Circa «27.500 bambini stranieri sono ancora in pericolo» ha affermato Vladimir Voronkov, capo dell’antiterrorismo delle Nazioni unite. Voronkov si riferisce al rischio radicalizzazione dei figli dei miliziani dell’Isis che si trovano nei campi del nord-est della Siria. Secondo gli ultimi dati, circa 8mila di loro provengono da sessanta paesi diversi dall’Iraq e il 90 per cento ha meno di 12 anni.

Dalle Nazioni unite avvertono che molti di loro si stanno radicalizzando a causa del deterioramento delle condizioni di vita nei campi di detenzione presenti in Siria e Iraq. Secondo l’Onu, una possibile e immediata soluzione è il rimpatrio di queste famiglie nei loro paesi di origine.
A distanza di due anni dalla “dichiarata” sconfitta dei miliziani dello stato Islamico la comunità internazionale non ha compiuto «quasi nessun progresso» ha affermato Voronkov e ora le «sfide» e i «rischi stanno diventando più seri a causa dell'incuria e potrebbero avere un impatto a lungo termine non solo nella regione, ma a livello globale».

Sono circa 65mila le persone si trovano nel campo di Al Hol, con un numero di guardie di circa 400 unità dopo i tagli degli anni precedenti. Secondo gli esperti, circa 10mila donne e bambini «sarebbero stati indottrinati e preparati a diventare futuri agenti» dell'Isis. Voronkov ha ricordato al Consiglio di sicurezza dell’Onu che, a ottobre, i vertici dello stato Islamico hanno ribadito come loro obiettivo principale quello di «orchestrare evasioni e assistere i fuggitivi». Inoltre, ha ricordato che sono ancora operativi circa 10mila miliziani «compresi migliaia di terroristi stranieri» che «rimangono attivi nella regione, la maggior parte in Iraq».

Dopo un breve mea culpa per la mala gestione della crisi umanitaria in Siria, l’Onu chiede nuove misure per proteggere dal fondamentalismo e dall’incuria migliaia di donne e bambini presenti ancora in Siria.

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