L’inattesa fusione fra PGA Tour e LIV Golf chiude un conflitto che pareva incomponibile e segna un’altra tappa dell’espansionismo saudita nel sistema globale dello sport e dell’intrattenimento. Si parla di sportwashing e invece è esibizione muscolare di un irresistibile potere finanziario.
- L’accordo a sorpresa fra Jay Monahan (commissioner di PGA) e Yasir Al-Rumayyan (governatore di PIF, il fondo sovrano saudita che controlla LIV Golf) ha chiuso le ostilità che duravano da un anno e mezzo. Il soggetto unitario verrà finanziato dai sauditi.
- Il caso è stato presentato come un esempio di Superlega sportiva, formula che però rischia di essere banalizzata se non si tiene conto delle specificità istitizionali di ciascuna discilina sportiva mondiale.
- Per il regime saudita non è un’operazione di ripulitura dell’immagine, poiché quel regime non ritiene di dover ripulire alcunché. C’è soltanto un’esibizione muscolare di forza economico-finanziaria, la dimostrazione che tuttoi può essere comprato.
Come pareggiammo la guerra. L’annuncio dell’accordo che mette un punto finale al conflitto mondiale del golf trasforma lo scontro durissimo di un anno e mezzo in una soluzione consociativa dalle larghissime intese. A farsi convinto che l’abbraccio finale fosse preferibile a una contrapposizione tanto sanguinosa quanto priva di prospettive è stato Pga Tour, il soggetto che nel 2021 si era visto sottrarre il monopolio e per questo aveva scelto la linea dura contro chiunque aderisse al nuovo sog



