Vodafone è stata multata dal garante della privacy per l’uso improprio dei dati di milioni di utenti ai fini di telemarketing. Oltre a una sanzione di 12 milioni la multinazionale britannica dovrà mettersi in regola con la normativa nazionale ed europea sulla tutela dei dati e «dei sistemi che consentano di comprovare che i trattamenti a fini di telemarketing si svolgano nel rispetto delle disposizioni in materia di consenso». A ben vedere però la società ha problemi più grossi. Nonostante abbia proclamato con orgoglio il proprio impegno a promuovere «l’inclusione per tutti» e a contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, alla fine di ottobre ha aiutato a censurare l’opposizione durante le ultime elezioni in Tanzania. Elezioni vinte dal presidente uscente Magufuli con più dell’80 per cento dei voti. Il risultato è stato molto contestato, anche dalla comunità internazionale che ne ha messo in dubbio la credibilità.

Durante le elezioni internet e i principali social network sono stati interrotti diverse volte. Tuttavia la cosa più preoccupante è stata vedere come alcuni messaggi di testo, contenenti il nome dei politici dell’opposizione e del loro partito, non venissero recapitati. «Ce ne siamo resi conto alcuni giorni prima delle elezioni», dice l’attivista Maria Sarungi Tsehai, nota per le campagne a favore della partecipazione al voto. «Le persone hanno iniziato a discuterne online, in molti hanno chiesto spiegazioni a Vodacom - la controllata di Vodafone attiva in Tanzania - ma nessuno ha risposto».

Censura selettiva

«Si tratta di qualcosa di più sofisticato delle interruzioni di internet a cui il continente africano è abituato», ha scritto Nic Cheeseman, professore all’Università di Birmingham esperto di politica africana e autore del libro How to rig an election, cioè come truccare le elezioni. I tanzaniani infatti sono stati soggetti ad una forma di censura selettiva da parte delle compagnie telefoniche, con il preciso obiettivo di minare la campagna dell’opposizione. Non era mai successo prima.

Nei mesi precedenti alle elezioni infatti, il governo ha fatto pressioni su Vodacom affinché installasse dei filtri nell'infrastruttura telefonica, in modo tale da filtrare i contenuti dell’opposizione. E sotto la minaccia di una tassazione più aggressiva sulla società da parte del governo, Vodacom ha lasciato fare.

La risposta dell’azienda

La società dichiara di «essersi limitata ad aderire alle direttive del governo». Tuttavia «Vodacom e le altre compagnie telefoniche coinvolte avrebbe potuto opporsi all’installazione dei filtri», ha detto Berhan Taye, analista e membro di Access Now, società no profit che difende i diritti digitali in tutto il mondo. «Il governo non aveva nessun diritto di installare i filtri, e in questo senso quando Vodacom dice di aver seguito le regole dice il falso, perché avrebbe potuto opporsi da principio».

Secondo un analista politico locale che preferisce l'anonimato per motivi di sicurezza, «Vodacom ha avuto un ruolo attivo nel sopprimere la libertà d’espressione nel paese, soprattutto per la sua vicinanza al governo di Magufuli. Come d’altronde ha dimostrato l’elezione a presidente esecutivo di Vodacom Tanzania del giudice Thomas Mihayo, amico del presidente e uno dei responsabili della commissione elettorale, che ha supervisionato il voto durante le elezioni».

In Inghilterra, dove ha sede l’azienda, il comportamento di Vodafone ha suscitato critiche bipartisan. «Questo è chiaramente un attacco diretto al processo democratico del paese. Vodafone dovrebbe chiarire subito questo tipo di approccio, perché è inaccettabile», ha dichiarato al Telegraph il deputato conservatore, Andrew Mitchell. A cui ha fatto eco, sempre sul giornale inglese, il ministro ombra degli affari esteri Stephen Doughty, secondo cui «è fondamentale che le società britanniche garantiscano gli standard più elevati nelle loro operazioni internazionali quando si tratta di diritti umani e democrazia. Vodafone deve rispondere con urgenza alle accuse e, se vero, smetterla immediatamente».

Stop agli aiuti Ue

Le elezioni in Tanzania non sono sempre andate così, negli ultimi 30 anni il paese si è dimostrato uno dei più progressisti e democratici del continente. «Le cose sono cambiate radicalmente nel 2015», spiega Maria Sarungi, «quando Magufuli è stato eletto le cose sono progressivamente cambiate, il presidente ha concentrato il potere nelle proprie mani davanti all’indifferenza generale».

Negli scorsi anni sia Human Rights Watch che Amnesty International hanno fatto presente alla comunità internazionale che le condizioni della democrazia in Tanzania si stavano deteriorando. «Magufuli prometteva scuole, strade e ospedali in cambio del sostegno elettorale, chiudeva le ong che si occupavano di diritti e arrestava i suoi oppositori. E nel frattempo la comunità internazionale continuava a dare al governo soldi e risorse per sostenersi. Risorse che il governo usava come strumento di ricatto. Ma ora non potrà più farlo». Davanti ai brogli elettorali, al rifiuto di aggiornare e pubblicare i dati relativi al Coronavirus a livello nazione, il parlamento europeo ha deciso all’unanimità di tagliare i fondi d’aiuto che ha destinato al paese africano dall’inizio della pandemia.

A giugno, quando la Tanzania ha smesso di aggiornare le statistiche sui casi di coronavirus nel paese, il presidente Magufuli diede ad un comizio pubblico questa spiegazione: «Siamo stati risparmiati dalla pandemia perché noi, come tanzaniani, abbiamo deciso di mettere Dio al primo posto. Oggi Dio ha rimosso il virus dal paese». Da quando è stato riconfermato presidente della Tanzania le sparizioni e gli omicidi degli oppositori politici sono aumentati, ha dichiarato Amnesty International in un report pubblicato venerdì 20 novembre.

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