Dopo tanto tentennare, alla fine il governatore della Florida, Ron DeSantis, si è deciso a lanciare la sua candidatura alle primarie presidenziali del partito repubblicano nel 2024.

La notizia era attesa da tempo, ma forse arriva in uno dei momenti peggiori possibili per le fortune di DeSantis: da settimane, ormai, i sondaggi lo danno in caduta libera nei confronti dell’ex presidente Donald Trump. L’ultimo sondaggio di Morning Consult lo dà con un distacco superiore ai 30 punti nei confronti del giovane sfidante.

L’ex presidente del resto non ha badato a spese per attaccarlo con spot mirati, dove mette in luce il suo passato di ultrà trumpiano, mostrando spezzoni di un filmato elettorale del 2018 dove addirittura costruiva un muro con il Messico insieme ai suoi bambini usando dei cubetti colorati di gomma.

La novità è che il lancio della campagna elettorale non è avvenuta né durante un’intervista in prima serata su Fox News né su un palco allestito in una grande città della Florida, bensì in uno spazio virtuale su Twitter, in dialogo con Elon Musk.

La scelta che è coerente con i video che sono apparsi sui social di persone a lui vicini, ad esempio sull’account Twitter della moglie Casey: dove si sente la sua voce di sottofondo e il suo ingresso su un palco, attorniato da una folla plaudente. Ingresso che però non è avvenuto stanotte, dove si è sentita solo la sua voce.

Una scelta che è stata immediatamente accusata di elitismo e non è difficile immaginare perché. Non solo non c’erano giornalisti, che DeSantis non ha mai fatto mistero di disprezzare, ma nemmeno i supporter, che avrebbero rischiato di ospitare qualche trumpiano.

Tanto da guadagnarsi sia un attacco da parte di Trump che dei suoi collaboratori: ha dichiarato Katherine Leavitt, portavoce del super Pac Maga Inc., uno strumento che l’ex presidente usa per raccogliere fondi, che questo «è uno dei lanci di campagna più lontano dalla gente della storia moderna: l’unica cosa peggiore di questo lancio di campagna di nicchia su Twitter, è l’afterparty di DeSantis con la super elite nel resort di Miami», riferendosi a un party che è avvenuto la scorsa notte in un grand hotel di Miami con i donatori fedeli al governatore.

Il ruolo di Musk

Stupisce anche che a sostenere DeSantis ci sia Elon Musk: il quale, comprando Twitter lo scorso anno, aveva dichiarato di essere «un assolutista della libertà di parola». Difficile trovare ora come ora un governatore più censorio di DeSantis che ha preso provvedimenti restrittivi su tutto, sia sui riferimenti al razzismo nell’insegnamento scolastico, sulle esperienze lgbt per i bambini delle elementari ma anche per i contenuti dei curriculum universitari, per i libri da fornire in prestito nelle biblioteche pubbliche e nella libertà delle aziende di tenere corsi sull’inclusività o di chiedere certificati vaccinali.

Del resto, non temendo accuse di incoerenza, Musk aveva già espresso apprezzamento per DeSantis anche se ha dichiarato di non sostenerlo ancora e di averlo ospitato in un Twitter Space per dare maggiormente le caratteristiche di «agorà democratica» al social network.

Nonostante questo, nell’ultimo anno Musk ha assunto posizioni vicine all’estrema destra, sia per quanto riguarda il ruolo di Anthony Fauci nella gestione della pandemia, da lui accusato di essere un “criminale”, sia per alcune teorie del complotto riguardanti Paul Pelosi, marito dell’ex speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi, aggredito nella sua casa di San Francisco da un estremista di destra.

Non solo: Musk ha attaccato il magnate newyorchese di origine ungherese George Soros, usando velati riferimenti antisemiti contro di lui, “colpevole” di aver venduto numerose azioni della Tesla, la società di Musk che produce auto elettriche.

Trump dopo Trump

Molti analisti superficiali avevano collegato questo attivismo a una possibile candidatura presidenziale dello stesso Musk, impossibile per ragioni costituzionali, data la sua nascita in Sudafrica senza genitori che fossero già all’epoca cittadini americani.

Il ruolo che Musk vuole giocare sembra quindi diverso: vuole essere il promotore e finanziatore di una destra radicale post-trumpiana, ospitando anche nelle prossime settimane una nuova versione dello show di Tucker Carlson, l’anchorman di Fox News licenziato dall’emittente per aver promosso senza sosta teorie del complotto legate alle elezioni “rubate” del 2020.

Ipotesi peregrine che sono costate al proprietario Rupert Murdoch un patteggiamento da 787 milioni di dollari con Dominion, società che produce le macchine per il voto elettronico in uso in diversi stati “accusate” di essere state uno strumento nei presunti brogli millantati dall’entourage trumpiano.

Sia nel caso di DeSantis che nel caso di Musk, queste scelte appaiono fuori tempo massimo, ed è solo questione di tempo perché il magnate di origine sudafricana finisca nel mirino di Trump, che si è sempre rifiutato di tornare su Twitter nonostante la rimozione del bando permanente nei confronti del suo profilo personale avvenuta nei mesi scorsi.

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