Perché il premier israeliano, Benjamin Netanyahu è scomparso dai social dove è molto presente, tace nel dibattito pubblico ed ha persino evitato di fare un discorso alla nazione a reti unificate dopo il clamoroso attacco iraniano con droni e missili cruise e balistici in territorio israeliano?

Un politico di lungo corso come lui, che ha fatto della lotta al regime degli ayatollah la cifra della sua politica, a partire dal discorso tenuto a settembre del 2012 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, quando con un pennarello tracciò una linea rossa sul disegno stilizzato di una bomba atomica in costruzione entro l’estate a Teheran, oggi, dopo il dissennato attacco iraniano tace o parla il meno possibile di Khamenei.

Ma come può non cogliere l’occasione irripetibile di lanciare una alleanza con i paesi moderati arabi contro la “testa del serpente”, iraniano per usare la metafora cara alla estrema destra del suo governo?

Eppure il raid iraniano ha ridato fiato a Israele togliendolo dall’isolamento politico e diplomatico in cui era finito per la disastrosa conduzione della guerra nella Striscia, che ha provocato 34mila morti in maggioranza civili, donne e bambini e alienato molte simpatie delle opinioni pubbliche internazionali.

Forse Netanyahu tace sull’Iran perché sa che, se dovesse rispondere militarmente a Teheran colpendo dei suoi proxy, dovrebbe nel contempo frenare sull’assalto a Rafah nel sud della Striscia, il suo mantra degli ultimi sei mesi.

Il paradosso è che Netanyahu ha sul piatto la possibilità di mettere fuori gioco diplomaticamente il regime khomeinista che combatte da anni, ma non osa disvelarlo perché teme la reazione di Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, i due ministri radicali del suo governo, che guardano molto più vicino, alla Striscia di Gaza e alla West Bank con l’appetito dei coloni che rappresentano e non hanno lo sguardo lungo e strategico per arrivare fino a Teheran e alla possibilità di trovare nuovi equilibri che coinvolgano i sauditi, i giordani e gli Emiri del Golfo in una “Nato” mediorientale di contenimento del regime iraniano.

Per questo Bibi, stretto nella tenaglia delle contraddizioni interne, tace o dice cose ovvie.

La risposta agli alleati

Certo, il premier non manca di intervenire nei rapporti con gli alleati. «Israele si riserva il diritto all'autodifesa», ha detto il premier Netanyahu incontrando i ministri degli Esteri di Regno Unito e Germania che ha ringraziato per il loro sostegno «inequivoco» allo Stato ebraico.

In precedenza sia Davdi Cameron sia Annalena Baerbock avevano chiesto di evitare escalation con Teheran. «Israele prenderà le sue decisioni da solo e si difenderà», ha ribadito in seguito Netanyahu.

«Sono appena tornato dagli incontri con i ministri degli Esteri di Gran Bretagna e Germania. Ieri sera ho parlato con il premier Rishi Sunak e presto parlerò anche con altri leader. Ringrazio - ha aggiunto - i nostri amici per il loro sostegno alla difesa di Israele. Apprezzo tutti i tipi di suggerimenti e consigli ma voglio che sia chiaro: prenderemo le nostre decisioni e lo Stato di Israele farà tutto il necessario per difendersi», ha detto ai membri del governo.

«È chiaro che gli israeliani stanno prendendo la decisione di agire», dopo l'attacco missilistico e di droni dell'Iran, ha affermato il ministro degli Esteri inglese David Cameron durante la sua visita in Israele.

Cameron ha chiesto inoltre che il G7 imponga «sanzioni coordinate» contro l'Iran dopo l'attacco condotto contro Israele. «Lavoreremo per cercare insieme di infliggere sanzioni all'Iran», ha aggiunto in proposito il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Capri per il G7 Esteri.

Le minacce di Teheran

In questo quadro l’Iran degli ayatollah, che hanno capito di essere caduti nella trappola tesagli da Tel Aviv della escalation, continua a mandare segnali sempre più bellicosi e al contempo poco credibili.

«Consigliamo ai nemici di non commettere alcun errore strategico, perché l'Iran è pronto a colpirli, soprattutto con i caccia Sukhoi-24, i bombardieri tattici supersonici russi», ha dichiarato il comandante delle forze aeree dell'Esercito Hamid Vahedi.

Oltre ai Sukhoi-24, la forza aerea iraniana è dotata di caccia più avanzati ed è pronta a sferrare un tale colpo ai nemici, che non saranno in grado di compensare, ha aggiunto Vahedi.

Ma intanto l'Iran avrebbe evacuato alcune sue basi in Siria, mentre altre lo sono solo di notte, quando Teheran teme che sia più probabile che abbia luogo un attacco israeliano. Secondo il Wall Street Journal, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ha adottato «misure di emergenza» per le sue strutture in tutta la Siria.

Le fonti hanno detto che solo alcuni membri sono rimasti a guardia degli arsenali di armi, mentre la maggior parte è stata evacuata. Gli Hezbollah libanesi hanno rivendicato due attacchi compiuti mercoledì mattina contro due diverse basi militari israeliane in Alta Galilea.

La Turchia invita il leader di Hamas

Durante il fine settimana, il leader della causa palestinese Ismail Haniyeh visiterà la Turchia, ha detto il presidente turco Tayyip Erdogan in un discorso al gruppo parlamentare del suo partito Akp.

«Hamas non è un'organizzazione terroristica», ha ribadito Erdogan durante il suo discorso. Intanto, Reuters ha scritto che il Qatar sta rivedendo il suo ruolo di mediatore nella trattativa perché, spiega l’agenzia, «il suo ruolo è stato strumentalizzato dal alcuni politici per i loro scopi».

Un rappresentante del Qatar ha riferito che i colloqui tra Israele e Hamas sulla tregua a Gaza sono in fase di stallo. E come potrebbe essere diversamente.

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