde davvero è l’Armenia che aveva nell’Iran dei mollah il suo solo vero alleato e l’unica frontiera via terra ancora aperta.
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