Molte cose sono state dette e scritte a proposito del nuovo concetto strategico della Nato: che era in ritardo, perché i concetti strategici escono ogni dieci anni; che la Nato dimentica l’Europa; che è un ritorno al passato; che guarda al futuro con la dimensione cyber; che per la prima volta si parla di Cina. C’è del vero in quasi tutte queste affermazioni, ma da sole rischiano di essere troppo semplicistiche.

Di sicuro il vertice di Madrid di giugno 2022 sarà ricordato come una pietra miliare nella storia dell’Alleanza. Si parlava da alcuni anni dell’esigenza di pubblicare un nuovo concetto strategico, non perché ci sia una cadenza fissa, ma perché il mondo oggi è profondamente diverso da quello del 2010.

Il concetto strategico, infatti, è il documento chiave che esprime le priorità strategiche dell’Alleanza in quel preciso momento storico, delimitando il ruolo e i compiti che gli stati membri le affidano: dopo una attenta valutazione delle minacce e del contesto in cui la Nato è chiamata a operare, vengono infatti definiti gli scopi a cui si tende e i mezzi da utilizzare per raggiungerli. È chiaro che, parlando di un’organizzazione costituita da trenta stati, la ricerca di un equilibrio tra le priorità di politica estera e la percezione delle minacce è estremamente delicato, considerando la natura asimmetrica dell’Alleanza, specialmente ora che il sistema internazionale si fa via via più complesso e gli equilibri internazionali sono sempre più fragili.

Elementi di novità

È a partire dall’analisi dello scenario di riferimento che si comprendono i cambiamenti di postura della Nato: innanzitutto la constatazione che l’area euro-atlantica non è in pace e che la principale minaccia alla sicurezza dei cittadini dell’Alleanza è la Federazione russa. Da questo scaturiscono le interpretazioni secondo cui si può parlare di un ritorno al passato.

Se ciò che aveva spinto in primo luogo i primi dodici stati membri a unirsi in una alleanza militare era il confronto con l’Unione sovietica, l’attacco russo all’Ucraina riporta in vita il nemico tradizionale, dando anche maggiore importanza al compito legato alla difesa e alla deterrenza. Ma l’attuale scenario viene dipinto tenendo conto delle complicate dinamiche che restano in gioco: la sfida del terrorismo internazionale, gli autoritarismi, i fragili equilibri in Africa e in medio oriente, le minacce che derivano dal dominio cibernetico e, novità assoluta, le ambizioni cinesi di maggiore influenza a livello globale. Ciò che emerge è quindi un quadro molto complesso, in cui è troppo semplicistico affermare che l’Europa sia stata messa da parte o che l’Alleanza sia tornata indietro alla Guerra fredda.

Uno degli elementi più interessanti è la menzione alla Cina, per la prima volta nella storia della Nato: il documento fa riferimento agli strumenti politici, economici e militari che sta impiegando per aumentare la sua impronta nello scenario globale, e la definisce “opaca” in merito alla sua strategia e alle sue intenzioni riguardo alla crescita militare. Da un lato si dichiara un’apertura nei suoi confronti, pur menzionando chiaramente le sue campagne di disinformazione ai danni degli alleati e la sua partnership strategica con la Federazione russa, l’inevitabile nemico numero uno della Nato. Dall’altro è chiaro che gli Stati Uniti per primi stanno osservando con estrema attenzione ciò che succede a est e questo ha effettivamente delle ripercussioni sull’Europa.

L’altro elemento di novità è rappresentato dal ruolo di primo piano del dominio cibernetico. In questo caso già nel precedente concetto strategico, quello presentato a Lisbona nel 2010, si richiamava la necessità di dotarsi di capacità di difesa e di allerta in caso di possibili attacchi. Ora il cambiamento del contesto in cui la Nato opera ha portato a scrivere nel documento che uno o una serie di attacchi cibernetici che dovessero raggiungere il livello di attacco armato potrebbero far invocare l’applicazione dell’articolo 5, quello sulla difesa collettiva e questo è un cambiamento epocale. Il concetto strategico, pur ribadendo la piena osservanza delle regole di diritto internazionale, non definisce un limite specifico al di sopra del quale intende applicare questo principio: se lo facesse, gli attori ostili si impegnerebbero a continuare a provocare danni rimanendo sempre al di sotto della soglia critica e questo è contrario al principio di deterrenza.

Sicurezza e difesa

E riguardo agli altri compiti della Nato stabiliti nel 2010, cosa ne è della sicurezza cooperativa e della gestione delle crisi? Dopo la caduta di Kabul dell’agosto 2021 e il precipitoso ritiro dall’Afghanistan, ci si aspettava un profondo ripensamento della postura dell’Alleanza e si temeva che il compito di gestione e prevenzione delle crisi sarebbe stato abbandonato completamente. Così non è stato. Anzi, più volte viene ribadito l’impegno della Nato e la preoccupazione per il fianco sud, frutto di un notevole sforzo dei diplomatici italiani nel tener viva l’attenzione su un’area del mondo che continua a destare preoccupazioni per gli stati membri affacciati sul Mediterraneo. Anche l’aspetto della sicurezza cooperativa, portata avanti ad esempio con le numerose iniziative di partenariato, ha trovato il suo spazio nel concetto strategico di Madrid, a riprova del fatto che la Nato non sta cancellando gli ultimi trent’anni di storia e neanche del tutto riscrivendo il suo futuro.

Per usare le parole del documento, lo scopo dell’Alleanza continua a essere la difesa collettiva, con un approccio a 360 gradi che cerca di adattarsi a una realtà operativa che cambia in continuazione, che cresce di dimensioni, in profondità, vola nello spazio e naviga nelle fibre ottiche in luoghi del tutto immateriali. La guerra multi-dominio è ormai il presente, non più il futuro dei conflitti e a questo gli stati membri devono adattarsi.

Molte cose sono state dette e molte si potrebbero ancora dire per analizzare i cambiamenti di postura e al contempo le continuità con il passato di una Alleanza che si è dimostrata incredibilmente resiliente. Se tornassimo indietro di qualche anno, ci troveremmo a leggere titoli di giornale che parlano di «morte cerebrale della Nato». Ancora una volta, invece, dopo un primo radicale ripensamento nel 1991 e due successivi rinnovamenti nel 1999 e nel 2010, la Nato è riuscita a ricompattare i ranghi e a riconfermare la propria rilevanza.

Il legame con l’Ue

In questo quadro si inserisce anche l’imprescindibile legame con l’Unione europea. Entrambi gli attori, infatti, riconoscono l’importanza di operare insieme e rinforzarsi a vicenda, proprio per rispondere alle minacce per la sicurezza in Europa e sostenere i partner in difficoltà: primo tra tutti, l’Ucraina, a cui l’Alleanza assicura il proprio supporto, in continuità con le iniziative di addestramento congiunto già in atto da alcuni anni. La sfida per entrambe le organizzazioni è quella di dare vita a ciò che è scritto nei documenti strategici e dare concretezza ai principi e alle aspirazioni comuni. Sarà sicuramente un lavoro impegnativo, sia dal punto di vista politico, ma anche da quello tecnico e industriale.

Riassumendo, la Nato che è emersa dal Summit di Madrid è certamente più coesa rispetto a qualche anno fa e più decisa nel presentarsi alla comunità internazionale forte della propria rinnovata identità. Ha ribadito la propria essenza di alleanza difensiva nell’area euro-atlantica e la propria visione del mondo in cui «la sovranità, l’integrità territoriale, i diritti umani e il diritto internazionale sono rispettati e ogni paese può scegliere il proprio percorso, libero da aggressioni, coercizioni e sovversioni». È un’organizzazione disposta a collaborare con chiunque condivida questi principi e ribadisce la coesione degli Alleati. Saranno gli anni a venire, le prove che le verranno poste in avanti a stabilire quanto, ancora una volta, sia stata capace di rinnovarsi a sufficienza per rispondere alle sfide dell’ordine globale. Per il momento la storia sta dando prova del fatto che la sua esistenza continui ad essere utile, anzi necessaria.

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