Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha detto che Hamas «ha perso il controllo di Gaza City». Secondo Gallant «l’Idf ha intensificato gli attacchi ai tunnel e i terroristi stanno adesso fuggendo verso sud, mentre i civili saccheggiano le loro basi». Ieri l’esercito israeliano è arrivato alle porte di al Shifa – il più grande complesso ospedaliero di Gaza – sotto il quale sarebbe nascosto un quartier generale di Hamas.

Le circa duemila persone tra pazienti, personale e sfollati in cerca di riparo sono bloccate al suo interno. Un chirurgo di Medici senza Frontiere che lavora nell’ospedale ed è riuscito a mettersi in contatto con l’associazione ha raccontato che «cecchini israeliani hanno mirato ad alcuni pazienti, un’ambulanza che era andata a recuperare dei feriti è stata attaccata e ci sono feriti fuori dall’ospedale che non possono essere curati».

Non solo, il chirurgo ha chiesto «garanzie per un corridoio sicuro prima di lasciare l’ospedale» perché «alcune persone in fuga da al Shifa sono state attaccate dai cecchini». Nel frattempo altri medici hanno definito la situazione della struttura «catastrofica e disperata».

Ci sono dozzine di corpi in decomposizione che «non possono essere preservati o rimossi – ha riferito il ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas – questo aumenta il rischio epidemiologico». Ad al Shifa, inoltre, non funziona più nulla. La carenza di carburante impedisce ai medici di curare i loro pazienti.

Domenica le forze armate israeliane hanno diffuso un video di soldati mentre lasciano 15 taniche di carburante sul ciglio di una strada vicino all’ospedale e hanno accusato Hamas di impedire che venissero prelevate.

Tuttavia, il personale sostiene di avere troppa paura per uscire dalla struttura e andare a prenderlo e che comunque quel quantitativo fornirebbe energia sufficiente soltanto per un’ora. Anche i camion dell’Unwra è a corto di carburante, perciò martedì «non potrà ricevere gli aiuti in arrivo dal valico di Rafah». Nel frattempo Hamas ha lanciato dalla Striscia il primo attacco missilistico a lungo raggio, arrivando fino a Tel Aviv. Non succedeva da venerdì scorso, ma l’attacco non ha causato vittime.

Al Quds

Anche nell’ospedale di al Quds la situazione è disperata. I suoi cinquecento pazienti non ricevono più cure dal fine settimana perché la struttura è rimasta senza carburante. La Mezzaluna rossa palestinese ha riferito che un convoglio diretto verso l’ospedale per evacuare pazienti e personale medico, dopo essere partito da Khan Yunis, nel sud della Striscia, è stato costretto a rientrare a causa dei bombardamenti.

I gazawi sono quindi ancora intrappolati all’interno senza cibo, acqua ed elettricità. L’esercito israeliano ha detto di aver eliminato 21 terroristi, si tratterebbe di «una squadra terroristica che si era infiltrata in un gruppo di civili all’ingresso dell’ospedale e aveva iniziato a sparare contro i soldati».

L’altro fronte

Nel frattempo tra il nord d’Israele e il sud del Libano vengono lanciati continui razzi. Lunedì alcuni israeliani sono rimasti feriti in Alta Galilea dopo essere stati investiti da un missile anticarro. Domenica un civile israeliano è stato colpito da un missile di Hezbollah.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto lunedì: «Chi pensa che può estendere gli attacchi contro le nostre forze e i nostri civili gioca con il fuoco», anche se non ha citato direttamente Hezbollah. Intanto lunedì pomeriggio, ripetuti rai israeliani hanno colpito i distretti di Bint Jbeil e quello di Naqura.

Gli Stati Uniti però stanno cercando di evitare che si verifichi un’escalation al confine, altrimenti secondo il Pentagono, Washington sarebbe costretta ad «intervenire militarmente». Ecco perché lunedì il segretario della Difesa, Lloyd Austin, ha dichiarato che le schermaglie tra Israele e la milizia libanese si limitano a una serie di provocazioni e reazioni immediate.

Tentativi diplomatici

Dopo settimane di divisioni i 27 paesi dell’Unione europea hanno condannato all’unanimità Hamas per l’uso di ospedali e civili come «scudi umani». L’Alto Rappresentante dell’Unione europea, Joseph Borrell, ha detto che inizierà martedì una visita in «Israele, Palestina, Bahrein, Arabia Saudita e Qatar» e ha precisato che «serve un maggior coinvolgimento dell’Ue nella regione, ma non basta ricostruire Gaza, è necessario costruire uno stato palestinese». Anche il re di Giordania Abdallah si è opposto al piano che Netanyahu aveva esposto la scorsa settimana e che prevede l’istituzione di zone di sicurezza all’interno della Striscia una volta sconfitto Hamas.

Il futuro della Striscia rimane però incerto, mentre è chiaro l’obiettivo dello stato Ebraico: «Andare avanti fino alla vittoria totale» così si è espresso lunedì il premier Netanyahu, che ha nuovamente respinto una richiesta di cessate il fuoco se prima non verranno liberati gli ostaggi.

Mentre il ministro israeliano degli Esteri, Eli Cohen, che aveva in precedenza detto ai giornalisti di una «finestra diplomatica» di due o tre settimane prima che la pressione internazionale su Israele diventi troppo forte, si è corretto su X: «Non smetteremo di combattere fino a quando non avremo eliminato Hamas e riportato a casa tutti gli ostaggi».  

© Riproduzione riservata