Nel 202esimo giorno del conflitto, mentre le forze israeliane hanno ucciso ancora una volta un operatore umanitario belga e suo figlio di sette anni in un attacco a Rafah, come ha affermato la ministra della Cooperazione allo sviluppo e delle politiche urbane belga Caroline Gennez, l’Egitto del presidente Al Sisi prova a fermare i carri armati della Stella di David consegnando a Israele una proposta di Hamas per un cessate il fuoco della durata di un anno, in cambio della sospensione degli attacchi alle forze israeliane.

Ma c’è di più. Mentre gIi Usa chiedono ad Hamas insieme ad altri 17 stati di rilasciare gli ostaggi, uno dei suoi politici, Khalil al-Hayya, ha detto all’Associated Press che il gruppo militante islamico è disposto ad accettare una tregua di cinque anni con Israele e che deporrà le armi se verrà creato uno Stato palestinese indipendente con i confini pre 1967.

I commenti di Khalil al-Hayya – vice del leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar – arrivano sullo sfondo dello stallo per il cessate il fuoco. L’ipotesi del disarmo di Hamas sembra essere una rilevante concessione da parte del gruppo, ufficialmente impegnato nella distruzione di Israele.

Siamo di fronte a una svolta simile a quando il 9 settembre 1993 il leader palestinese Yasser Arafat rilasciò una dichiarazione di stampa nella quale stabiliva che «l’Olp riconosceva il diritto dello Stato d’Israele all’esistenza pacifica e sicura». Una decisione simile a quella che portò l’Olp agli accordi di Oslo? Difficile dirlo in una situazione troppo intossicata da veleni e sospetti reciproci.

È però improbabile che il governo Netanyahu prenda in considerazione uno scenario del genere, avendo promesso ai suoi elettori di schiacciare Hamas in seguito al letale attacco del 7 ottobre, e la sua attuale leadership è contraria alla creazione di uno Stato palestinese sulle terre conquistate da Israele nella guerra del 1967.

Un forte dissidio con il presidente americano, Joe Biden, che negli Usa deve contenere le proteste sempre più estese degli studenti universitari che chiedono la fine della guerra nella Striscia.

Al-Hayya, parlando all’Ap a Istanbul, ha detto che Hamas vuole unirsi all’Organizzazione per la liberazione della Palestina, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo per Gaza e la Cisgiordania. Ha detto che Hamas accetterebbe «uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali», lungo i confini di Israele precedenti il 1967. Se ciò accadesse, ha detto, l’ala militare del gruppo si scioglierebbe. Possibile? Difficile dare una valutazione ponderata.

Israele pronto per Rafah

Di sicuro c’è che Israele continua i preparativi per l’operazione a Rafah, attesa «molto presto». Un alto funzionario della sicurezza israeliano ha riferito alla Reuters che l’esercito israeliano è pronto a lanciare immediatamente un’operazione a Rafah e sta solo aspettando il via libero politico.

L’Idf ha approvato l’ultimo piano per l’operazione Rafah all’inizio di questa settimana. Il governo americano ha espresso ferma opposizione a un’operazione a Rafah senza un piano credibile per proteggere i civili.

Intanto, ha riferito Axios, questo giovedì il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, e il capo di stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, si sono incontrati in Egitto con il capo dell’intelligence del Cairo e altri funzionari chiave per discutere dell’imminente offensiva. L’Egitto ha messo in guardia Israele dall’entrare nella città, dove risiede più di un milione di palestinesi sfollati, fuggiti da altre zone della Striscia a causa dei bombardamenti.

Le proteste negli Usa

A Brooklyn, circa 2mila persone hanno occupato una piazza vicino alla casa del leader della maggioranza al Senato americano Chuck Schumer, un convinto sostenitore di Israele e l’ebreo di grado più alto nel governo degli Stati Uniti, cantando: «Stop agli armamenti di Israele». Gli organizzatori hanno dato risalto all’autrice canadese Naomi Klein, un’attivista pacifista che ha attinto alle sue radici ebraiche per opporsi al sionismo, da lei definito un «falso idolo come il vitello d’oro». «Cerchiamo di far migrare l’ebraismo da uno stato etnico che vuole che gli ebrei abbiano perennemente paura». Il testo integrale del suo intervento è stato pubblicato dal Guardian.

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