È passato più di un mese dall’inizio del conflitto e diversi leader internazionali hanno cercato di assumere un ruolo di primo piano nella mediazione tra il governo russo e quello ucraino.

Tra questi ci sono sicuramente il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il primo ministro israeliano Naftali Bennett e diversi politici europei come il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Al tavolo delle mediazioni ci sono grandi assenti e uno di questi è il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, i cui diplomatici hanno invece avuto un ruolo rilevante per ottenere il cessate il fuoco circa un anno fa nel conflitto tra Israele e Gaza.

La posizione di al Sisi a oggi è ancora ambigua. Se alle Nazioni unite l’Egitto ha votato la risoluzione di condanna dell’invasione russa in Ucraina, qualche giorno dopo, il 9 marzo, al Sisi ha chiamato il presidente russo Vladimir Putin ringraziandolo per aver permesso l’evacuazione di migliaia di egiziani presenti nel paese dove risiedono oltre 6mila cittadini.

Analisti ed esperti hanno interpretato la telefonata di al Sisi come un colloquio per giustificare il voto di condanna alla guerra in sede Onu, questo perché Putin è considerato un importante alleato per il presidente egiziano.

I legami con Mosca

I rapporti tra Putin e al Sisi si sono intensificati nel 2014 e 2015, anno in cui il presidente russo è andato al Cairo portando in dono al generale egiziano un kalashnikov Ak-47. Un regalo emblematico, visto che in quell’anno l’Egitto ha firmato diversi contratti per acquistare armi dalla Russia e potenziare soprattutto l’arsenale della Marina e dell’Aeronautica egiziana.

Elicotteri da combattimento, caccia e missili di difesa sono le armi più comprate dalla Russia da parte della Difesa egiziana. Tra le forniture militari più importanti c’è quella dal valore di 2 miliardi di dollari per i jet da combattimento Su-35 del 2018.

Il 19 novembre del 2015 i due presidenti hanno firmato un preaccordo per la costruzione russa della prima centrale nucleare del paese. Il valore complessivo dell’affare è di circa 28 miliardi di dollari per quattro reattori Vver-1200 in grado di generare ogni anno 4,800 megawatt.

La centrale nucleare di El Dabaa, ancora in costruzione da parte dell’azienda russa Rosatom, sorge sul Mediterraneo vicino la città di Mars Matrouh a ovest da  Alessandria. La Russia finanzia l’85 per cento attraverso un prestito da 25 miliardi di dollari concesso al Cairo mentre il governo pagherà in contanti il restante 15 per cento.

I legami commerciali tra i due paesi valgono parecchio. Nel 2019 hanno raggiunto un valore complessivo di 6.,2 miliardi di dollari, rendendo la Russia uno dei primi 10 partner commerciali del paese arabo.

Nel 2018 l'Egitto e la Russia hanno firmato un accordo di 50 anni per costruire una zona industriale a est di Port Said, nella nuova zona economica del Canale di Suez, che ha l’obiettivo di attirare investimenti fino a 7 miliardi di dollari.

Il progetto, fortemente voluto dal presidente al Sisi, mira a creare un hub internazionale per facilitare l’esportazione di prodotti verso i mercati africani ed europei.

Il riposizionamento geopolitico in Medio Oriente

La guerra in Ucraina ha aumentato le preoccupazioni di al Sisi per l’approvvigionamento di grano. L’Egitto è uno dei maggiori importatori al mondo e il suo portafoglio di fornitori non è molto variegato. Nel 2021, la Russia ha inviato in Egitto 4,2 milioni di tonnellate di grano, per un valore di 1,2 miliardi di dollari, circa il 70 per cento delle importazioni totali egiziane, mentre l’importazione dall’Ucraina garantisce il 10,7 per cento. L’Egitto ha bloccato tutte le esportazioni all’estero di cereali e grano per cercare di mitigare l’impatto della crisi.

In un paese in cui circa il 30 per cento della popolazione vive sotto la soglia della povertà la mancanza del grano rischia non solo di far patire la fame a milioni di persone ma anche di scatenare forti ondate di proteste, spesso represse dai servizi di sicurezza egiziani.

Per questo al Sisi ha iniziato a guardarsi intorno per rafforzare i rapporti commerciali e attirare ulteriori investimenti dai paesi del Golfo Persico. Ne è prova il viaggio dello scorso 8 marzo, quando al Sisi è volato a Riyadh, dove ha incontrato il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman.

Il 22 marzo, a Sharm el Sheikh, il presidente egiziano ha invece ospitato un meeting a sorpresa con il principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed, e il primo ministro israeliano Naftali Bennett, tra i leader più attivi nei negoziati tra il governo russo e quello ucraino.

Tre giorni più tardi, il 25 marzo, al Sisi si è recato in Giordania in visita al re Abdullah II insieme al primo ministro iracheno, Mustafa al Kadhimi, e, di nuovo, il principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed al Nahyan.

L’ultimo incontro diplomatico è quello che si è tenuto nelle giornate del 27 e 28 marzo, uno dei più importanti summit che si sono tenuti in medioriente negli ultimi anni. Si sono seduti allo stesso tavolo i ministri degli Esteri di Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Marocco che hanno discusso con il segretario di Stato americano, Antony Blinken, alla presenza del premier israeliano Naftali Bennett.

Diversi sono i dossier delicati trattati durante l’incontro, dalla guerra in Ucraina, alla risoluzione delle crisi energetica e alimentare che ne conseguono.

Gli Stati Uniti

I rapporti tra l’Egitto e la Casa Bianca sono mutati con il cambio di presidenza. Il presidente al Sisi godeva di ottimi rapporti con l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, visto il poco peso dato da parte del repubblicano alla causa dei diritti umani nel paese. La situazione è diversa con Joe Biden, che più volte ha chiesto al generale egiziano di allentare la repressione a danno di attivisti, giornalisti e manifestanti. Recentemente il Congresso americano ha cancellato un aiuto militare dal valore di 130 milioni da consegnare all’Egitto, proprio per via dello status dei diritti umani nel paese. 

Putin, invece, non ha mai chiesto conto ad al Sisi dei giornalisti e attivisti finiti nelle sue carceri e ha visto in lui un alleato chiave nel Nord Africa. Lo scorso dicembre i due presidenti hanno avuto un colloquio telefonico per trovare una strategia coordinata in Libia. L’obiettivo è quello di combattere le milizie che non sono sotto la loro sfera di influenza e porre fine alle interferenze straniere illegali negli affari libici.

L’energia

La crisi alimentare causata dalla guerra in Ucraina ha spinto il presidente al Sisi a rivolgersi nuovamente al Fondo monetario internazionale per la terza volta dal 2016.

Ma sul lato energetico al Sisi può puntare ad aumentare la sua produzione di gas contando sul grande giacimento di Zohr nel Mediterraneo gestito tra gli altri da Eni (50 per cento) e Rosneft (30 per cento), colpita dalle sanzioni occidentali. Tra la centrale nucleare costruira da Rosatom e il gas estratto da Rosneft, il presidente egiziano si trova in una posizione scomoda e ha paura che le sanzioni occidentali possano avere ripercussioni economiche non indifferenti.

Proprio per questo la Conferenza sul clima delle Nazioni unite (Cop27) che si terrà in Egitto il prossimo novembre è un evento diplomatico di primaria importanza per l’Egitto, che intende valorizzare al massimo le sue risorse energetiche in un periodo in cui la guerra rischia di posticipare il processo di transizione ecologica mondiale.

© Riproduzione riservata