Un summit tra Trump e Putin è un passaggio necessario per mettere fine al conflitto in Ucraina. Trump ne è convinto e lunedì lo ha assicurato ancora una volta anche il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Un incontro tra i due leader è «necessario», ha detto Peskov, per risolvere le numerose questioni ancora aperte tra Stati Uniti e Russia.

Ma dietro le quinte, si conferma che Putin non ha alcuna fretta di incontrare il suo omologo, convinto che più tempo riuscirà a far passare, maggiori concessioni riuscirà a spuntare grazie alle vittorie ottenute sul campo dalle sue truppe. Così, Peskov ha escluso che l’atteso incontro possa avvenire già la prossima settimana, quando Trump visiterà Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Un’ipotesi che, ironia della sorte, era stata rilanciata proprio dall’agenzia russa Tass, dopo che Trump si era detto possibilista su un summit durante il viaggio in Medio Oriente. Il regno saudita sembrava il luogo ideale per l’incontro, dopo aver già ospitato diversi incontri tra delegati di Usa, Russia e Ucraina.

Il Cremlino, però, esclude viaggi di Putin in Medio Oriente nel mese di maggio e continua imperterrito a prendere tempo, a ritardare i negoziati e a cercare di concedere a Trump il minimo indispensabile per tenerlo tranquillo.

Trump, intanto, continua a spingere per una soluzione diplomatica. «Non vedo l'ora di collaborare con il presidente Erdogan per porre fine alla ridicola, ma mortale, guerra tra Russia e Ucraina, ORA!», ha scritto dopo una telefonata con il presidente turco. Ma allo stesso tempo, il president e il suo entourage appaiono sempre più sconfortati, con Trump che proprio negli ultimi giorni ha ammesso che portare alla pace i due Paesi «forse è impossibile. C’è talmente tanto odio tra quei due [Putin e Zelensky] e, francamente, anche tra molti combattenti, tra i generali. Hanno combattuto una guerra durissima per tre anni».

Come a voler sottolineare la sua differenza con il leader russo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha ribadito ancora una volta la sua disponibilità a un accordo. «Siamo pronti al cessate il fuoco, in qualsiasi momento, anche ora», ha detto Zelensky dalla Repubblica Ceca, dove si trova in visita. «Oggi – ha ricordato – siamo al 54esimo giorno da quando la Russia ha respinto la proposta di tregua arrivata dagli Stati Uniti». Zelensky ha poi definito «puro teatro» la tregua unilaterale proclamata da Putin tra l’8 e il 10 maggio.

Tra atomiche e riconciliazione

Il leader russo, invece, non sembra voler dedicare molto tempo per pensare alla pace. In un’intervista-documentario di un’ora e mezza, andata in onda lunedì sul canale Russia 1, Putin non ha dedicato nemmeno un minuto alle trattative, anche se il documentario è stato girato in primavera, quando i colloqui con gli Stati Uniti erano già in corso da settimane. Ha preferito parlare dell’annessione dell’Ucraina del 2014, quando, ha detto, la società russa «non era ancora pronta» a lanciarsi in uno scontro diretto con «l’Occidente», come avvenuto con l’invasione su larga scala del 2022.

Putin ha poi parlato della possibilità di uso di armi nucleari nel conflitto, accusando Europa e Stati Uniti di aver cercato di provocarne l’uso. «Volevano spingerci a commettere errori – ha detto Putin – Ebbene, non c’era bisogno di usare le armi che hai appena menzionato, e spero che non ce ne sarà bisogno. Abbiamo forze e risorse sufficienti per portare a compimento ciò che è iniziato nel 2022, con il risultato di cui la Russia ha bisogno».

Parlando dei suoi possibili successori, Putin ha detto che è un tema a cui pensa spesso e che presto una o più figure dovranno farsi avanti, anche se l’ultima parola su chi scegliere spetterà agli elettori russi. Infine, l’intervistatore gli ha domandato cosa pensa di una futura riconciliazione con gli ucraini. «Penso che sia inevitabile. Nonostante tutta la tragedia che stiamo vivendo in questo momento. È solo una questione di tempo», ha risposto Putin.

La situazione sul campo

Una riconciliazione che sarà anche inevitabile, ma intanto i droni suicidi russi continuano a piovere sulle città ucraine. L’aviazione di Kiev ne ha contati 116 solo nella notte tra domenica e lunedì, a cui si sono aggiunti anche due missili balistici lanciati contro la regione di Sumy, la nuova area “calda” del fronte dopo che i russi hanno sgomberato quasi completamente i soldati ucraini che occupavano la vicina regione russa di Kursk. Nella notte, una persona è morta e altre sette sono rimaste ferite nella città di Kherson.

Gli ucraini hanno risposto con un attacco dei loro droni contro la Russia. Mosca rivendica di averne abbattuti 26. La maggioranza era diretta verso Mosca e alcuni sono arrivati abbastanza vicini da causare la chiusura temporanea di uno degli aeroporti cittadini. A parte questo, il sindaco della capitale, Sergei Sobyanin, ha detto che non si sono verificati altri danni. Diversa la situazione più a sud, dove, secondo il governatore di Kursk, almeno tre persone sono morte negli attacchi contro la regione.

Il fronte di terra, invece, continua a rimanere relativamente calmo. Secondo un’analisi di BBC, nel corso del 2024 le truppe russe hanno sacrificato la vita di 27 soldati per ogni chilometro quadrato di ucraina occupato. Nel frattempo, l’esercito di Mosca intensifica gli attacchi contro Pokrovsk, una delle città strategiche che gli ucraini controllano nel Donbass. Più a ovest, i soldati di Mosca sono arrivati a pochi chilometri dal confine con l’oblast di Dnipro, una regione dell’Ucraina dove non erano ancora entrati e le cui difese sarebbero al momento piuttosto impreparate.

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