A Sergio Mattarella, durante uno dei suoi bilaterali a Roma, Joe Biden ha detto: «L’America è tornata!». Rassicura gli europei alla vigilia della due giorni di vertice G20. Questi Stati Uniti che arrivano in pompa magna con decine e decine di auto presidenziali non sono comunque più quelli di una volta. Lo sa bene Emmanuel Macron, arrivato puntuale alle ore 16:16 a villa Bonaparte per quell’incontro col suo omologo Usa che dovrebbe lenire le ferite della crisi dei sottomarini. Lo sa bene perché Biden lo lascia lì, ad aspettare, per oltre un’ora e mezza. Non è chiaro quanto i rapporti transatlantici usciranno davvero rinsaldati da questo valzer di incontri, ma una cosa è certa: per la presidenza Draghi, per l’Ue e per quel che resta del multilateralismo, la disposizione al dialogo di Biden rimane in questo momento l’unica consolazione. Il presidente russo Vladimir Putin non sarà presente fisicamente al weekend del G20, quello cinese Xi Jinping neppure, e come ha fatto notare Romano Prodi «negli incontri internazionali la presenza fisica è vitale, i due terzi delle cose si svolgono nel corridoio, la politica è fatta di cose così». Un G20 «sfortunato», così lo chiama lui. Vedremo oggi, con la sessione su salute ed economia globali, e domenica, dove il tema di punta è il clima: poi tutti di corsa a prendere un volo per Glasgow, dove nello stesso giorno inizia la Cop26. Nel frattempo, c’è quel che resta dell’alleanza con gli Usa.

Tempi biblici

Fa aspettare Macron ma non il papa, il presidente Biden. Lo incontra per la quarta volta, la prima da presidente, e da presidente cattolico, il secondo nella storia americana. Arriva nel cortile di San Damaso a mezzogiorno in punto, si avvia verso la biblioteca apostolica e lì, in solitudine assoluta con papa Francesco, resta a lungo. Il Vaticano riferisce di un incontro privato di circa 75 minuti, più del doppio della durata solita di un’udienza col pontefice. Cosa devono dirsi le due autorità di così intenso e travagliato? Dopotutto sui due grandi temi oggetto del summit a venti, cioè pandemia e clima, Biden e Bergoglio hanno molto in comune. Entrambi si sono posti come leader sul cambiamento climatico, il papa già da anni – la Laudato si’ del 2015 è stata la prima enciclica del tutto dedicata all’ambiente – e Biden promettendo di invertire l’agenda anti green di Trump, pur con mille ostracismi interni. La sintonia è profonda anche sulla salute globale e sui vaccini: da maggio gli Stati Uniti hanno preso posizione a favore della sospensione dei brevetti e una settimana fa, il 22, la Casa Bianca ha fatto l’ennesimo appello a ogni membro dell’Organizzazione mondiale del commercio – dunque anzitutto alla più recalcitrante, l’Ue – per «sostenere la deroga». Papa Francesco chiede il “Trips Waiver” da mesi e mesi, lo twitta pure: «Le grandi aziende farmaceutiche liberalizzino i brevetti», tweet papale di questo mese. Sintonie quindi, ma anche motivi di possibile attrito. Il Vaticano dell’era Bergoglio sta tentando una forma di rappacificazione con la Cina, quel che basta per garantire ai cattolici che stanno lì di godere della libertà di culto. Biden invece vede Pechino come la sfida principale. Anche sul fronte dell’immigrazione, Francesco predica accoglienza, gli Stati Uniti di Biden si dimostrano invece aggressivi alla frontiera in modo non assai diverso da quelli di Trump. Ci sono poi le tensioni tra il presidente statunitense, il secondo cattolico nella storia sì, ma pure difensore del diritto all’aborto, e una parte dei vescovi americani, che chiedono che gli venga negata la comunione. Il bilaterale si conclude con la rassicurazione di Bergoglio: Biden è un buon cattolico, deve continuare a riceverla, riferisce il presidente ai cronisti.

Ricuciture europee

«Voglio essere molto chiaro, la Francia è un partner prezioso, estremamente prezioso, ed è una potenza». Tanto riservato l’incontro con il papa, quanto volutamente eclatante la dichiarazione di Biden seduto al fianco di Macron. Si tratta di concedere all’inquilino dell’Eliseo, praticamente già in campagna elettorale, il gusto riparatore della ammissione pubblica di errore. Sulla faccenda dei sottomarini e sulla crisi diplomatica che ha innescato quindi, dice Biden, gli Stati Uniti sono stati «clumsy», maladroits traducono subito le testate francesi: insomma goffi e maldestri. «Guardiamo avanti», conclude Macron. Che ha comunque utilizzato la ricucitura per negoziare: l’Eliseo spinge per la difesa comune europea e ha chiesto a Biden di «chiarire» la sua posizione; ringrazia per la collaborazione sul fronte della lotta al terrorismo nel Sahel. Macron rilancia poi con bilaterali sul nucleare a lui tanto chiaro, armi, e altro. Una distensione dalla quale Parigi vuol ricavare almeno qualche vantaggio. Ma l’Europa? «L’assenza di Putin e Xi al G20 è l’occasione perfetta per Biden per presentarsi come il leader del mondo libero», dicono i due esperti Ivan Krastev e Mark Leonard. «Anche se la Casa Bianca insiste che non vuole una guerra fredda con Pechino, il patto Aukus ha mostrato comunque che il conflitto con la Cina è già iniziato. Il punto è che la maggior parte degli europei non si sente parte di quella battaglia, non la sente sua». Leonard è cofondatore dello European Council on Foreign Relations, che gli europei sul tema li ha intervistati: «Più europei negano di essere dentro una nuova guerra fredda di quanti pensano che possa accadere». Biden segue una strada sua insomma, e Bruxelles non ha ancora trovato una sua voce alternativa. «Macron parla di autonomia strategica come alternativa agli Usa ma gli europei vedono Bruxelles più come alleato dipendente dagli Usa che come polo a sé».

Trofei italiani

In questo vertice dei grandi, ma senza alcuni grandi, la presidenza italiana non può dirsi vittoriosa ma assume un ruolo di baricentro europeo, con gli altri due grandi, Berlino e Parigi, in piena transizione politica tra nuovo governo da formare l’una, e voto imminente l’altra. Così Chigi trasmette i dispacci del bilaterale con Biden e a quest’ultimo viene attribuito un «you are doing a hell of a job here!», con tanto di traduzione suggerita: «Stai facendo un lavoro straordinario!». Insomma luna di miele dichiarata tra Mario Draghi e il presidente Usa.

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