Il nuovo numero di Scenari, la pubblicazione geopolitica di Domani, è questa settimana dedicato alle sfide poste di fronte alle democrazie liberali occidentali. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Isabella Antinozzi, Giuseppe Martinico, Lorenzo Castellani e altri studiosi e ricercatori – oltre alle mappe curate dai cartografi Bernardo Mannucci, Luca Mazzali e Daniele Dapiaggi (faseduestudio/Appears) – analizzano le contraddizioni, i limiti, le minacce interne ed esterne di un modello che, con le dovute correzioni, rappresenta ancora il sistema migliore da difendere. 

Cosa c’è nel nuovo numero

Il numero si apre con il contributo di Isabella Antinozzi, analista presso lo European council on foreign relations (Ecfr), che individua nel freno americano il problema di base della corsa a una difesa comune europea: le debolezze dell’Ue sul fronte militare derivano infatti non solo dall’inerzia dei vari establishment nazionali, ma anche dal fallimento della strategia americana post Guerra fredda. Eppure anche Washington beneficerebbe di un’Europa più attrezzata per difendersi.

Segue un estratto dal libro del politologo Francis Fukuyama, Il liberalismo e i suoi oppositori, appena pubblicato da Utet (2022). Dalla politica identitaria ai teorici critici, in molti hanno attaccato e messo in evidenza i limiti e gli errori del liberalismo e ne hanno criticato le premesse, ma nessuno è stato ancora in grado di dimostrare in che modo questa dottrina sia essenzialmente sbagliata. Se abbinato con la democrazia, e apportando le dovute correzioni politiche alle disuguaglianze prodotte dall’economia di mercato, il liberalismo può ancora rivelarsi il migliore dei sistemi possibili.

L’analista Ecfr Federico Borsari fa poi luce sullo stato in cui si trova l’esercito ucraino, il quale, per non perdere la battaglia decisiva del Donbass, necessita di artiglieria che l’occidente non riesce però a fornire a ritmo sufficiente. La finestra temporale per questo supporto essenziale si restringe sempre più e nel giro di poche settimane potrebbe essere troppo tardi per impedire la presa russa di quest’area, con conseguenze strategiche rilevanti per l’andamento e la durata del conflitto.

A seguire, il politologo Christopher Bickerton spiega quanto sia difficile per gli europei occidentali cresciuti dopo la Guerra fredda, e quindi senza un immaginario bellico, comprendere il ritorno in Europa di un conflitto nello stile del Ventesimo secolo. Soltanto a est forza e identità nazionale sono ancora legate, e queste differenze di prospettiva stanno plasmando le risposte alla guerra della Russia in Ucraina. 

Viene poi presentato un articolo della slavista Jade McGlynn e della sociologa Fiona Greenland, già pubblicato sulla rivista Foreign Policy e tradotto da Monica Fava, che delinea – attraverso un parallelo fra Palmira e Kharkiv – le modalità con cui l’arroganza imperiale russa sta distruggendo l’eredità ucraina: la Russia di Putin si crede la vera erede della civiltà classica e sta replicando il saccheggio della Siria spacciandolo per conservazione culturale. Lo scopo è riscrivere il passato per presentarsi al popolo russo e al mondo come autentica custode di quella cultura occidentale che l’America ha irrimediabilmente corrotto.

Il giurista Giuseppe Martinico approfondisce in seguito il nesso tra democrazia costituzionale e populismi: l’approccio classico tende a concepire populismo e costituzionalismo come fenomeni antitetici, ma alcuni filoni di pensiero suggeriscono che il populismo stesso sia alimentato dalle categorie del diritto e della teoria costituzionale. La grande sfida consiste nel superare un approccio puramente difensivo alle pretese populiste e trasformare la sfiducia in una virtù democratica attiva.

Lo storico Lorenzo Castellani esamina poi le contraddizioni interne della democrazia liberale che, per proteggere sé stessa, o ciò che ne resta, è costretta nelle emergenze a costruire meccanismi di esclusione dal governo, a screditare posizioni politiche e a cercare e costruire un nemico interno. In più, la pluralizzazione delle élite e la disgregazione delle istituzioni tradizionali hanno portato i sistemi democratici a una legittimazione ibrida, che a sua volta genera autorità ibride. Il rischio, di fronte a crisi sempre più frequenti e difficili da governare, è la perdita di legittimità dell’intero sistema politico.

L’analista Seth Moskowitz ci guida in California, spiegandoci perché i democratici di San Francisco hanno di recente votato contro i loro candidati: il 7 giugno gli elettori della città hanno infatti sfiduciato il loro procuratore distrettuale, Chesa Boudin, accusato dell’aumento dei crimini in città e, soprattutto, di indifferenza e distacco verso le preoccupazioni dei cittadini. Queste elezioni sono un’opportunità per i democratici di rivalutare il loro corso attuale. Se non lo faranno, il rischio è spalancare la porta a Donald Trump per un ritorno alla Casa Bianca nel 2024. Il testo, tradotto da Monica Fava, è già apparso sulla testata online Persuasion.

Infine, il ricercatore Fernando D’Aniello offre il suo spunto di riflessione da Berlino: la svolta, la Zeitwende di Olaf Scholz sull’aumento della spesa militare e sull’invio di armi a Kiev segnano un passaggio importante di fase rispetto alla tradizionale politica tedesca, ma la linea del cancelliere sull’ordine successivo alla guerra in Ucraina è ancora incerta. Il governo federale dovrebbe cercare di uscire dal cono d’ombra di Angela Merkel e lavorare più attivamente a una soluzione politica del conflitto.

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