Da quando la notizia del disastro aereo che avrebbe coinvolto il leader mercenario, Evgenij Prigožin, ha fatto il giro del mondo in ogni dove si è puntato il dito contro il presidente russo, Vladimir Putin, considerato l’ovvio e inevitabile mandante dell’attentato.

Dopo un lungo silenzio Putin aveva parlato dell’accaduto alla nazione giovedì sera, ma non si era difeso dalle accuse. Ci ha pensato ieri il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, a scagionarlo.

Parlando ai giornalisti Peskov ha detto che le affermazioni secondo cui il Cremlino sarebbe stato coinvolto nell’incidente «sono completamente false» e si è scagliato contro l’occidente che a sua detta grida bugie contro Putin, al posto di «basarsi solo sui fatti».

La versione ufficiale è che si sospetti un’anomalia di volo, gli inquirenti russi hanno infatti già avviato un procedimento penale per violazione delle norme sulla sicurezza e sulle operazioni di trasporto aereo. Ieri le scatole nere sono state trovate sul sito dell’incidente.

Mistero sulla morte

Al portavoce è stato poi chiesto se il Cremlino confermasse definitivamente la morte del tycoon di San Pietroburgo. D’altronde il giorno precedente il presidente Putin aveva parlato di lui al passato e l’intelligence americana dà ormai per certa la sua morte. C’è poi la testimonianza di uno dei comandanti di Wagner che sostiene di aver riconosciuto all’obitorio il cadavere del leader dall’assenza di una falange nell’anulare sinistro.

Ma Peskov ha ribadito che la conferma si avrà solo quando saranno disponibili i test del Dna. Anche per questo motivo il portavoce sostiene sia «prematuro dire adesso se Putin parteciperà o meno ai funerali di Prigožin», sebbene abbia precisato che «l’agenda del presidente è fitta di impegni».

La questione del funerale per la verità è un particolare non di poco conto. Il mercenario di San Pietroburgo aveva infatti ricevuto la designazione di “Eroe della Russia”, che in genere prevede procedure funerarie speciali, ma non è chiaro come le autorità russe gestiranno le future (ed eventuali) esequie.

Aiuti da Minsk

A spalleggiare Putin è intervenuto anche il presidente bielorusso, Aleksander Lukashenko. «Conosco Putin, è un uomo calmo e riflessivo» ha detto il presidente di Minsk, «non riesco a immaginare» che possa aver causato la morte di Prigožin.

Lukashenko si è poi difeso dalle accuse sulla scarsa protezione che avrebbe riservato al leader di Wagner, ma come specificato dallo stesso «non era suo compito garantire la sicurezza di Prigožin». Anzi Lukashenko afferma di averlo «avvertito di stare attento alla sua vita».

Per di più «sul territorio bielorusso ha mantenuto tutte le promesse fatte ai mercenari» precisa il presidente, aggiungendo che «il capo del Kgb li ha contattati ieri su sua istruzione riferendo loro che sarebbero state onorate le scelte concordate tra lui e Prigožin».

Gli avversari di Putin

Dall’altra parte dell’oceano però i funzionari americani non hanno molti dubbi sulla morte del mercenario. Mercoledì alcuni leader europei avevano ipotizzato il coinvolgimento di Putin nella vicenda e il presidente statunitense, Joe Biden, aveva detto che «poche cose succedono in Russia senza che Putin ne sia a conoscenza».

Parole definite ieri «inaccettabili» dal vice ministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov. A cui sono seguite le dichiarazioni del suo capo, Serghei Lavrov – durante il vertice dei Brics – che ha esortato a «concentrarsi sui fatti e non sulle dichiarazioni dei media occidentali».

Inoltre per l’intelligence americana è molto probabile che lo schianto del jet sia derivato dall’esplosione di un ordigno piazzato sul velivolo

Che ne sarà di Wagner?

Mentre i suoi sodali lo difendevano dalle accuse, Putin firmava un decreto che impone anche ai volontari che si arruolano in formazioni paramilitari – come la Wagner – di prestare giuramento di fedeltà allo stato.

Per la verità già dal primo luglio le formazioni di volontari, tra cui la stessa Wagner, avevano perso la loro indipendenza, venendo assorbite dalle truppe regolari russe. Anzi era stato proprio questo il casus belli che aveva portato la brigata alla rivolta.Anticipando la situazione, Denis Kapustin, comandante del “Corpo dei volontari russi” – che combatte a favore di Kiev contro la madrepatria – ha proposto ai paramilitari di Wagner di cambiare schieramento e unirsi al suo gruppo.

«Vi trovate di fronte a una scelta: servire come cani da guardia per gli esecutori dei vostri comandanti o vendicarvi» ha detto Kapustin. «Per vendicarvi dovete passare dalla parte dell’Ucraina» ha concluso. Wagner non ha risposto ufficialmente, ma la brigata è già stata indebolita dopo che il Cremlino si è rifiutato di pagare per il suo dispiegamento in Bielorussia, causando una notevole fuga del personale del gruppo.

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